Quattro bambini che vivono in luoghi differenti - le savane del Kenya, i sentieri delle montagne dell'Atlante in Marocco, l'India del Sud e gli altipiani della Patagonia -, condividono lo stesso desiderio di imparare convinti che solo grazie all'istruzione potranno migliorare le loro vite. Per questo, ogni giorno, tutti loro affrontano un pericoloso viaggio, ma pieno di scoperte, per raggiungere le rispettive scuole.
SCHEDA FILM
Regia: Pascal Plisson
Attori: Jackson Saikong, Salome Saikong, Samuel J. Esther, Gabriel J. Esther, Emmanuel J. Esther, Zahira Badi, Noura Azaggagh, Zineb Elkabli, Carlito Janez, Micaela Janez
Sceneggiatura: Marie-Claire Javoy, Pascal Plisson
Fotografia: Simon Watel
Musiche: Laurent Ferlet
Montaggio: Sarah Anderson, Sylvie Lager
Altri titoli:
On the Way to School
Durata: 75
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Specifiche tecniche: DCP (1:1.85)
Produzione: BARTHELEMY FOUGEA PER WINDS, YMAGIS, HERODIADE CON LA PARTECIPAZIONE DI OCS E FRANCE 5
Distribuzione: ACADEMY TWO
Data uscita: 2013-09-26
TRAILER
NOTE
- REALIZZATO IN PARTNERSHIP CON UNESCO E AIDE ET ACTION.
- FILM DI CHIUSURA, IN PIAZZA GRANDE, AL 66. FESTIVAL DI LOCARNO (2013).
CRITICA
"Sono due gli elementi che fanno l'interesse di 'Vado a scuola' di Pascal Plisson: da una parte il rapporto tra documentario e finzione che sta alla base della messa in scena (di questo film, come sempre più spesso di tanti altri. A cominciare dal Leone veneziano 'Sacro Gra') e dall'altra, ovviamente, il suo argomento, il diritto all'istruzione che i quattro protagonisti del film inseguono con tanta determinazione. Scovati in quattro parti del mondo lontanissime tra loro, le storie del film sono legate tra loro dalla determinazione con cui i piccoli studenti scelgono testardamente di inseguire l'istruzione scolastica. (...) Quattro storie costruite intorno alla determinazione di questi ragazzi, intimamente convinti dell'importanza dell'istruzione (anche grazie a delle famiglie che non li ostacolano) e che pur di ottenerla sono disposti ad affrontare pericoli che spaventerebbero moltissimi loro coetanei. Queste storie Plisson (che ha alle spalle moltissimi documentari) le filma con un coinvolgimento dichiarato. La tecnica è quella del documentario, anche se è evidente che alcune scene sono «recitate» o «preparate» per l'occasione, come la fuga precipitosa di Jackson e della sorellina davanti alla minaccia di un elefante imbizzarrito o l'episodio dell'autostop di Zahira e delle sue amiche o ancora quello della gomma che si stacca dalla sedia a rotelle di Samuel. Ma sono episodi che non stonano con il resto del film, sospeso tra la realtà dei fatti raccontati e un approccio invece più emotivo, più coinvolgente, che vuole usare le tecniche della finzione per aumentare la forza del racconto. Piccoli espedienti che non inficiano la potenza del film, anche per merito dei piccoli protagonisti che ogni tanto sanno bucare lo schermo con un sorriso o uno sguardo che nessuna regia saprebbe «ricreare» e che regalano allo spettatore l'emozione e la verità di un mondo per cui vale ancora la pena di lottare" (Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera', 25 settembre 2013)
"Quattro storie per una docu-fiction dal sapore antico. Tema: la difficoltà, la fatica (fisica) di andare a suola. I piccoli kenyoti Jackson e Salomè marciano ogni mattina 2 ore nella savana stando attenti ai pericolosissimi elefanti. Zahira e altre due undicenni scarpinano tre ore ogni lunedì tra le rocce dell'Atlante marocchino. Carlito invece, il più 'fortunato' del gruppo, porta la sorellina Micaela a scuola a cavallo, 25 km. sugli altipiani della Patagonia. Mentre il povero Samuel, poliomielitico, arriva a scuola nel golfo del Bengala spinto sulla vecchia sedia a rotelle dai fratellini. Facce, storie e paesaggi sono così forti che parlerebbero da sé. Plisson, documentarista di matrice tv, ci aggiunge un tocco di messinscena dichiarato, onestamente, ma alla lunga un poco inerte. Resta l'emozione, incancellabile, della scoperta." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 26 settembre 2013)
