Pauline dopo cinquant'anni ritorna a Torino, la città che le ha dato i natali e l'ha vista bambina. Qui ritrova la dottoressa Angela Gualtieri (conosciuta all'estero tempo prima) che gestisce 'Il Melograno', un centro dedicato alla maternità che si occupa sia delle mamme in attesa sia di quelle che, dopo il parto, hanno bisogno di assistenza psicologica. Angela coinvolge Pauline in una ricerca che il centro fa sul suo archivio privato e la donna acconsente dopo qualche tentennamento iniziale. Intanto a 'Il Melograno' arriva Emma, giovane danzatrice diventata mamma da poco, che accetta con difficoltà la sua nuova condizione e che instaura una relazione particolare con Pauline. Una notte, Emma lascia un messaggio disperato sulla segreteria del centro: il suo bambino è caduto e lei non sa come comportarsi. L'indomani Pauline sente il messaggio e la richiama, ma la giovane non risponde e così va a cercarla prima nell'appartamento che divide con il compagno Tommaso, poi a teatro e infine nella casa sul lago, dove potrebbe essersi rifugiata. Il confronto con Emma porterà Pauline a una dolorosa riflessione, che la spingerà a fare i conti con il suo tragico passato.
SCHEDA FILM
Regia: Alina Marazzi
Attori: Charlotte Rampling - Pauline, Elena Radonicich - Emma, Valerio Binasco - Valerio, Maria Grazia Mandruzzato - Angela Gualtieri, Alice Torriani - Daniela, Marta Lina Comerio - Anita, Emiliano Audisio - Tommaso
Soggetto: Alina Marazzi, Dario Zonta, Daniela Persico - collaborazione
Sceneggiatura: Alina Marazzi, Dario Zonta, Daniela Persico - collaborazione
Fotografia: Mario Masini
Musiche: Dominik Scherrer, Ronin
Montaggio: Ilaria Fraioli
Scenografia: Petra Barchi
Costumi: Bettina Pontiggia
Suono: Vito Martinelli - presa diretta
Altri titoli:
Baby Blues
Durata: 83
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: ARRIFLEX ALEXA DIGITAL, HD, 35 MM
Produzione: GIANFILIPPO PEDOTE, FRANCESCO VIRGA, ELDA GUIDINETTI E ANDRES PFAEFFLI PER MIR CINEMATOGRAFICA, VENTURA FILM CON RAI CINEMA, RSI-RADIOTELEVISIONE SVIZZERA
Distribuzione: BIM (2013)
Data uscita: 2013-04-11
TRAILER
NOTE
- ANIMAZIONI: BEATRICE PUCCI.
- FOTOGRAFIE ORIGINALI: SIMONA GHIZZONI.
- PRODUTTORE ASSOCIATO: DARIO ZONTA.
- REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DI: MIBAC-MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, EURIMAGES, REPUBBLICA E CANTONE TICINO, FILMPLUS DELLA SVIZZERA ITALIANA, IN ASSOCIAZIONE CON: FIP-FILM INVESTIMENTI PIEMONTE, INTESA SAN PAOLO, CONTRASTO E CON IL SOSTEGNO DELLA FILM COMMISSION TORINO PIEMONTE.
- PREMIO TAO DUE LA CAMERA D'ORO 2012 PER IL MIGLIOR REGISTA EMERGENTE (ALINA MARAZZI) E IL MIGLIOR PRODUTTORE (GIANFILIPPO PEDOTE) ALLA VII EDIZIONE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA NELLA SEZIONE 'CINEMAXXI'.
