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Chi sono gli autentici protagonisti di In viaggio di Gianfranco Rosi, presentato Fuori Concorso a Venezia 79 e da oggi, 4 ottobre, nelle nostre sale? Francesco certo, e poi? Lasciando lavorare nel cuore e nella mente parole e immagini scelte per raccontare le missioni apostoliche del Papa in ogni angolo del mondo, sorge il dubbio che siamo noi, gli spettatori, l’umanità intera, i personaggi principali al centro del lavoro del regista già vincitore di Venezia con Sacro Gra (2013) e di Berlino con Fuocoammare (2016).
Un indizio viene dalla produttrice Donatella Palermo quando afferma che “Rosi ha scelto di realizzare questo film non su commissione, ma per il desiderio di raccontare l’emozione e il dramma del mondo visto attraverso lo sguardo di papa Francesco”.
La prova l’abbiamo nella scelta fatta dal regista di reggere la sua ultima opera su un’ampia inclusione: mentre Bergoglio si inabissa nei punti più bassi raggiunti dalla brutalità umana per guardare e denunciare gli effetti del male (Lampedusa, Hiroshima, Auschwitz), l’umanità intera è guardata dall’alto.
La terra, all’inizio e alla fine del documentario, è ripresa dallo spazio quasi per essere vista e considerata tutta, quasi per portare sullo schermo l’intera umanità, per renderla protagonista, per metterla in scena e offrirla alle parole del Santo Padre, realizzando così un controcampo umanizzante alla non rara disumanità di cui gli abitanti della terra sono stati e sono capaci.
Parole efficaci, decostruite dall’ufficialità dei discorsi, prese spesso da audio ambientali o da un girato considerato “di scarto” dalla logica delle immagini spendibili per fare ascolti, ma invece rivelativo della costante autenticità del Papa nei suoi incontri.
Parole che a volte sono “solo” la voce del silenzio e della preghiera intima di Francesco, del suo desiderio di mettersi in ascolto dell’umanità dolente, ferita, umiliata.
Un documentario di montaggio, quello di Rosi, costruito con la sua solita essenzialità e pulizia, dove come sempre il punto di vista è dichiarato ed è quello del testimone, ed in quanto tale si costituisce “terzo” tra i due (il Papa e l’umanità). Immagini selezionate al montaggio con la preoccupazione di stare in mezzo, per rendere - appunto - protagonista (e testimone senza più l’alibi dell’indifferenza) lo spettatore.
Corposo il materiale a disposizione per imbastire il film: non tanto quello audiovisivo ma la mole di temi toccati dal successore di Pietro nei suoi viaggi, l’elenco sterminato di incontri, le centinaia di discorsi, i titoli di giornali che in tutto il mondo quei viaggi hanno suscitato.
Gianfranco Rosi - Foto Karen DI PaolaAl momento della presentazione veneziana papa Francesco aveva compiuto, nei suoi primi nove anni di pontificato, 37 viaggi internazionali toccando ben 59 Paesi.
Lampedusa la prima tappa a pochi giorni dall’elezione, missione programmatica da pellegrino al “cimitero Mediterraneo”, dove non sappiamo quanti, ma sicuramente troppi migranti tragicamente affogati non hanno trovato sepoltura.
Il Canada, invece è (alla chiusura del film) l’ultimo viaggio, quello in cui Bergoglio ha avuto il coraggio evangelico di stare davanti alle ferite inferte dalla chiesa stessa e di domandare ripetutamente perdono per come anche uomini di chiesa hanno usato forme di violenza sui nativi americani.
Senza essere didascalica, l’ultima opera di Rosi - in sala dal 4 ottobre grazie a 01, prodotto da 21Uno Film - Stemal Entertainment e Rai Cinema - pur conservando un ordine diacronico (dal primo all’ultimo viaggio), non soffre dell’ansia compilativa di raccogliere le tappe più significative o le parole più importanti del pellegrinare di Francesco nelle periferie geografiche e soprattutto esistenziali del mondo.
mons. Davide Milani (foto di Karen Di Paola)Un film con al centro il pontefice più fotografato, ripreso, comunicato della storia della chiesa senza che ci sia una scena dove il papa è messo in posa, bloccato nella sua incessante azione di testimone del Vangelo per strappargli una dichiarazione. Un Papa che le immagini del film mostrano saldo nel cuore della Chiesa (Cristo, la sua Parola, la preghiera, il magistero, i poveri) ma che non è mai ripreso in Vaticano, bensì nella sua instancabile preoccupazione di raggiungere ogni donna e uomo, specie se tra gli ultimi.
Rosi con libertà ben interpreta il senso dei viaggi di papa Francesco articolandoli intorno alle ferite dell’umanità oggi: le migrazioni forzate, la catastrofe delle guerre, il creato in pericolo, le sofferenze inferte dalla povertà figlia anche delle ingiustizie economiche, le divisioni tra le grandi religioni.
Tra le favelas di Rio, o al Senato degli Stati Uniti d’America, tra le strade di Cuba o nella moschea nella Repubblica Centrafricana, fra i carcerati messicani o con i giovani giapponesi, sono quasi 400 le ore di girato su cui il regista ha lavorato: immagini ufficiali, certo, immortalate dagli operatori vaticani Cesare Cuppone e Walter Capriotti, che però Rosi e il suo montatore Fabrizio Federico hanno analizzato e selezionato in libertà.
da sinistra Elisabetta Soglio, Donatella Palermo, Davide Milani, Anna Ascani, Concetta Pistoia (foto di Stefano Micozzi)
Non solo perché “sono stato completamente libero da qualsiasi controllo, in Vaticano si fidano, conoscono il mio lavoro” ma in quanto ha saputo svincolarsi dalla preoccupazione di tenere al centro la potenza iconica ma spesso totalizzante della figura di papa Francesco per spostare lo sguardo su come gli interlocutori, i fedeli, i potenti del mondo, i più umili, hanno sperimentato e guardato Francesco nelle sue missioni internazionali. Rosi ha intessuto i materiali dell’archivio vaticano dei viaggi papali con le immagini girate di sua mano in alcuni ultimi viaggi (Malta, Canada), con qualche frammento utile alla contestualizzazione tratto da documenti storici, dai tg, con alcuni passaggi di alcuni suoi stessi film. E non per autocitazione: Lampedusa, Iraq e Kurdistan, sono gli stessi drammatici scenari oltre che dei viaggi di Bergoglio di Fuocoammare e Notturno.
E il risultato di questo ultimo lavoro sul Papa è sorprendente, inedito, vero, non soffocato dall’agiografia o addolcito dall’esigenza della facilità che caratterizza la maggior parte dei prodotti sul tema già visti.