Ritratto del celebre ex-campione dei pesi massimi Mike Tyson. Dai suoi vittoriosi esordi, alle controverse e violente situazioni che lo hanno visto protagonista sul ring e nella vita privata, alla riabilitazione fisica e mediatica, il documentario, attraverso interviste, filmati inediti, fotografie e immagini di repertorio, ci mostra un incognito Iron Mike.
SCHEDA FILM
Regia: James Toback
Attori: Mike Tyson - Se stesso
Fotografia: Larry McConkey
Musiche: Salaam Remi
Montaggio: Aaron Yanes
Durata: 90
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Produzione: FYODOR PRODUCTIONS
NOTE
- 'K.O. DU CERTAIN REGARD' AL 61. FESTIVAL DI CANNES (2008).
CRITICA
"Un intoccabile sdoganato, miracoli del cinema, da un altro maledetto. Si chiama James Toback. I cinefili lo conoscono per il leggendario 'Fingers'. I più fortunati hanno visto anche 'Black & White', commedia caustica sul mito black nella cultura bianca Usa. Così caustica (e scomoda) che le Majors lo hanno boicottato. Tyson vi appariva con molto coraggio e ironia nei panni di se stesso accanto a Robert Downey Jr., Ben Stiller, Claudia Schiffer. Era il 2000. Da allora il regista, che ha quasi la stessa stazza del pugile, ha conquistato la sua confidenza. Il risultato è 'Tyson'. Niente di molto inventivo, ma un documento impressionante. Un ininterrotto monologo in cui l'ex-ragazzo di Brownsville, Brooklyn, non risparmia niente e nessuno. A cominciare da se stesso naturalmente. Quando tocca i tasti più intimi gli si strozza il respiro finché la voce va via. Poi ricomincia. Come sempre. E forse è proprio questa la sua forza e la sua condanna." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 18 maggio 2008)
"Per raccontarlo ci voleva un genio come Toback, che già lo scelse per un cammeo nel suo 'Black and White'. Un documentario di grande livello, cinematografico e contenutistico. Il profeta del cinema indipendente (ricordate il meraviglioso 'Fingers'?) alterna, in 90 minuti, la lunga intervista con Iron Mike (30 ore di girato!) e filmati di repertorio (alcuni rarissimi), in un crescendo di split-screen e primi piani che accrescono emozione, empatia, adrenalina. Toback è all'angolo, allenatore impietoso ma affettuoso, a combattere, come sempre, c'è Mike, mai così autocritico e profondo. I due non si risparmiano nulla, gli ultimi trent'anni di vita del pugile che "vendicò" Muhammad Alì contro Trevor Berbick sono passati al microscopio, senza agiografie né tabù. Droghe, eccessi, maschilismo, Mike ammette e spiega tutto, dall'infanzia poverissima e impossibile agli amici morti ammazzati o in carcere. Nero e sottoproletario diventò il miglior pugile del mondo per non tornare più il bambino umiliato e vessato di un tempo. Cannes ama i campioni pregiudicati e costante oggetto di pregiudizi. Forse perché la classe (sociale e sportiva) te la fanno sempre pagare." (Boris Sollazzo,
'Liberazione', 18 maggio 2008)
"Non ci sono antagonisti, diversi punti di vista, solo un lungo monologo di Tyson comprime, semplifica e dà un senso alla sua storia. E' una semplificazione - del tutto sincera e non in cerca di giustificazioni - in cui però sta il limite del film. E a questo proposito va notato che le riprese del documentario sono state effettuate dopo che l'ex campione del mondo si era sottoposto ad un trattamento di disintossicazione: il taglio poco conflittuale, smussato e troppo razionale, di alcuni passaggi drammatici non può non ricordare certe narrative preconfezionate e tranquillizzanti da seduta di alcolisti anonimo. Il che non fa di 'Tyson' un film non autentico o commovente." (Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 18 maggio 2008)