CRITICA
"Il talento di Alina Marazzi si era prepotentemente segnalato per l'impiego originale di un linguaggio ibrido che miscela fiction, repertorio pubblico e privato, animazione. Con particolare felicità forse anche perché ispirata a memorie molto personali nell'opera di esordio 'Un'ora sola ti vorrei' (2002) ma poi anche nel successivo 'Vogliamo anche le rose' (2008). 'Tutto parla di te' è solo in parte coerente con i precedenti, non rinuncia all'uso dell'animazione e comprende testimonianze reali ma si fa più esteso il ricorso alla finzione. Tema: le pieghe contraddittorie della scoperta della maternità, e il suo inconfessabile rifiuto. Mi i tre livelli accostati e intersecati non si integrano e non producono un risultato emozionante. Un livello è quello estremo, patologico e criminale, dei casi di madri infanticide. Un altro è quello della giovane protagonista Emma, danzatrice che sente la propria vita sconvolta dall'essere diventata madre. Ultimo livello è quello della coprotagonista (Charlotte Rampling) che rivive un remoto e gravissimo trauma subito dalla madre avvicinandosi sia allo studio dei casi estremi sia a quello di Emma." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 11 aprile 2013)
"Alina Marrazzi non è mai stata una «semplice» regista di documentari. Il suo primo film, 'Un'ora sola ti vorrei', era la dolorosa ricostruzione del passato della sua famiglia grazie al ritrovamento di alcuni preziosi super8 girati dal nonno; il successivo 'Vogliamo anche le rose' era un film di montaggio sulla condizione femminile in Italia. È quindi fuorviante definire 'Tutto parla di te' il suo esordio nel cinema di finzione: il film contiene anche parti documentarie e prosegue in maniera coerente il filo rosso che congiunge tutta la sua opera. Alina Marazzi parla, in ultima analisi, sempre di sé - e della complessa memoria della madre - ma così facendo riflette su cosa ha significato essere donne italiane, dal dopoguerra in poi. In 'Tutto parla di te' la splendida Charlotte Rampling è Pauline, una donna che ritorna a Torino dopo molti anni per indagare sul proprio passato. Il tema è quello della maternità, voluta e sognata, rimossa e detestata. Alina Marazzi racconta che l'idea è nata da una frase, invero rivelatrice, che qualcuno le disse vedendola con suo figlio appena nato: che belli i bambini quando sono in braccio agli altri. Pauline ha vissuto anni prima il dramma della depressione post-partum, e ora si confronta con ragazze che soffrono dello stesso trauma. In particolare con Emma, una giovane ballerina in crisi dopo la nascita del primo figlio. Altri film italiani recenti, come 'Maternity Blues', hanno affrontato questa tematica oscura e quasi indicibile. Tutto parla di te lo fa con grande delicatezza e soprattutto in modo molto «cinematografico», intercalando le parti recitate ad autentiche interviste con giovani madri. Quando il film è stato presentato al festival di Roma, questa commistione ha disturbato qualcuno, ma è la natura stessa del lavoro di Alina Marazzi. O faceva il film così o, sospettiamo, non lo faceva affatto. Charlotte Rampling è intensa anche quando guarda semplicemente fuori dalla finestra: e certi suoi momenti di spaesamento sono funzionali a un personaggio alla ricerca di un vissuto totalmente rimosso. Va citata, come per i precedenti lavori della regista, la montatrice Ilaria Fraioli. Un giorno bisognerà studiare i motivi per cui il montaggio è un'arte così femminile." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 11 aprile 2013)
"Terza tappa di un discorso comunque autobiografico di Alina Marazzi che interviene nel cinema che denuncia l'ambivalenza del rapporto materno: non tutte, né sempre Madonne." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 11 aprile 2013)
"Piacerà per la splendida indistruttibile Charlotte Rampling e per la sua coinvolgente dolorosa esplorazione delle radici dell'amore-odio della neo mamma. Esordio nel lungometraggio della brava Alina Marazzi, non timorosa di ricorrere a spunti autobiografici." (Giorgio Carbone, 'Libero', 11 aprile 2013)
"La fiction viene integrata nel film da materiale documentario ed è proprio questo il punto debole del lavoro della Marazzi: finzione e realtà non si armonizzano, restano distanti tra loro e incapaci di coinvolgere davvero. L'impressione è che la regista non abbia alcuna fiducia nel potere della messa in scena e tema moltissimo le emozioni, salvo poi affidare il commento sonoro a una musica eccessivamente enfatica e invadente." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 16 novembre 2012)
"Qui l'autobiografia si frammenta nella cifra narrativa, anche se la separatezza tra «documentario» e «finzione» non appartiene alla ricerca della regista. E se gli archivi divenivano romanzeschi, la messinscena si traduce nella realtà di una commuovente prima persona, in un saggio che è autofinzione. (...) C'è un sentimento forte in questo film, un dolore che è insieme gioiosamente lucido nell'elaborare il lutto con la vita. Che dolcemente, senza retorica, si fa cinema." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 16 novembre 2012)
"Alla ricerca di un reale cinematografico si muove (...) in piena coscienza 'Tutto parla di te', dove Alina Marrazzi poggia su di una trama documentaria un ordito narrativo toccante. La maternità, nell'ambivalente significato di compimento gioioso di un'aspirazione naturale ma anche di sofferenza per una perdita di sé, è questione antica - affonda le radici nel mito - ma la regista milanese ha il coraggio di fare un dibattito intimo attraverso un confronto serrato di dolori presenti e antichi che Elena Radonicich e Charlotte Rampling 'indossano' con inusitata sensibilità." (Andrea Martini, 'Il Sole 24 Ore Domenica', 18 novembre 2012)