Una questione privata

ITALIA 1967
Siamo in Piemonte, nei pressi di Alba, nel periodo conclusivo della Seconda Guerra Mondiale. I partigiani tentano di infastidire le sparute pattuglie della milizia fascista con frequenti colpi di mano. Dopo una di queste azioni, Milton, un giovane partigiano, approfitta di una marcia di trasferimento per fermarsi nella villa dove abitava Fulvia, la sua fidanzata. Dalla custode il ragazzo viene a sapere che Fulvia si è trasferita a Torino e che negli ultimi tempi era stata vista più volte in compagnia di Giorgio, uno studente partigiano assegnato ad una brigata operante nella zona. Mentre Milton, sconvolto dall'idea che la fidanzata lo abbia tradito, cerca di rintracciare Giorgio per avere delle spiegazioni, viene a sapere che è caduto nelle mani dei fascisti. Deciso ad ottenerne la liberazione con uno scambio, il partigiano si cimenta in una guerra privata, alla caccia di un prigioniero. Fallito il suo intento, mentre vaga solitario e indifeso, viene scoperto, braccato e poi ucciso da un gruppo di fascisti.
SCHEDA FILM

Regia: Giorgio Trentin

Attori: Nino Segurini - Milton, Valeria Ciangottini - Fulvia, Giovanna Lenzi - Giovanna, Lucia Vasilicò - La sarta, Ugo Novello - Il sergente, Dante Senarici, Piero Vida, Secondo De Giorgi, Arturo Corso, Umberto Fino, Cip Bargellini, Gianni Basso, Angela Belia, Rosy Collo, Edo Basso, Cesare Liberici, Sebastiano Bertolotti, Carmela Lo Pinto, Ferruccio Casacci

Soggetto: Beppe Fenoglio - romanzo

Sceneggiatura: Giorgio Trentin

Fotografia: Ascenzio Rossi

Musiche: Ettore Ballotta

Montaggio: Giorgio Trentin

Scenografia: Aldo Bruno

Aiuto regia: Aldo Bruno

Durata: 96

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA

Tratto da: romanzo omonimo di Beppe Fenoglio

Produzione: GIORGIO TRENTIN PER LANGA CINEMATOGRAFICA SRL

Distribuzione: REGIONALE

NOTE
- PRESENTATO ALLA IV RASSEGNA DEL CINEMA SULLA RESISTENZA (CUNEO, 1966).
CRITICA
"[...] Trentin ne ha fatto una traduzione abbastanza fedele [...] attenta alla superficie piuttosto che alla sostanza [...], quello che era soprattutto lo studio di [...] un individuo [...] si riduce a una serie prolissa di raffigurazioni [...] di nessun conto, in quanto svuotato dalla funzione introspettiva che avevano nelle pagine del romanzo. Tale [...] superficialità [...] accentua poi l'impressione di sciatta improvvisazione di sciatta improvvisazione, anche da un punto di vista [...] tecnico, con cui l'opera è stata concepita". (Leonardo Autera, "Bianco e Nero", 1° gennaio 1967).