La nuova stagione operistica sta per iniziare e un famoso quartetto d'archi celebra il suo 25° anniversario. Tuttavia, il violoncellista Peter Mitchell riceve una drammatica notizia: è affetto dal morbo di Parkinson. Il musicista, consapevole che questa potrebbe essere la sua ultima prova, vuole comunque affrontare la stagione imminente. I suoi tre colleghi si trovano così di fronte a un bivio, e costretti ad affrontare rivalità personali e passioni incontrollabili: Robert Gelbart, il secondo violino, annuncia di voler alternare il proprio posto con quello del primo violino Daniel Lerner; la violista Juliette Gelbert, moglie di Robert, non riesce invece ad affrontare l'idea di poter perdere l'uomo che per lei non rappresenta solo un collega. Juliette, infatti, non condivide le scelte di Robert portando scompiglio nel matrimonio e trascinando nel vortice della tensione anche la figlia Alexandra, pure lei talentuosa violinista. Nel frattempo le prove per la messa in opera dell'opera 131 di Beethoven vanno avanti: solo gli stretti e intimi legami, uniti al potere della musica, potranno preservare ciò che tutti loro hanno costruito in oltre vent'anni di sodalizio...
SCHEDA FILM
Regia: Yaron Zilberman
Attori: Philip Seymour Hoffman - Robert Gelbart, Christopher Walken - Peter Mitchell, Catherine Keener - Juliette Gelbart, Mark Ivanir - Daniel Lerner, Imogen Poots - Alexandra Gelbart, Liraz Charhi - Pilar, Anne Sofie von Otter - Miriam Mitchell, Madhur Jaffrey - Dott. Nadir, Wallace Shawn - Gideon Rosen, Megan McQuillan - Brenda, Keiko Tokunaga - Violinista, Luke Fleming - Violinista, Andrew Yee - Steve il violoncellista
Soggetto: Yaron Zilberman
Sceneggiatura: Yaron Zilberman, Seth Grossman
Fotografia: Frederick Elmes
Musiche: Angelo Badalamenti
Montaggio: Yuval Shar
Scenografia: John Kasarda
Arredamento: Susan Ogu
Costumi: Joseph G. Aulisi
Durata: 105
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: HAWK V-LITE 1.3X ANAMORPHIC, HAWK SCOPE
Tratto da: ispirato e strutturato a partire dal "Quartetto in Do diesis min, op. 131" di Ludwig van Beethoven
Produzione: TAMAR SELA, YARON ZILBERMAN, VANESSA COIFMAN, DAVID FAIGENBLUM, EMANUEL MICHAEL, MANDY TAGGER BROCKEY PER OPENING NIGHT PRODUCTIONS, RKO PICTURES, IN ASSOCIAZIONE CON CONCEPT ENTERTAINMENT, SPRING PICTURES, UNISON FILMS
Distribuzione: GOOD FILMS (2013)
Data uscita: 2013-09-12
TRAILER
CRITICA
"Vibrano gli archi all'attacco del Quartetto n. 14 op. 131 di Beethoven: sette movimenti serrati, un testamento di inaudita complessità scritto poco prima della morte, che Wagner addita come la meditazione di un 'santo' murato dentro la sua sordità, nell'ascolto esclusivo della sua voce interiore. Si ascoltano bene tra loro, invece, i quattro solisti, entrando in perfetta armonia. Ma la natura umana è molto più vulnerabile dell'eternità dell'arte e delle note: Peter Mitchell si scorda lentamente, come accade al violoncello che abbraccia paterno, perché il Parkinson ne mina le facoltà. Christopher Walken lo interpreta con sconfinata tristezza, nel riverbero dell'armonia del corpo che in lui non c'è più. Cui fa allusione il titolo del film di Yaron Zilberman, 'Una fragile armonia' (...). Cast di brillanti e appassionati interpreti: i violinisti Robert e Daniel (rispettivamente Philip Seymour Hoffman e Mark Ivanir), la violista Juliette, moglie del primo (Catherine Keener). Si sfaldano lentamente i loro rapporti quando fa capolino la vulnerabilità del loro collega. Il potere terapeutico della musica questa volta non ha la meglio sulla fragilità della vita, dentro e fuori il corpo. (...) Zilberman, in questo film dolce e tristissimo, ambientato in una New York fredda ed eterea, voleva prima di tutto parlare dell'uomo." (Luca Pellegrini, 'Avvenire', 11 settembre 2013)
"Suonare o vivere? Essere o non essere? La bella musica risveglia i sentimenti, ci porta in un tour scosceso di emozioni e aiuta il buon cinema a coltivare un plusvalore di sguardi, sospiri e freudiane raffinatezze. Due titoli sono imparentati con questo film: "Quartetto Basileus" di Carpi su un ensemble che cambia un elemento e va in crisi; "Prova d'orchestra" di Fellini sul miracolo e il mistero dell'armonia creati dalla musica. Come dice l'opera prima di Yaron Zilbermann, trattasi d'"Una fragile armonia", pronta ad essere contraddetta dal mondo reale che con le sue note stonate combatte contro l'universo compiuto della musica. Specie col Quartetto in Do diesis min. op. 31, il preferito di Beethoven, che esigeva non ci fossero pause nei sette movimenti della partitura a rischio che gli strumenti (due violini, la viola e il violoncello) perdessero, in 40 minuti, l'accordatura. Metafora chiara che investe il concerto del 25esimo compleanno di un quartetto nuovayorkese, quando uno di loro annuncia di soffrire di Parkinson, due coniugi litigano e la figlia della viola se la intende col primo violino. Girato in soli 27 giorni in luoghi radical chic, Metropolitan e Frick Collection, in