A Venezia un killer, Charlton Black, sotto il falso nome di Lawton, prende alloggio all'Hotel Gabrielli, dove attende istruzioni sull'identità della vittima designata. Allo stesso Hotel giungono sia Melvyn Orton, grigia figura di travet (che deve acquistare una villa per conto suo principale, e deve essere contattato dall'avvenente mediatrice, Caroline Wright), sia il ricco e pingue bancario inglese Maurice Horton in fuga sentimentale all'insaputa della moglie (dovrebbe, secondo gli accordi presi con un'agenzia di cuori solitari, incontrarsi in città con Patricia Fulford). Il fattorino dell'albergo, un extra comunitario dalla pronuncia precaria, scambia le missive per questi tre clienti: così Horton incontra Caroline, la quale pensa di vendergli la villae si trova invece a cedere se stessa; ad Orton viene dato l'indirizzo di Scarpa, un mafioso che lo tortura pensando che sia il killer; Lawton va col biglietto dell'agenzia all'appuntamento con Patricia e solo per un contrattempo non elimina la donna. Caroline, dopo aver ceduto a Horton, approfitta dell'arrivo di Rosemary, la moglie di lui, che ha scoperto la tresca, per ricattarlo vendendogli la villa per centomila sterline. Queste banconote vengono fatte venire dalla banca, e Scarpa crede che il denaro sia il compenso del killer. Anche il vero killer, che si sente derubato del compenso, pur non avendo commesso il fatto, lo pensa, e vuole derubare Horton del denaro che nel frattempo, collocato in una valigetta, è stato messo nel deposito dell'Hotel. Scarpa, ormai convinto che Maurice sia il killer e che da Melvyn, che sa ormai troppe cose, può salvarsi solo uccidendolo, fa comprare un'identica valigetta in cui colloca una bomba a telecomando. Con un piccolo incendio doloso i mafiosi distraggono il fattorino e scambiano le etichette delle valigette. Mentre nel giardino della villa appena acquistata Horton si dondola sull'altalena dove ha posto la valigetta, Melvyn, su un motoscafo con i mafiosi, tenta invano di provocare un'esplosione con il telecomando dell'ordigno. Intanto Lawton e Patricia, che hanno deciso di far causa comune, assalgono Maurice per derubarlo. Convinti che sia la distanza eccessiva a non far funzionare il telecomando, Scarpa e i suoi mettono Melvyn in un canotto perché si avvicini. Ma quando scoprono il perché della mancata esplosione della bomba è tardi: i due scagnozzi hanno entrambi scambiato le etichette e così la valigetta di Horton contiene il denaro, e quella che sta sul loro battello è la bomba, che esplode quando Orton si rivolge verso di loro che gridano e gli sparano invano per fermarlo. Lawton e Patricia si allontanano, una volta chiarito che Horton non c'entra, e costui si trova con una moglie innamoratissima perché pensa ad un prestigioso regalo del consorte. Con la provvigione Caroline si compra un motoscafo; Orton si fa mandare 350.000 sterline dal suo principale per acquistare il palazzotto di Scarpa e, scampato alla polizia perché Caroline ne investe la motovedetta con la sua imbarcazione, fugge con il denaro alle Bahamas. Lawton, che rivela il suo vero nome, chiede a Patricia di sposarlo.
SCHEDA FILM
Regia: Mark Herman
Attori: Dudley Moore - Melvyn Orton, Bryan Brown - Mike Lawton/Charlton Black, Richard Griffiths - Maurice Horton, Andreas Katsulas - Scarpa, Patsy Kensit - Caroline Wright, Alison Steadman - Rosemary Horton, Penelope Wilton - Patricia Fulford, Bronson Pinchot - Fattorino, Jim Carter - Rossi, Alex Norton - Alfio
Soggetto: Mark Herman
Sceneggiatura: Mark Herman
Fotografia: Andrew Dunn
Musiche: Trevor Jones
Montaggio: Michael Ellis
Scenografia: Gemma Jackson
Costumi: Lindy Hemming
Effetti: Ian Wingrove
Durata: 79
Colore: C
Genere: COMMEDIA
Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI
Produzione: STEVE ABBATT E JENNIE HOWART PER BELLBOY FILMS LTD., HOLLYWOOD PICTURES, SILVER SCREEN PARTNERS IV
Distribuzione: WARNER BROS ITALIA (1992)
CRITICA
"Ci sono film la cui pura stupidità diventa una forma di fascino perverso. Eccone uno, commedia d'equivoci girata in una Venezia ipotetica composta da pezzi rimescolati della città meravigliosa, e da patente disinformazione: una villa veneziana viene messa in vendita per duecentodieci milioni di lire, un gruppo di modesti turisti scende al costosissimo Hotel Danieli ribattezzato Gabrielli. (…) Molti inseguimenti tra ponti e campielli, molti camerieri italiani che strepitano per la mancata o scarsa mancia, una visione particolare della televisione italiana: Dudley Moore (imbolsito e assai meno bravo di Villaggio in un personaggio alla Fantozzi) alla nostra tv riesce a vedere sempre e soltanto 'Colpo grosso', oppure sederi femminili vibranti e ondulanti al massaggio meccanico negli spot pubblicitari di strumenti anticellulite." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 19 luglio 1992)
"Freddure e facce stupide di stile britannico, gioco degli equivoci tra il vaudeville e De Funès, ambientazione lagunare che echeggia la grazia degli intrecci amorosi goldoniani. Nel consegnare all'esordiente Mark Herman una sceneggiatura con questa miscela il produttore deve avergli detto c'è anche Dudley Moore, sarà un successo e diventerai famoso. (…) Con una casa pericolante, la laguna insidiosa e la disponibilità di un albergo al libero scambio, il film sceglie le soluzioni più banali. E la gag più spettacolare viene spesa in un prevedibile finale pirotecnico che tecnicamente sbaglia anche la suspense comica. Dudley Moore, piccoletto che ha fatto incassare miliardi per la sua agilità di mediocre piccolo borghese, fa la figura di una spalla. Per diventare famoso il giovane regista deve aspettare." (Silvio Danese, 'Il Giorno', 6 agosto 1992)
"C'è quanto basta perché il divertimento sia programmato. Ma la sceneggiatura non morde, e la regia non sa metterci né l'estro né il ritmo giusti. Il film vivacchia così sulle singole situazioni e sulle singole battute. Che devono dividere gli spazi del racconto con macchiette assortite e notazioni di maniera. Mark Herman dovrebbe studiarsi i vecchi film di Edwards e di Tashlin. Fra gli interpreti, Dudley Moore sorpassa sia Bronson Pichot (il fattorino) sia gli altri. Patsy Kensit assicura la nota sexy." ('Il Secolo XIX', 18 agosto 1992)