Ambientato durante la rivolta xenofoba del 1992 a Rostock, racconta i sanguinosi scontri attraverso lo sguardo dei tre protagonisti: Lien è una ragazza vietnamita che vive in Germania, ma che alla fine della giornata si troverà a combattere per rimanere in vita, domandandosi se il luogo in cui si è sempre sentita a casa sarà ancora sicuro in futuro; Stefan, che insieme ai suoi amici arrabbiati e annoiati, è tra i giovani leader che hanno scatenato la violenta sommossa; Martin, padre di Stefan e ambizioso politico locale, assalito da un dilemma: nascondere la verità sui disordini per proteggere anche la propria carriera o assumersi la responsabilità seguendo i suoi ideali...
SCHEDA FILM
Regia: Burhan Qurbani
Attori: Jonas Nay - Stefan, Saskia Rosendahl - Jennie, Devid Striesow - Martin, Joel Basman - Robbie, David Schütter - Sandro, Trang Le Hong - Lien, Paul Gäbler, Thorsten Merten, Jakob Bieber, Gro Swantje Kohlhof, Mai Duong Kieu, Aaron Le, Larissa Füchs, Axel Pape
Sceneggiatura: Martin Behnke, Burhan Qurbani
Fotografia: Yoshi Heimrath
Musiche: Matthias Sayer, Tim Ströble
Montaggio: Julia Karg
Scenografia: Jill Schwarzer
Costumi: Juliane Maier
Effetti: Action Unit
Altri titoli:
We are Young, We are Strong
Durata: 116
Colore: B/N-C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: ARRI ALEXA 4K, PRORES 422HQ, DCP (25FPS) (1:2.39)
Produzione: UFA FICTION LUDWIGSBURG, IN COPRODUZIONE CON ZDF/DAS KLEINE FERNSEHSPIEL, IN COLLABORAZIONE CON ARTE/MAINZ, CINE PLUS, UFA CINEMA
NOTE
- REALIZZATO CON IL SUPPORTO DI: MITTELDEUTSCHE MEDIENFÖRDERUNG, MEDIENBOARD BERLIN-BRANDENBURG, NORDMEDIA-FILM UND MEDIENGESELLSCHAFT NIEDERSACHSEN/BREMEN MBH, BKM- DER BEAUFTRAGTE DER BUNDESREGIERUNG FÜR KULTUR UND MEDIEN, GERMAN FEDERAL FILM FUND, JERUSALEM INTERNATIONAL FILM LAB.
- PREMIO SIGNIS (EX-AEQUO CON "FINO A QUI TUTTO BENE" DI ROAN JOHNSON), PREMIO A.M.C. AL MIGLIOR MONTAGGIO E PREMIO DI CRITICA SOCIALE "SORRISO DIVERSO ROMA 2014" (FILM STRANIERO) ALLA IX EDIZIONE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA (2014, SEZIONE 'CINEMA D'OGGI').
CRITICA
"Volevate il Festival schizofrenico? Eccolo. Alla prima giornata il povero Roma Film Fest, tirato e mazzolato da tutte le parti, schiera uno dopo l'altro due film che trasformano uno sport nazionale come il cerchiobottismo in un esercizio di gesuitico rigore. (...) un puro film da festival che evoca in uno scultoreo bianco e nero, fin quasi alla fine, la giornata di ingloriosa xenofobia in cui precipitò la città di Rostock, ex-Germania Est, nell'agosto 1992. (...) L'idea, sviluppata con germanico puntiglio e una grande capacità di dare spessore a ambienti e personaggi, è raccontare la giornata da diversi punti di vista. (...) Non un capolavoro, ma buon cinema, solido e motivato come non usa (quasi) più." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 17 ottobre 2014)
"Burhan Qurbani, figlio di rifugiati di guerra afgani, con 'Wir Sind Jung, Wir Sind Stärk' è giunto alla sua opera seconda. Un compito arduo quello di raccontare i fatti di Rostock (...). In questi ultimi anni storie di razzismo, di povertà e di degrado sociale sono state raccontate molte volte attraverso la forma del documentario. Qurbani ha scelto la via della finzione, anche se nella ricostruzione degli eventi, ha mantenuto una sorta di idea documentaria piuttosto strumentale. Senza assumere un punto di vista, lo sguardo passa dagli sbandati neonazisti, che rimpiangono un mitico «prima» e una altrettanto mitica patria perduta, a quello di alcuni vietnamiti, schierati silenziosamente contro la presenza degli «zingari» (in realtà Sinti e Rom), poi mano a mano terrorizzati perché in assenza dei tanto detestati «zingari», nel frattempo, cacciati via dalle autorità, sono proprio loro ad assumere il ruolo del nemico oggettivo. Troppo zelante nello spiegare le posizioni dei vari personaggi, Qurbani prende della commistione tra storia di finzione e documentario gli elementi meno interessanti. Conduce Io spettatore in una direzione precisa, perdendo del documentario l'aspetto più sorprendente e fecondo, quello dell'imprevisto, di una realtà difficile da decifrare che ha bisogno della complicità immaginativa di chi la storia la fa e di chi la osserva. In questo contesto, comunque, non passano inosservati i personaggi politici, tutti socialdemocratici, tutti disorientati dalla situazione. Attraverso alcune battute si riesce a comprendere la fine di ogni ideale autenticamente politico, sostituito dal progettare una strategia che si limiti a produrre consenso, a costo di perdere vite umane (non votanti) per inseguire l'inerte assenza di pensiero della maggioranza silenziosa e votante. Il destino dei migranti, per questi nuovi politici, è né più né meno un gioco di ruolo." (Massino Montinari, 'il Manifesto', 18 ottobre 2014)