Ryan Bingham, è un 'tagliatore di teste' aziendale, viaggiatore professionista, abituato a vivere tra aeroporti, alberghi e automobili in affitto portandosi dietro tutto ciò di cui ha bisogno in una valigia a rotelle. Tuttavia, alle soglie dell'ambito traguardo di 10 milioni di miglia, l'incontro di Ryan con l'attraente Alex porterà scompiglio nella la sua raminga, ma ben organizzata, esistenza di viaggiatore incallito mettendolo di fronte all'opportunità di un lavoro in sede e di una vera e propria casa dove metter su famiglia...
SCHEDA FILM
Regia: Jason Reitman
Attori: George Clooney - Ryan Bingham, Vera Farmiga - Alex, Anna Kendrick - Natalie, Jason Bateman - Craig Gregory, Danny McBride - Jim, Melanie Lynskey - Julie Bingham, Steve Eastin - Samuels, Chris Lowell - Kevin, Adam Rose - David, Dave Engfer - Programmatore, Doug Fesler - Uomo d'affari, Lauren Mae Shafer - Responsabile Hertz, James Anthony - Uomo d'affari
Soggetto: Walter Kirn - romanzo
Sceneggiatura: Jason Reitman, Sheldon Turner
Fotografia: Eric Steelberg
Musiche: Rolfe Kent
Montaggio: Dana E. Glauberman
Scenografia: Steve Saklad
Arredamento: Linda Lee Sutton
Costumi: Danny Glicker
Durata: 108
Colore: C
Genere: DRAMMATICO COMMEDIA
Tratto da: romanzo omonimo di Walter Kirn
Produzione: IVAN REITMAN, JASON REITMAN, JEFFREY CLIFFORD E DANIEL DUBIECKI, PER THE MONTECITO PICTURE COMPANY, RICKSHAW PRODUCTIONS
Distribuzione: UNIVERSAL - PARAMOUNT HOME ENTERTAINMENT
Data uscita: 2010-01-22
TRAILER
NOTE
- IN CONCORSO ALLA IV EDIZIONE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA (2009).
- CANDIDATO AL GOLDEN GLOBE 2010 PER: MIGLIOR FILM DRAMMATICO, REGIA, SCENEGGIATURA, ATTORE PROTAGONISTA DI FILM DRAMMATICO (GEORGE CLOONEY) E ATTRICE NON PROTAGONISTA (VERA FARMIGA E ANNA KENDRICK).
- CANDIDATO ALL'OSCAR 2010 PER: MIGLIOR FILM, REGIA, ATTORE PROTAGONISTA (GEORGE CLOONEY), ATTRICE NON PROTAGONISTA (VERA FARMIGA E ANNA KENDRICK) E SCENEGGIATURA NON ORIGINALE.
- CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2010 COME MIGLIOR FILM STRANIERO.
- CANDIDATO AL NASTRO D'ARGENTO 2010 COME MIGLIOR FILM EXTRAEUROPEO.
CRITICA
"È arrivato il nuovo 'Harry, ti presento Sally'. Si intitola 'Up in the Air', lo ha diretto Jason Reitman, il regista del delizioso 'Juno', e come il film di Rob Reiner del 1989 fa il punto sulle relazioni amorose (e non) in tempi di sentimenti virtuali e di crisi reale. Senza dimenticare il crescente nomadismo connaturato a molti mestieri. (...) Scritto e girato con tagli e tempi da grande commedia americana, ma asciutto e senza sconti; incorniciato da immagini suggestive di grandi città viste dall'alto (Phoenix, Detroit, Omaha, Wichita, St.Louis: quelle in cui la crisi ha morso più forte); impreziosito da anonimi impiegati che hanno rivissuto il loro licenziamento davanti alla macchina da presa, 'Up in the Air' coglie con nitidezza l'intreccio pericoloso fra l'era del virtuale e la necessità reale di mettere radici, fermarsi, avere qualcuno accanto, anche nel nostro mondo (e nel nostro inconscio) sempre più delocalizzato. Ne riparleremo la sera dei premi." (Fabio Ferzetti, 'Il messaggero', 18 ottobre 2009)
"Basata sullo spunto tristemente d'attualità del taglio dei posti di lavoro, la commedia trova la giusta tonalità irridente e un buon concertato dei comprimari per consentire, fra tante situazioni paradossali, al buon George una gamma di gesti ed espressioni esilaranti e stralunate. Reitman lo ha perfettamente incastrato nei vestiti standard e le abitudini fisse del quarantacinquenne Mister Ryan, di professione tagliatore di posti di lavoro, abituato a una vita di nomade di lusso tra aeroporti, alberghi e automobili a noleggio, membro di tutti i programmi frequent flyer e totalmente padrone delle proprie efficienti solitudini." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 18 ottobre 2009)
"E' ovviamente un film sulla crisi economica. Ma anche il ritratto di una società dove tutti, licenziatori e licenziati, sono tragicamente soli. Retiman lo racconta mescolando l'estetica di google.maps (splendidi i titoli di testa!) con uno spirito umanista a tratti un po' zuccheroso - ma anche con un umorismo nero che gronda da tutti i dialoghi, brillanti e benissimo recitati." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 18 ottobre 2009)
