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“L’idea del film ha una base autobiografica. Per un periodo, ho fatto la keyholder, ovvero la responsabile delle chiavi di un palazzo per esempio, e la mia vita delirante è stata quella che potete vedere sul grande schermo. È un lavoro in cui si passa molto tempo al telefono, quindi la tua giornata è continuamente interrotta da qualcuno che ti chiama. Tutto è frammentato, anche i sentimenti”. L’esordiente Karen Di Porto presenta Maria per Roma alla Festa del Cinema di Roma 2016, ma non si conosce ancora la data di uscita nelle sale italiane.
“Mi piace molto il modo in cui sono riuscita a descrivere la capitale. Ha questa combinazione di freddezza e calore che trovano il loro perfetto equilibrio nella vicenda. È una città in crisi, piena di difficoltà, che con una straordinaria bellezza riesce a compensare i propri difetti. Ho preferito utilizzare Roma come sfondo, e non come protagonista. La inquadro sempre molto velocemente, perché rappresenta il palco su cui gli attori si esibiscono”. Karen Di Porto è anche la protagonista, e interpreta una ragazza romana che affronta una giornata come tante, a metà tra il presente e il surreale. Le visioni dal passato la accompagnano in ogni momento, mentre personaggi di ogni tipo si mettono in contatto con lei per questioni sempre più bizzarre.
Per i non residenti, il titolo può risultare un po’ criptico. “In questa città, cercare una Maria per Roma vuol dire essere alla ricerca di qualcosa che non esiste. È un detto che risale a molti anni fa, quando tante donne venivano chiamate Maria. Altrimenti lo si usa anche per riferirsi a una ragazza che non è affidabile. Questo titolo cerca di descrivere il personaggio con ironia, e gli fornisce un fascino d’altri tempi”. Poi la regista si racconta: “Sono laureata in giurisprudenza. A 25 anni ho cominciato a studiare recitazione, nonostante nella mia famiglia fossero tutti commercianti. Ci ho messo molta passione, e lì ho conosciuto la maggior parte degli attori con cui lavoro adesso”.
Maria per Roma non segue una narrazione convenzionale, e alterna il passato con il presente. “Non volevamo raccontare qualcosa di classico. In molti mi hanno detto di aggiungere qualche elemento più forte, come un trauma, ma ho continuato per la mia strada. Alcuni mi hanno definito addirittura morettiana, e per questo mi sento lusingata, però il merito va alla città, che mi ha spinto a una sorta di frammentazione narrativa”. Intanto la cagnetta Bea, che accompagna la protagonista per tutto il film, dorme beata sotto al tavolo, incurante delle tante domande che piovono sulla sua padrona.
Infine non manca qualche parola di elogio per la produzione: “Non mi hanno imposto nessuno, anche se tra i personaggi non ci sono nomi importanti. Abbiamo lavorato insieme con grande passione. Poi la notizia di poter debuttare al Festival mi ha riempito il cuore di gioia. Il mio è un film indipendente, realizzato con un piccolo budget, ed è un onore poter essere qui. Mi hanno lasciato tutta la libertà che volevo, quindi la Maria per Roma che vedrete al cinema la sento proprio mia”.