Finito il servizio militare, il giovane Asa torna dai suoi familiari, pastori nomadi che vivono nella steppa del Kazakistan. Per diventare a sua volta pastore, il ragazzo deve trovare una moglie e la scelta cade sull'unica ragazza nubile disponibile nella steppa, Tulpan, figlia anche lei di pastori. Tuttavia, lei lo rifiuta a causa delle sue orecchie ma Asa decide di non darsi per vinto...
SCHEDA FILM
Regia: Sergey Dvortzevoy
Attori: Askhat Kuchencherekov - Asa, Ondas Besikbasov - Ondas, Samal Esljamova - Samal, Tulepbergen Baisakalov - Boni, Bereke Turganbayev - Beke, Nurzhigit Zhapabayev - Nuka, Mahabbat Turganbayeva - Maha, Amangeldi Nurzhanbayev - Padre di Tulpan, Tazhyban Kalykulova - Madre di Tulpan, Zhappas Zhailaubaev - Capo, Esentai Tulendiev - Veterinario
Sceneggiatura: Sergey Dvortzevoy, Gennadi Ostrovsky
Fotografia: Jolanta Dylewska
Montaggio: Petar Markovic, Isabel Meier
Scenografia: Roger Martin
Costumi: Gaziza Korshiyeva
Altri titoli:
Tulpan - La ragazza che non c'era
Durata: 100
Colore: C
Genere: COMMEDIA
Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.85)
Produzione: PANDORA FILM, COBRA FILM, PALLAS FILM, PRODUCER'S COMPANY SLOVO, KAZ EXPORT, FILMCONTRACT, ZDF-ARTE
Distribuzione: BIM (2009)
Data uscita: 2009-04-24
TRAILER
NOTE
- PREMIO "UN CERTAIN REGARD" AL 61. FESTIVAL DI CANNES (2008).
CRITICA
"Un film tanto nobile quanto passatista. Sarà poi vero che la città (invisibile) è l'Inferno, la vita grama della steppa il Paradiso?" (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 24 aprile 2009)
"Il film procede per scene staccate e quasi contrapposte, a volte inseguendo azioni che sembrano non dover finire mai (i trasferimenti in trattore, la raccolta delle pecore disperse dal vento, la lotta contro la polvere onnipresente), altre volte aprendo improvvisi squarci sulla vita quotidiana di questa popolazione di nomadi, sia sognando improbabili avventure con le donnine nude di un giornale e stordendosi con la musica fuori tempo massimo dei Boney M, sia confrontandosi con un veterinario 'inseguito'» da un dromedario, la cui diagnosi è la più cruda risposta possibile ai loro sforzi quotidiani: gli agnelli muoiono non per colpa di una malattia ma perché non hanno cibo a sufficienza... E proprio gli agnellini saranno i protagonisti di due scene speculari, dove l'imbarazzo nell'accompagnare due parti difficili diventa la chiave di lettura stilistica di tutto il film, costruito su una sceneggiatura molto scritta ma talmente rispettosa della realtà delle cose da saper trasformare due attori in credibili pastori e utilizzare le loro esitazioni e le loro difficoltà per dare concretezza e credibilità ai loro personaggi. Così un film che poteva sembrare la commedia di un mondo arcaico condannato a inseguire la modernità diventa il ritratto, duro ma in qualche modo anche affettuoso e partecipe, di chi non vuole rinnegare le proprie origini e sceglie di vivere come hanno fatto tutte le generazioni che l'hanno preceduto: lottando ogni giorno col vento e con la sabbia per salvare il proprio gregge." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 24 aprile 2009)
"La vita di Asa. I suoi contrasti spesso molto duri con il cognato, i suoi tentativi sempre delusi di convincere Tulpan a sposarlo. È il semplice tessuto narrativo su cui il film si costruisce. In primo piano, però, la steppa, la natura, i temporali, il vento, le trombe d'aria che coprono tutto e tutti di polvere e, naturalmente, il gregge, con le pecore che rischiano di morire perché i pascoli ormai sono solo sterpi (da qui appunto la necessità di spostarsi altrove), con molti agnellini che nascono già morti per la denutrizione delle madri. Tutto rappresentato quasi in diretta, perfino il difficile parto di una pecora in tempo reale, tutto accogliendo dei personaggi che, intenzionalmente, si propongono solo come persone, tutto autentico e, di fronte alla macchina da presa, quasi immediato, pur non trascurando il dipanarsi dei pochi eventi attorno ai quali quella nitida avventura umana si svolge. Nelle stesse cifre gli interpreti: qui doppiati in italiano, anche se alcune canzoni ci son date in lingua kazakha, ognuno però con facce autentiche come se sorprese lì nella steppa. Un incontro raro, ma potrà convincere." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 24 aprile 2009)
"Una storia triste, alleggerita dal piacere di vivere. da sorrisi, avventure, scherzi. Gli interpreti hanno l'assoluta naturalezza, la Natura è ostile a animali e uomini (infatti cambiano luogo); la storia di pastori nomadi risulta probabilmente estranea anche ai kazaki che abitano in città." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 24 aprile 2009)