"Retiman, lavorando su una sceneggiatura (sua e di Sheldon Turner) di rara efficacia e adottando un ritmo vivace, quanto mai suasivo, ci ha dato un film importante descrivendo alla perfezione un uomo che si crede felice." (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 18 ottobre 2009)
"'Up in the Air', nuova malin-commedia con cui Reitman jr torna in concorso al festival di Roma, dopo averlo vinto con 'Juno'. Clooney, pur dietro le sue massime da filosofo da quattro soldi almeno ha l'etica necessaria, per quanto distorta, di pugnalare in pieno petto e non alle spalle questi lavoratori immolati sull'altare del profitto e dei grafici di rendita. Saliamo 'Tra le nuvole' per un tour nell'America dei licenziamenti di massa, da Omaha a Detroit, da Wichita a Tulsa, le nuove Flint, città natale di Michael Moore e primo esempio, made in General Motors, di questa strategia che ha ucciso città e generazioni. Jason Reitman, col sorriso sulle labbra e una malinconia nichilista, dopo 'Thank You for Smoking', si rimette dalla parte dei cattivi, allora erano i lobbyisti di armi, fumo e alcol, ora un eraser, uno che per mestiere licenzia migliaia di persone all'anno per industrie troppo codarde per farlo. Ci mette una punta di romanticismo amaro con l'irresistibile Vera Farmiga e la famiglia di lui trascurata, una redenzione che non porta felicità e con tutti questi ingredienti - bravo regista, o meglio cuoco: un po' di Soderbergh, un po' di Demme, tanto Clooney e qualcosa di papà - porta a casa un film piacevole e intelligente. Che ci dice, volando nei cieli, quanto siamo caduti in basso, ora che la nostra fedeltà si misura solo nelle raccolte punti." (Boris Sollazzo, 'Liberazione', 18 ottobre 2009)
"Jason Reitman porta il sorriso dentro il concorso di Roma sfruttando al meglio l'alchimia perfetta tra un attore spontaneamente simpatico come Clooney, un'ambientazione duramente realista e un tema per niente rassicurante come la solitudine delle persone. E così ho già detto una delle qualità del film, la sua capacità di parlare dell'oggi senza edulcorare la realtà, riducendo tutto a commediola, ma anche senza dover fare prediche o fervorini. (...) Ci penserà la realtà a mettere in discussione quelle che ognuno considera le proprie certezze, compreso quell'elogio del calore familiare che sembrava trionfare nel precedente film del regista e che invece si rivela una specie di arma a doppio taglio. Ribaltando quell'immagine di regista pro-life con cui qualcuno troppo affrettatamente aveva voluto incasellarlo in passato. Perché la vita è un po' più complicata di quello che vorrebbe la troppo determinata Natalie ma non può nemmeno ridursi a una gara tra chi raccoglie più bonus per frequent flyers." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 18 ottobre 2009)
"I cambiamenti mutano i personaggi. Clooney è meraviglioso, Vera Farmiga e Anna Kendrick sono brave. Il regista Reitman è autore con Sheldon Turner di una sceneggiatura scritta benissimo, scintillante di battute non soltanto brillanti. Idee: trascendere i generi, realizzare una commedia seria che accosta fatti drammatici a situazioni comiche; le sequenze veloci e perfette di preparazione dell'unico bagaglio a mano e dei passaggi al metal detector, che restituiscono la familiarità e l'appagamento del viaggiatore. E aver fatto interpretare i licenziati non da attori ma da persone comuni che davvero hanno perduto il lavoro." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 18 ottobre 2009)
"Come in 'Juno', ma in una dimensione più bollywoodiana, Reitman inserisce una storia eccentrica dentro una riflessione più ampia sulla società americana. Un milione di disoccupati solo nell'ultimo anno: questo dicono i dati. E la situazione non sembra migliorare. Dando voce e volto ai veri disoccupati nel ruolo di se stessi, 'Up in the Air' ci fa capire meglio di Michael Moore quanto sia umiliante e angoscioso ritrovarsi di colpo senza lavoro, stritolati da un sistema che ragiona solo in termini di esuberi. Insieme che racconta la storia di un uomo bizzarro, solo, senza amici, incapace di misurarsi pure con le persone che lo amano. Ci vorrà l'incontro cruciale con due donne per fargli cambiare idea sulla vita: l'una, Nathalie è una rampante ottimizzatrice aziendale che finirà col mollare quel lavoro, devastata dall'esperienza: l'altra, Alex è un'attraente omologa di Ryan, una viaggiatrice con la quale intrecciare un love-affair a distanza, fino in fondo." (Michele Anselmi, 'Il Riformista', 18 ottobre 2009)