"Ancora il 'vissuto'. Ce lo esprime un documentarista francese, Pascal Plisson, che da anni gira il mondo per sorprendere il reale soprattutto nell'istante in cui si verifica e consegnarlo poi al cinema lasciando che le immagini parlino da sole. Come in questo 'Vado a scuola' che ha avuto un successo pieno, pochi mesi or sono, al Festival di Locarno in Piazza Grande. Quattro storie vere. Interpretate dai loro stessi protagonisti, alternate, nella rappresentazione, fra di loro, ma senza che i rispettivi personaggi si incontrino, anche perché ciascuno vive lontanissimo dall'altro, tutti comunque accomunati dall'età, ragazzine e ragazzini al massimo undicenni, e tutti con un'unica meta, la scuola, cui vogliono andare ad ogni costo, anche con mezzi di fortuna, tra pericoli d'ogni sorta, superando distanze gravosissime. (...) Senza mai un'ombra di retorica, senza accenti indirizzati a dimostrare, una rappresentazione diretta, serrata su quei quattro personaggi, le loro famiglie, i loro incontri e, al momento di concludere, la loro soddisfazione di aver potuto cominciare da lì a realizzare le proprie aspirazioni. Figure sempre dal vero, con il loro gestire autentico, con le loro battute, nella versione originale multilingue, sprizzanti sempre sapori vivi di cronaca. Un cinema che convince e che può anche commuovere. Vorrei che lo accostassero qui da noi quei ragazzini che, svegliandosi in case agiate, alle mamme che li scuotono dicendo: «L'autista è pronto a portarti a scuola», rispondono infastiditi: «Non ne ho voglia»." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo Roma', 26 settembre 2013)
"Ancora un documentario e ancora una volta un'accorta e convincente fuoriuscita dai limiti auto-referenziali del passato. In 'Vado a scuola', infitti, l'esperto a autorevole Pascal Plisson non si limita a raccontare bellissime storie ambientate in luoghi arcaici e fascinosi, ma ricorre senza remore a uno strategico montaggio che intende trasformarle in sorgenti d'inedite e autonome emozioni cinematografiche. Il risultato è che l'importanza del diritto all'istruzione e, in qualche caso, il vero e proprio eroismo necessario per ottenerlo non si traduce nel solito lamento rancoroso e preferisce attivare la verità/volontà dei ragazzini protagonisti nati e viventi nelle plaghe più diseredate. Un film da vedere, dunque, non da blandire. Proprio perché Jackson e la sorellina destinata a sorbirsi quindici chilometri di savana kenyota per arrivare a scuola, la berbera Zahira che vuole diventare medico e deve ricorrere a un collegio o all'autostop, il simpatico Carlito della Patagonia che va a scuola a cavallo e lo sfortunato bengalese Samuel che per colpa della poliomielite deve dislocarsi su una torturante sedia a rotelle sono sì ultra-spontanei, ma sembrano ritagliati sullo schermo da una cinepresa assai esperta e persino sofisticata." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 26 settembre 2013)
"E' una lezione di vita quella che impartisce 'Vado a scuola', film con cui il cineasta Pascal Plisson segue quattro ragazzini, abitanti in disagiate piaghe del globo, nel loro travagliato percorso (in senso letterale e metaforico) scolastico. (...) Con freschezza e calore, Plisson costruisce un documentario palpitante di verità, seppur giocato su un garbato registro di messa in scena, che commuove inducendo a un'inevitabile paragone: fra noi (e i nostri figli), lamentosi e tanto più privilegiati, e quei bambini che, noncuranti di disagi e povertà, confidano sorridenti i loro sogni di futuro." (Alessandra Levatesi Kezich, 'La Stampa', 26 settembre 2013)