lungo, il film ha un perfetto impianto narrativo e un crescendo emotivo in balia di affetti contraddittori nel contagio dei sentimenti che si accavallano. Il regista, nonostante Ludwig non ammetta pause, valorizza bene silenzi, interrogativi, suspense della musica che dovrebbe arginare i colpi di testa dei musicisti con tutto il loro ben noto corredo di baci e rivalità. La psicologia è di un film d'essai allargato, uno di quelli che danno la soddisfazione di scoprire che ci sono ancora quelle doti narrative affabulatorie di storie psicologiche da romanzo ottocentesco, di parole mai vane, dove ogni frase rimbalza sul discorso comune a tutti. I favolosi attori meritano una lode particolare: l'immenso Philip Seymour Hoffman, il nevrotico Christopher Walken, la gentile ma forse no Catherine Keener e il meno noto ma il più bravo ed introverso e seduttivo, Mark Ivanir." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 12 settembre 2013)
"Invidie, gelosie, rancori, tradimenti. E per finire il veleno più insidioso di tutti. Quel miscuglio di convenienza pratica e spinta morale che ci rende capaci di convivere con tutto questo soffocandolo in fondo al nostro Ego, fingendo che i problemi non esistano. Fino a quando non esplodono. Il bello della vita è che a suo modo è molto democratica. Gli ingredienti di base sono sempre gli stessi, su qualsiasi livello sociale o culturale. Cambiano solo le forme in cui si esprimono, e neanche molto. Vedere per credere questo film molto raffinato, tutto girato nella New York più intellettuale, i cui protagonisti sono membri di un celebre quartetto musicale (ispirato in parte, dice il regista, al Quartetto Guarneri e al Quartetto Italiano). Quattro personaggi che hanno trascorso la vita insieme calibrando ogni nota, ogni minimo accento personale in nome della superiore armonia espressa dalla loro musica. Una simbiosi profonda che non può non investire le sfere più intime di ognuno di loro. Come scopriranno quando il più anziano del gruppo, il violoncellista e neovedovo Peter Mitchell (un sublime Christopher Walken, mai visto esprimere più emozioni con minor sforzo), si vedrà costretto a deporre l'archetto per una malattia che non perdona. Il Parkinson. Niente paura però. Non siamo in una serie tv. Siamo in un film impregnato di vita e cultura newyorkesi, esordio di un documentarista premio Oscar, Yaron Zilberman, che si apre citando T.S. Eliot e si chiude sulle note del quartetto opera 131 di Beethoven. Un film che non si vergogna, e perché dovrebbe, di convocare come comprimari pilastri della scena cittadina come Sotheby's, il Metropolitan, la Frick Collection (mai filmata prima, pare). Dando al tutto un'autenticità che insieme alle eccellenti prove dei protagonisti rende particolarmente intensa e a tratti memorabile, malgrado un paio di stecche, questa storia che non sarebbe in sé originale. Salvo l'accuratezza davvero notevole dell'ambientazione e la profonda verità di accenti che esprime. Perché mentre la malattia finisce presto sullo sfondo, in primo piano crescono le reazioni incontrollate degli altri membri del quartetto. (...) Qua e là Zilberman alza fin troppo il tiro, qualcuno dirà che ci voleva Bergman, i cinici che è una soap per intellettuali. Ma è raro vedere film più credibili ambientati in mondi così chiusi." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 12 settembre 2013)
"Sulle segrete tensioni che anni e anni di forzata consuetudine possono creare fra i componenti di un quartetto d'archi, Fabio Carpi aveva realizzato nel 1982 un bel film, 'II quartetto Basileus', dove la morte di uno dei componenti scatenava distruttive dinamiche di gruppo. Anche in 'Una fragile armonia' (The Late Quartet) è un fattore esterno - l'insorgere del Parkinson nel violoncellista Christopher Walken, il più anziano dei quattro - a provocare una catena di smottamenti psichici che conducono sull'orlo di una rottura, ma alla fine l'amore per la musica prevarrà sulle dissonanze emozionali. Del crepuscolare film Yaron Ziberman è esile e prevedibile la tessitura drammaturgica; mentre sono fini le osservazioni sulla natura del quartetto, con le sue ben definite voci strumentali che giocano a rincorrersi, intrecciarsi, annullarsi l'una nell'altra al servizio del puro disegno musicale; e sono eccellenti gli interpreti, soprattutto il dolente Walken e il secondo violino Philip Seymour Hoffman. Quando poi risuonano le note del quartetto in do diesis minore op.131 di Beethoven, scelto da Walken per congedarsi da pubblico, ogni cosa si solleva sul piano del sublime." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 12 settembre 2013)
"Un po' 'Anonimo veneziano' e un po' 'Quartet'. (...) Elegante ma lacrimosa commedia, dai bagliori drammatici, sui tiramolla artistici e sentimentali di quattro musicisti dalla nevrastenia facile. Con l'aggiunta di una figlia ninfetta, amante non solo di Beethoven." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 12 settembre 2013)