Europa, XIX secolo. La vita e le disavventure della giovane Saartjie Baartman, meglio nota come la 'Venere Ottentotta' a causa delle sue particolari caratteristiche fisiche. Appartente al popolo dei Khosan, i più antichi umani stabilitisi nell'Africa australe, venne portata in Europa con l'inganno e in seguito fu esposta come fenomeno da baraccone in Inghilterra, Olanda e Francia. Oggetto di studi per scienziati e pittori, la 'Venere ottentotta' fu utilizzata anche come oggetto sessuale e morì drammaticamente a Parigi nel 1815.
SCHEDA FILM
Regia: Abdellatif Kechiche
Attori: Yahima Torrès - Saartjie Baartman, André Jacobs - Hendrick Caezar, Olivier Gourmet - Réaux, Elina Löwensohn - Jeanne, François Marthouret - Georges Cuvier, Michel Gionti - Jean-Baptiste Berré, Jean-Christophe Bouvet - Charles Mercailler, Jonathan Pienaar - Alexander Dunlop, Gilles Matheron - Théobald de Méry, Violaine Gillibert - Géraldine Rivière, Violaine de Carne - Diane de Méry, Philip Schurer - Peter Van Wageninge, Christian Prat - Monsieur Campanile, Olivier Loustau - Capitano degli Ussari
Soggetto: Abdellatif Kechiche
Sceneggiatura: Abdellatif Kechiche, Ghalya Laroix
Fotografia: Lubomir Bakchev, Sofian El Fani
Musiche: Slaheddine Kechiche
Montaggio: Camille Toubkis, Ghalya Lacroix, Laurent Rouan, Albertine Lestera
Scenografia: Florian Sanson, Mathieu Menut
Costumi: Fabio Perrone
Altri titoli:
Black Venus
Durata: 159
Colore: C
Genere: DRAMMATICO STORICO
Specifiche tecniche: 35 MM, DCP
Produzione: MK2 PRODUCTIONS, FRANCE 2 CINEMA
Distribuzione: LUCKY RED (2011) - DVD: LUCKY RED
Data uscita: 2011-06-17
TRAILER
NOTE
- IN CONCORSO ALLA 67. MOSTRA INTERNAZIONALE DEL CINEMA DI VENEZIA (2010).
CRITICA
"Dopo il premiato 'Cous cous' del 2007, Abdel Kechiche racconta la storia vera della Venere ottentotta Saartjie Baartman (Yahima Torrès, straordinaria), che all'inizio del XIX secolo per mano bianca e guinzaglio dello showbiz divenne fenomeno da baraccone tra Londra e Parigi. Magnifico e terribile, è 'Venere nera': quasi 3 ore di film, una discesa agli inferi dello sfruttamento voyeuristico e dell'esotismo razzista, una potente (meta)riflessione sullo sguardo e la sua deresponsabilizzazione collettiva. Un 'must see' per amore di cinema e pietas di Venere, condannata alla prostituzione e fatta a pezzi dalla scienza: morta il 29 dicembre 1815, il calco in gesso, lo scheletro e i barattoli con il cervello e i genitali in formaldeide rimarranno per quasi due secoli al Musée de l'Homme e restituiti al Sudafrica solo nel 2002. Kechiche lo racconta tra 'Salò' e blaxploitation, entomologia e antropologia, dando nuova definizione a denuncia e impegno civile: fa male, ma perché fa bene. Un dannato capolavoro." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 16 giugno 2011)
"Il nuovo film di Abdellatif Kechiche (vedi 'Cous cous') è una storia vera ma che sembra fatta della pasta di cui son fatti i sogni del cinema. (...) Roba da circo nazista, da baraccone, ma la poverina voleva essere artista. Il regista non fa sconti: tutti colpevoli. Ma il maggior imputato è Caezar, volgare imbonitore imbroglione che tiene la preda al guinzaglio e vince pure un processo. (...) Kechiche non vuole prendere la scorciatoia dell'emozione, mantiene il suo cine ossimoro: mostra i corpi ma con la distanza dello scienziato e del polemista, facendone una questione sempre molto sgradevole di primi piani ossessivi di carne, seni sgualciti, mani e bocche protese per toccare, sguardi voraci che si duplicano e s'intendono tra schermo e platea. Qui davvero è il film che guarda lo spettatore. Passando dai bassifondi alla Dickens alla mondanità libertina alla De Laclos fino alla prostituzione che regala alla Traviata nera una mortal sifilide, il film procede per larghi blocchi narrativi, di cui almeno uno ripetuto, capitoli di un racconto dominato dagli occhi umili e infelici di una migrante costretta ad aprir le gambe davanti a uomini illustri dell'accademia. Uno stupro visivo che ora chiede postumo risarcimento. Animato dall'interno dalla straordinaria non professionista Yahima Torrès, il film porta sul banco degli imputati la civiltà occidentale e la cultura del pregiudizio senza far morale né pronunciar sentenze ma indagando come una gastroscopia collettiva, partendo dalla carne, uno spirito ancora più malato." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 17 maggio 2011)
"Se il suo film precedente, 'Cous cous', era stato un vero e proprio di fulmine, la 'Venere nera' di Abdel Kechiche, in concorso al Festival di Venezia, non convince. (...) Atto di accusa contro un Occidente razzista e depravato, il film indulge però in maniera morbosa sull'umiliazione di una donna trasformata in schiava creando nello spettatore un senso di disagio, cercato dal regista con eccessivo compiacimento." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 17 giugno 2011)
"Nata nel 1770 l'ottentotta Saartjie Baartman è un personaggio vero che, al seguito del suo padrone, si esibì nelle fiere e nei salotti di Londra e Parigi a uso di spettatori avidi di esotismo ed eccitati dalle sue peculiarità fisiche (ipertrofia delle natiche e del sesso). Nel ripercorrerne la breve odissea europea, conclusasi nel giro di un lustro (1810-1815) con la morte, Kechiche sceglie una via antiromanzesca, basandosi sui fatti e senza entrare nel mistero di una donna non si sa fino a che punto vittima o complice dei suoi sfruttatori. Solido e rigoroso, il film è impostato tuttavia su un gioco di sguardi che vanno inesorabilmente a comporre il quadro di una società afflitta (ieri come oggi, suggerisce il regista) da un razzismo e una protervia solo a tratti bilanciati da un qualche affiato di umanità." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 17 giugno 2011)
"È un bel pugno nello stomaco, anche per la sfibrante durata, il drammone francese in costume, e anche senza, ricavato da una tragica storia vera. (...) Insomma, siamo dalle parti di 'The Elephant Man' e 'La donna scimmia', ma il rimpianto è duplice, specie per la mancanza di sintesi." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 17 giugno 2011)
"Spiacerà a chi magari dopo 'Cous cous' aveva pensato a Kechiche come a un autore importante e invece se lo ritrova all'opera seguente, travolto dalle ambizioni e da spuntate polemiche anti-razziali." (Giorgio Carbone, 'Libero', 17 giugno 2011)