"Seguiamo i quattro protagonisti solo nel loro ammirevole tentativo di raggiungere l'edificio scolastico e per sentire da loro stessi quanto siano determinati e pieni di speranza nel futuro che, secondo loro, li vedrà protagonisti. Pascal Plisson, francese stabilitosi in Africa, regista di 'Vado a scuola', potrà anche essere accusato di «buonismo», ma una volta tanto benvenga un pizzico di ottimismo nei confronti del futuro, non del pianeta e neppure dei giovani intesi come categoria, ma almeno di quei quattro cocciuti ragazzini, determinati nel sopportare grandi sforzi e difficoltà pur di raggiungere l'unico posto dove hanno una possibilità di cambiare. Alcuni degli intoppi che Plisson piazza nel suo racconto sembrano essere al confine del documentario, una sorta di drammatizzazione costruita, che rende però ancora più prepotente e autentico il dato di fondo, quello di una realtà che abbiamo perso di vista e che qui ci viene ricordata, con garbo e molte emozioni, grazie ai visi intensi e cocciuti dei ragazzini che non hanno alcuna intenzione di lasciare che sia il destino a determinare le loro vite apparentemente già scritte. Un altro caso in cui il documentario irrompe sui nostri schermi, e se c'è un pizzico di fiction va bene lo stesso: è cinema." (Antonello Catacchio, 'Il Manifesto', 26 settembre 2013)
"Il francese Pascal Plisson, sguardo acuto e pazienza infinita, racconta quattro toccanti storie intrecciate. Un documentario obbligatorio per le mamme italiane, che caricano sul Suv i viziatissimi pargoli per depositarli fin dentro l'aula." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 26 settembre 2013)
"Per gran parte dei bambini, soprattutto nel mondo occidentale, l'accesso all'istruzione è una pura formalità e l'andare a scuola una passeggiata, spesso resa ancora più gradevole da automobili o pulmini confortevoli e climatizzati. Ma non per tutti è così. Qualcuno deve lottare per la conoscenza, consapevole che studiare e imparare sono le uniche armi per sperare in un futuro migliore. Nel suo commovente documentario, 'Vado a scuola', in arrivo questa settimana nelle nostre sale, il francese Pascal Plisson racconta la quotidiana avventura di quattro bambini che per raggiungere la propria classe devono affrontare ogni giorno un lunghissimo viaggio non privo pericoli. L'idea gli è venuta quando, realizzando un documentario sui giovanissimi guerrieri Masai, uno di loro gli ha confessato di voler cambiare vita, di non voler più combattere, ma andare a scuola. Da qui la voglia di cercare in altre parti del mondo altri bambini disposti a enormi fatiche e sacrifici pur di arrivare a scuola in orario. (...) Ciò che colpisce del documentario non è solo il fatto che questi bambini rischiano quotidianamente la vita per poter usufruire di un loro diritto, ma sono estremamente consapevoli di quanto la scuola abbia un ruolo fondamentale per il loro futuro. Vogliono diventare medici e piloti, vogliono fare qualcosa non solo per la propria famiglia, ma per il paese in cui vivono e lottano con i denti per raggiungere il loro obiettivo. Le scritte in coda al film ci raccontano che le cose stanno procedendo per il meglio. Jackson, ad esempio, grazie a una borsa di studio, alloggia un in collegio e non deve più temere gli elefanti. E un giorno forse potrà volare in aereo su tutta l'Africa, come sogna da sempre." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 27 settembre 2013)
"La cinepresa di Plisson segue quattro storie in montaggio alternato, prove di tenacia quotidiana che devono molto all'istinto di partecipazione in comunità povere, lontane. Paesaggi meravigliosi e rischi incombenti, sembra un'avventura, e lo è, soltanto che non ci sono draghi o principesse, ma fatica ed educazione. Un esempio. Immancabile, soprattutto per i ragazzini svogliati che vanno a scuola in Suv." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 27 settembre 2013)