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Ahmed: “Non dobbiamo andare di fretta”. Farah: “Quale è il problema? Lo vogliamo entrambi”.
Lui cerca in ogni modo di resisterle, anche se desidera profondamente fare l’amore con lei. L’ostacolo è lo stesso Ahmed (Sami Outbali), un ragazzo francese di origine algerina, che combatte ogni giorno il suo sentimento per Farah (Zbeida Belhajmor), una giovane tunisina che si è appena trasferita in Francia e che ha incontrato a un corso di letteratura alla Sorbona, l’università di Parigi.
Desiderio e poesia, letteratura e amore. Questi i grandi temi di Una storia d’amore e di desiderio, film di Leyla Bouzid in uscita nelle nostre sale il 25 marzo distribuito da Cineclub Internazionale. L’opera seconda, dopo Appena apro gli occhi - Canto per la libertà (2015), è “la storia di un giovane uomo che fatica a vivere con pienezza un sentimento d’amore”, dice la regista tunisina.
“Ahmed è un ragazzo timido e fragile che non riesce ad affrontare il proprio desiderio- racconta-. Ho cercato anche un legame con la storia medievale di Layla e Majnun, una storia popolare che si studia a scuola nel mondo arabo. Quando lei si offre a lui, ma lui la rifiuta perché non vuole distrarsi dalla sua poesia. Lì ho cercato di unire le due storie d’amore”.
La regista Leyla BouzidPer riuscire a vivere il suo sentimento amoroso Ahmed deve combattere le sue resistenze interiori. “Ahmed è pieno di dubbi, fragilità e ha difficoltà ad accettare i suoi slanci vitali. Era importante che non ci fosse un’unica ragione alla sua resistenza, ma un insieme di parametri, di dati che lo costituiscono e che talvolta rimontano a cose antiche: il dilemma della cultura araba tra amore puro e godimento, la sublimazione dell’amore, la paura dell’ignoto, l’impossibilità di fare riferimento a qualcuno di vicino a lui con cui confrontarsi. Si trattava dunque di tessere questo insieme di sentimenti contraddittori che attraversano e agitano Ahmed, di conoscere la complessità della sua personalità, il conflitto e il dilemma, senza semplificarli o giustificarli alla luce di una sola e unica ragione. Come nel mio primo film, si tratta di una storia di iniziazione e di emancipazione. Il sentimento amoroso è spesso attraversato da non detti. Là dove domina l’immagine di una virilità esacerbata, ho voluto dare un autentico spazio alla fragilità maschile e accordare una parte significativa alla sua sessualità”.
Tra i blocchi c’è anche la cultura araba spesso stigmatizzata come moralizzatrice e retrograda. “In realtà la cultura araba è più aperta di quel che crediamo. Negli ultimi anni gli studi orientali hanno fatto vedere in Occidente quanto possa essere aperta, anche se spesso viene mostrato il contrario”. E poi: “Esistono tantissimi trattati di erotologia araba che abbordano la sessualità, in maniera estremamente diretta e cruda, con una grande libertà di tono. Un tempo questi testi circolavano molto, ed erano gli stessi imam che li prestavano perché si imparasse come approcciare l’amore e il sesso. Oggi si ha una visione molto più ridotta e semplificata della cultura araba. Tutto il mondo conosce Le Mille e una notte ma nella visione generale, resta una sorta di libro isolato su un mondo arabo immaginario, fantasticato. In realtà, fa parte di un corpus letterario rigoglioso, di una ricchezza e modernità impressionante”.
Cuore del film sono i corsi di letteratura araba del XII secolo che segue Ahmed. “Volevo che i testi che leggono Ahmed e i suoi compagni di corso fossero parte integrante del film e volevo mettere questo giovane proveniente da una banlieue francese di fronte alla cultura araba medievale”, conclude la regista che sta già pensando al suo prossimo film, questa volta ambientato in Tunisia: “Non una storia di emancipazione, ma comunque una storia familiare”.