Dopo essere stato scoperto in una situazione imbarazzante e disdicevole, per un professore di inglese in una scuola media privata di Princeton, l'aspirante scrittore Louis Ives decide di licenziarsi e andare a New York. Giunto in città, Louis trova alloggio in un minuscolo appartamento già abitato da Henry Harrison, un gentleman un po' bizzarro che di mestiere fa l'accompagnatore per ricche vedove di Manhattan. Contagiato dalla gioia di vivere di Henry e incoraggiato dalle sue efficaci lezioni di vita, Louis riuscirà a sconfiggere la sua timidezza e deciderà di intraprendere un percorso alla scoperta di se stesso ed esplorare la sua confusa identità sessuale. Tuttavia, con il passare del tempo, Louis scoprirà che l'universo di Henry è ben più intenso e complesso di quanto lui voglia far vedere...
SCHEDA FILM
Regia: Robert Pulcini, Shari Springer Berman
Attori: Paul Dano - Louis Ives, Kevin Kline - Henry Harrison, Katie Holmes - Mary Powell, John C. Reilly - Gershon Gruen, John Pankow - George, Celia Weston - Meredith Lagerfeld, Patti D'Arbanville - Katherine Hart, Lynn Cohen - Lois Huber, Marian Seldes - Vivian Cudlip, Dan Hedaya - Aresh, Jason Butler Harner - Otto Bellman
Soggetto: Jonathan Ames - romanzo
Sceneggiatura: Robert Pulcini, Jonathan Ames, Shari Springer Berman
Fotografia: Terry Stacey
Musiche: Klaus Badelt
Montaggio: Robert Pulcini
Scenografia: Judy Becker
Arredamento: Carrie Stewart
Costumi: Suttirat Anne Larlarb
Effetti: Phosphene
Altri titoli:
Der letzte Gentleman
Durata: 108
Colore: C
Genere: COMMEDIA
Specifiche tecniche: 35 MM (1:2.35)
Tratto da: romanzo "Io e Henry" di Jonathan Ames (Ed. Baldini Castoldi Dalai)
Produzione: 3 ARTS ENTERTAINMENT, LIKELY STORY, WILD BUNCH
Distribuzione: BIM DISTRIBUZIONE (2011)
Data uscita: 2011-05-13
TRAILER
NOTE
- SHARI SPRINGER BERMAN E ROBERT PULCINI FIGURANO ANCHE COME PRODUTTORI ESECUTIVI.
CRITICA
"Purtroppo, dimenticatevi 'American Splendor', i leggendari fumetti di Harvey Pekar e il suo sosia Paul Giamatti. Shari Springer Berman e Robert Pulcini non ripetono il (quasi) miracolo, e prendendo dalle pagine di 'lo e Henry' di Jonathan Ames non si decidono tra dramma e commedia, i donchisciotteschi mulini a vento e la presa sul reale di NY: in breve, né carne né pesce. L'aspirante emulo di Fitzgerald e sessualmente ambiguo Louis Ives (Paul Dano, weird come da copione) si trasferisce a Manhattan e trova alloggio dall'eccentrico escort ('The Extra Man' del titolo originale) Henry Harrison, ovvero Kevin Kline: problema, Kline va per una fascinosa tangente, gigioneggia oltre misura e si pappa Dano e il film tutto. Rimane il suo charme, ma la coppia in regia impari la lezione: da un romanzo amato non esce sempre un buon film." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 12 maggio 2011)
"La letteratura americana si è spesso servita dello stratagemma del narratore che racconta, in prima persona, gli avvenimenti di cui è non solo osservatore ma spesso protagonista arrivando a focalizzare l'attenzione del lettore su particolari ambienti sociali e, soprattutto, sui personaggi carismatici che li popolano. È proprio questo stile da 'Il grande Gatsby' ad animare 'Un perfetto gentiluomo', pellicola che dileggia gli intellettuali squattrinati e scrocconi dell'Upper West. (...) I duetti tra i due protagonisti (imperdibile la spiegazione su come fare pipì per strada, tra due macchine, senza dare nell'occhio) sono il punto di forza di un film che, però, fatica, come il giovane protagonista, ad avere una sua identità precisa. La pellicola punge ma non morde, spargendo interessanti spunti sull'élite decadente e grottesca dell'Upper West Side, sullo smarrimento sessuale degli intellettuali, sulla misoginia, senza avere il coraggio di una scelta netta e precisa che avrebbe alzato il gradimento. In ogni caso, è sempre un bel vedere." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 13 maggio 2011)
"Spiacerà a coloro che dopo 'American Splendor' avevano elaborato una qualche stima per il cinema kitsch della coppia Pulcini-Berman. E ora si ritrovano un filmetto snob, consumabile solo nei salotti newryorkesi." (Giorgio Carbone, 'Libero', 13 maggio 2011)