Siamo in Piemonte, nei pressi di Alba, nel periodo conclusivo della Seconda Guerra Mondiale. I partigiani tentano di infastidire le sparute pattuglie della milizia fascista con frequenti colpi di mano. Dopo una di queste azioni, Milton, un giovane partigiano, approfitta di una marcia di trasferimento per fermarsi nella villa dove abitava Fulvia, la sua fidanzata. Dalla custode il ragazzo viene a sapere che Fulvia si è trasferita a Torino e che negli ultimi tempi era stata vista più volte in compagnia di Giorgio, uno studente partigiano assegnato ad una brigata operante nella zona. Mentre Milton, sconvolto dall'idea che la fidanzata lo abbia tradito, cerca di rintracciare Giorgio per avere delle spiegazioni, viene a sapere che è caduto nelle mani dei fascisti. Deciso ad ottenerne la liberazione con uno scambio, il partigiano si cimenta in una guerra privata, alla caccia di un prigioniero. Fallito il suo intento, mentre vaga solitario e indifeso, viene scoperto, braccato e poi ucciso da un gruppo di fascisti.
SCHEDA FILM
Regia: Giorgio Trentin
Attori: Nino Segurini - Milton, Valeria Ciangottini - Fulvia, Giovanna Lenzi - Giovanna, Lucia Vasilicò - La sarta, Ugo Novello - Il sergente, Dante Senarici, Piero Vida, Secondo De Giorgi, Arturo Corso, Umberto Fino, Cip Bargellini, Gianni Basso, Angela Belia, Rosy Collo, Edo Basso, Cesare Liberici, Sebastiano Bertolotti, Carmela Lo Pinto, Ferruccio Casacci
Soggetto: Beppe Fenoglio - romanzo
Sceneggiatura: Giorgio Trentin
Fotografia: Ascenzio Rossi
Musiche: Ettore Ballotta
Montaggio: Giorgio Trentin
Scenografia: Aldo Bruno
Aiuto regia: Aldo Bruno
Durata: 96
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: PANORAMICA
Tratto da: romanzo omonimo di Beppe Fenoglio
Produzione: GIORGIO TRENTIN PER LANGA CINEMATOGRAFICA SRL
Distribuzione: REGIONALE
NOTE
- PRESENTATO ALLA IV RASSEGNA DEL CINEMA SULLA RESISTENZA (CUNEO, 1966).
CRITICA
"[...] Trentin ne ha fatto una traduzione abbastanza fedele [...] attenta alla superficie piuttosto che alla sostanza [...], quello che era soprattutto lo studio di [...] un individuo [...] si riduce a una serie prolissa di raffigurazioni [...] di nessun conto, in quanto svuotato dalla funzione introspettiva che avevano nelle pagine del romanzo. Tale [...] superficialità [...] accentua poi l'impressione di sciatta improvvisazione di sciatta improvvisazione, anche da un punto di vista [...] tecnico, con cui l'opera è stata concepita". (Leonardo Autera, "Bianco e Nero", 1° gennaio 1967).