Robert Dominici è un giovane pianista affermato, attraente, ammirato dalle donne e circondato dall'affetto e dalla stima di molti amici: la sua fidanzata Susanna e la bella Helene, che lavora nell'alta moda, stravedono per lui. Ma qualcosa di tremendo ed incredibile sconvolge la vita di Robert: apprende dalla dottoressa Carla Pesenti che è affetto da una malattia rarissima ed incurabile per la quale invecchierà precocemente. La notizia fa piombare il giovane musicista in un'angoscia mortale e fa vacillare la sua mente e in un impulso irrefrenabile uccide spietatamente la dottoressa. Sarà poi la volta di Susanna con la quale aveva da tempo qualche screzio. Il commissario Datti viene incaricato di svolgere indagini sui due omicidi compiuti con la stessa tecnica: le due donne sono state colpite con una spada usata dai cultori di arti marziali. Sia Robert sia Davide, un suo amico amante di Susanna, sono appassionati di questa disciplina. Datti sospetta di Robert ma non ha prove contro di lui. Intanto l'uomo, dopo aver trascorso un'appassionata notte d'amore con Helene che gli ha dichiarato apertamente l'amore che nutre per lui, si reca dalla madre a Venezia, ma tutti sono convinti che sia andato a New York per lavoro. Robert è sempre più sconvolto dalla sua malattia che già mostra i suoi agghiaccianti effetti: sta diventando un vecchio decrepito e ripugnante. La notizia che Helene aspetta un bambino da lui lo fa impazzire: è deciso ad uccidere la donne e a sopprimere quel figlio che crede nascerà malato come lui. Ma Helene viene salvata in extremis da un amico che mette in fuga l'irriconoscibile Robert. Sempre più solo e disperato l'uomo vaga come un fantasma per Venezia, si mescola tra la gente mascherata, aggredisce un ignaro passante che gli faceva notare come è triste invecchiare ed uccide crudelmente una giovane mercenaria dell'amore in una casa d'appuntamenti. Va poi da un prete amico di gioventù che naturalmente non lo riconosce e al quale confessa tutta la sua angoscia e i suoi delitti. Robert ormai odia Dio che gli ha inflitto una malattia così terribile, detesta tutti, minaccia ripetutamente con telefonate anonime il commissario Datti che non riesce a scoprire il colpevole dei delitti ai quali si è aggiunto anche quello di una donna poliziotto uccisa da Robert per umiliare ulteriormente lo stesso Datti. Robert è ormai un vecchio decrepito che a mala pena si regge in piedi, eppure vuole sempre uccidere la donna che sta per partorire suo figlio. Ma non riesce a compiere l'ultimo folle gesto, poichè Helene si difende con tutte le forze nonostante sia sconvolta nel vedere l'uomo che ha tanto amato ridotto ad una larva umana. Sopraggiunge il commissario datti il quale costringe a fuggire Robert che muore nel giardino della villa di Helene.
SCHEDA FILM
Regia: Ruggero Deodato
Attori: Michael York - Robert Dominici, Edwige Fenech - Hélène, Donald Pleasence - Datti, Fabio Sartor - Davide, Caterina Boratto - Madre di Robert, Mapi Galán - Susanna, Antonella Ponziani, Daniele Brado, Carola Stagnaro, Renato Cortesi
Soggetto: Vincenzo Mannino, Gianfranco Clerici
Sceneggiatura: Gianfranco Clerici, Vincenzo Mannino, Gigliola Battaglini
Fotografia: Giorgio Di Battista
Musiche: Pino Donaggio
Montaggio: Daniele Alabiso
Scenografia: Paolo Innocenzi
Costumi: Giovanna Deodato
Altri titoli:
Off Balance
Phantom of Death
La tuer de la pleine lune
Durata: 94
Colore: C
Genere: THRILLER
Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI, PELLICOLA KODAK, COLORE LUCIANO VITTORI
Produzione: PIETRO INNOCENZI PER D.M.V. DISTRIBUZIONE, GLOBE FILM, TANDEM CINEMATOGRAFICA, RETEITALIA
Distribuzione: D.M.V. (1988) - AVO FILM, DELTAVIDEO
NOTE
- GIRATO NEGLI EMPIRE STUDIOS DI POMEZIA. ESTERNI A PERUGIA
CRITICA
" Il thrilling è gestito con una certa sapienza narrativa: si vedano le pagine del Carnevale di Venezia, con quelle mascherine che si avvicendano al dramma ed il brano inconsueto della confessione, coi due paggetti sorridenti in chiesa; abbastanza indovinato, poi, il contrappunto tra le immagini splendenti del concerto di Robert in televisione ed il profilo cadente dell'uomo giunto al soglio estremo. Ci manca un soffio, insomma, perché Deodato azzecchi un pensoso apologo sulla fragile natura dell'uomo e sulla caducità della bellezza. Molto a suo agio Michael York, che supera bene il tragico trascorrere dalla venustà del musicista di successo all'orrore della decadenza fisica. Assai corretto Donald Pleasence, che disegna un commissario disorientato e collerico. Chi trova orripilante il trucco ed i parrucchini spelati di York, potrà consolarsi ammirando i primi piani di Edwige Fenech, bella come sempre ma anche molto brava." (Gregorio Napoli, 'Il Giornale di Sicilia', 18 Marzo 1988)
"Che gradita sorpresa, Michael York. L'indimenticabile studentello americano adulato nella Berlino anni '30 da Liza Minnelli in 'Cabaret', è protagonista di un film piccolo piccolo targato Empire studios e Reteitalia. Un professionista dell'artigianato cinematografico ne è il regista Ruggero Deodato autore, nelle ultime stagioni, di un non spiacevole film di uomini forti e di un mediocre horror, 'Il camping del terrore'. Deodato sfrutta assai bene il personaggio-attore York. D'aspetto giovanile, nel ruolo di un pianista eterno ragazzone, Michael York subisce una tremenda trasformazione psicofisica nel momento in cui viene a sapere di aver contratto una rarissima malattia che conduce ad un rapidissimo e ineluttabile invecchiamento. Ruggero Deodato dirige un thriller poco giallo e molto nero con buona scelta dei tempi e dei ritmi mimando il David Cronenberg de 'La Mosca'. Vittima predestinata una innamoratissima Edwige Fenech che torna al cinema dopo qualche tempo." (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 26 Luglio 1988)
"Un invecchiamento precoce delle cellule coglie il protagonista e in pochi mesi lo riduce da prestante trentacinquenne a vecchietto decrepito. E' quanto accade a Michael York, pianista di fama internazionale e playboy di vasto successo, che, la sera di un concerto a Perugia, si vede rifilare da un'amica dottoressa la terribile diagnosi York ci resta male, talmente male da far fuori l'Ambasciatrice porta pena. La sua furia omicida non si ferma qui. Gli garantisce l'impunità, l'aspetto fisico che cambia repentinamente da un giorno all'altro. Il povero commissario perugino quasi n'esce pazzo come il suo assassino. L'idea non è male, ma non incanta la regia. E da inseguire col bastone è il terzetto di sceneggiatori che ci rifilano almeno tre delitti immotivati. Edwige Fenech placidamente soprappeso, fa la svampita ad oltranza (decisamente oltre quanto richiesto)." (Giorgio Carbone, 'La Notte', 9 Agosto 1988)