TRAMA BREVE
E' la storia di due giovani sorelle afgane. Nafas, fuggendo al regime dei Talebani, è riuscita ad emigrare in Canada, dove fa la giornalista. Un giorno le arriva un messaggio disperato dalla sorella rimasta in patria che vuole suicidarsi prima dell'eclisse di sole che è in arrivo. Cerca allora di raggiungerla a Kandahar, passando la frontiera irano-afgana per restituirle una ragione di vita.
TRAMA LUNGA
Nafas è emigrata in Canada, dove lavora come giornalista. Ora, nel 1999, dal natio Afganistan riceve una lettere accorata della sorella minore: le dice che ha intenzione di suicidarsi prima dell'ultima eclissi di sole del Millennio. L'avvenimento è imminente. Nafas parte preoccupata. Quando arriva in Iran, ha ancora tre giorni a disposizione. Ma ora si tratta di entrare nell' Afganistan dei Talebani: passare il confine e raggiungere Kandahar è l'ostacolo più difficile. All'inizio Nafas accetta un passaggio sul furgone di un vecchio, facendosi passare per la sua quarta moglie. Ma ad un certo punto arrivano i predoni, portano via tutto e scappano, mentre il vecchio ringrazia Dio. In una scuola i bambini leggono il Corano, uno di loro viene cacciato dal maestro perché non in grado di trovare il tono giusto: e un altro lo sostituisce. Il vecchio decide di tornare indietro, e lei allora prosegue con Khak, un ragazzino, che poi le regala un anello tolto ad uno scheletro che incontrano per strada. Il viaggio prosegue in seguito sul carro di Tabib, un finto medico in realtà un ex soldato che ora si è dedicato alla ricerca di Dio. Arrivano in un ospedale da campo, dove la Croce Rossa ha allestito qualche tenda per provvedere ai bisogni dei mutilati dalle mine nascoste dappertutto nel terreno. I mutilati aspettano le protesi per le gambe e, quando si annuncia l'arrivo dell'aereo che lancia il prezioso carico, tutti gli corrono disperatamente incontro. Tabib lascia Nafas in un gruppo di donne che vanno ad una cerimonia nuziale. C'è una perquisizione, e Nafas dice di essere la cugina della sposa. Finalmente si muovono e Nafas osserva il tramonto del sole da dietro la gabbia del burqa che nasconde tutte le donne afgane.
SCHEDA FILM
Regia: Mohsen Makhmalbaf
Attori: Niloufar Pazira - Nafas, Hassan Tantai - Tabib Sahid, Sadou Teymouri - Khak, Hayatalah Hakimi
Soggetto: Mohsen Makhmalbaf
Sceneggiatura: Mohsen Makhmalbaf
Fotografia: Ebraham Ghafouri
Musiche: Mohammad Reza Darvishi
Montaggio: Mohsen Makhmalbaf
Altri titoli:
KANDAHAR
Durata: 85
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Produzione: MAKHMALBAF FILM HOUSE (IRAN) - BAC FILMS - (FRANCIA) - STUDIO CANAL
Distribuzione: BIM
Data uscita: 2001-10-12
NOTE
IN CONCORSO AL FESTIVAL DI CANNES 2001.
CANDIDATO AI NASTRI D'ARGENTO 2002 PER LA REGIA DEL MIGLIOR FILM STRANIERO
CRITICA
"Mohsen Makhmalbaf ha presentato 'Kandahar' e ha travolto con lo splendore delle sue immagini e la crudeltà della storia tutto il Festival, cui ha ridato il senso del grande cinema, schiudendo da un luogo di festa, opulenza, superficialità, una porta inaspettata su un mondo altro, chiuso nella miseria e nell'oscurantismo fanatico, da cui la felicità è stata bandita come il più mortale dei peccati (...) Il deserto è rosa e lucente, il cielo azzurro e luminoso, i burka hanno colori forti e magnifici, quando una donna solleva il cappuccio dietro cui vede il mondo come dalla fitta grata di un luogo di clausura, il volto è dolente e bellissimo". (Natalia Aspesi, 'la Repubblica', 12 maggio 2001)
"Makhmalbaf ha scelto l'Occidente e invoca la modernizzazione, non cerca un'altra via tra quella americana e quella dell'integralismo islamico, non sembra interrogarsi affatto sui modi e sui modelli della modernizzazione. Il suo è un cinema schierato, con molto di francese. Per fortuna esso sa cogliere il vero nelle pause e negli aneddoti e comunica la grande incertezza dei singoli travolti dalla crudeltà della storia". (Goffedo Fofi, 'Panorama', 11 ottobre 2001)
"Le immagini di 'Viaggio a Kandahar' non rispondono al codice linguistico caro alla narrativa occidentale. In senso stretto Makhmalbaf non 'narra' e, spesso, si affida all'ellisse abbandonando al proprio destino figure che fin lì aveva seguito con scrupolo. Non tende neppure a commuoverci. Ci propone exempla, quasi delle parabole. Il lettore osservi e, a seconda della personale sensibilità, ne tragga un insegnamento: grande o piccolo che sia". (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 12 ottobre 2001)
"Bambini indottrinati, predoni del deserto, mine, mutilati, un medico che 'visita' scrutando da un foro occhi e bocca delle pazienti. Ma anche in 'Viaggio a Kandahar' lo sguardo di Makhmalbaf resta lirico, sorprendente, oltraggiosamente libero". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 12 ottobre 2001)
"Con un'opera bellissima, l'ammirato regista iraniano Mohsen Makhmalbaf racconta per la prima volta in un film la vita delle donne nell'Afghanistan dei talebani (..) Sono alcune delle cose che abbiamo imparato in quest'ultimo mese: ma una storia è più suggestiva di una notizia e la forza della denuncia è moltiplicata dalla bellezza e perfezione dello stile". (Lietta Tornabuoni, 'La stampa', 12 ottobre 2001)
"Al suo quindicesimo film, Makhmalbaf mette in scena la sofferenza di un Paese massacrato attraverso una serie continua di metafore (...) In qualche senso, è vero che l'eccesso di estetizzazione (i vestiti multicolori sono troppo belli, sullo schermo, per denunciare la sparizione degli esseri umani che li indossano) nuoce all'integrità del discorso. Tuttavia i momenti intensi e ispirati sono molti e possono aiutarci a capire". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 14 ottobre 2001)