"Gran bella commedia, con la perfetta dose di amarezza che ci vuole. Clooney finalmente non è solo un clone, un po' Cary Grant, un po' Clark Gable." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 20 ottobre 2009)
"Liberamente tratta dall'omonimo romanzo di Walter Kirn, 'Tra le nuvole' è una commedia agrodolce (già accolta con successo al festival del Film di Roma e vincitrice del Golden Globe come migliore sceneggiatura) che affronta temi di scottante attualità. (...) Jason Reitman, con il bel 'Juno' e l'accattivante 'Thank You for Smoking', ci aveva già regalato due visioni cinematografiche (e di vita) assolutamente nuove e convincenti. La missione è riuscita anche stavolta, la storia estrema è ricca di sorprese. Il talento attoriale di George Clooney, in stato di grazia, è affiancato da due attrici di grande spessore. Vera Farmiga, nei panni di una donna che riuscirà a far innamorare il protagonista, e Anna Kendrick nel ruolo della giovane goffa e nevrotica, capace per di riscattarsi. Il finale, non proprio lieto, rafforza il significato dell'intera opera, moltiplicando le emozioni." (Dina D'Isa, 'Il Tempo', 22 gennaio 2010)
"E assolutamente da non perdere 'Tra le nuvole', il miglior film americano della stagione, che prende spunto dalla realtà dei nostri giorni, per raccontare, in maniera divertente e brilllantissima, un problema molto serio: la crisi economica." (Franco Montini, 'la Repubblica', 21 gennaio 2010)
"Uno dei tanti meriti di quel gran bel film, intelligente, divertente, amaro e massimamente attuale che è 'Tra le nuvole' (Golden Globe per la sceneggiatura, troppo poco), del geniale regista Jason Reitman (quello del cinico 'Thank You for Smoking' e del dolcissimo 'Juno'), è di aver scelto un gruppo di licenziati veri di S. Louis e di Detroit nel momento in cui viene loro comunicato, ad uno ad uno, all'improvviso, "Il suo posto non è più disponibile, raccolga le sue cose e se ne vada". (...) Tra la ragazzina Kendrick e la donna Formiga, brilla quest'ultima per sapienza femminile e inafferabilità misteriosa: è di quelle che non chiedono nulla, anzi quando lui starebbe per chiedere, lei si fa reticente. La vita non è un'evasione, l'amore non è una parentesi, almeno per uno dei due: o per tutti e due. Le scene degli aeroporti paiono fiabesche, in tempi in cui la paura del terrorismo ha reso faticosi, interminabii, insopportabili tutti gli inevitabili controlli e le interminabili code: si prova invidia per quel Clooney che solo mesi fa, con un solo gesto di una sola carta speciale, passa veloce dalle barriere vip salutato dalle hostess grate di un suo sorriso; e che conosce tutte le regole per evitare code sbagliate con la sua valigetta a mano che contiene tutto il suo mondo." (Natalia Aspesi, 'la Repubblica', 20 gennaio 2010)
"Non siamo iscritti al partito di George Clooney, perché il divo ci è sempre sembrato discreto più che ottimo e anche un po' gigione. Bisogna dire, però, che in 'Tra le nuvole' è davvero la reincarnazione dei grandi commedianti all'antica hollywoodiana, un Cary Grant ai tempi della crisi economica che si produce agli ordini del giovane Jason Reitman ('Juno') in un show godibilissimo di situazioni stralunate, dialoghi millimetrici e profili umani di perfida credibilità. E' dunque meglio non riportare per filo e per segno la trama, tratta da un romanzo di Walter Kirn, proprio perché il film funziona nell'alchimia che si crea tra la spumeggiante idea di regia e la morale della favola tutt'altro che indolore. (...) Reitman lavora su un copione liscio come l'olio, il suo sguardo è acre, ma non moralistico e la cura con la quale gestisce tempi e piani d'inquadratura è maniacale come quella applicata dal protagonista alla propria vita. La cui curiosa non-essenza - che vedrà spuntare come nei classici della commedia una donna come elemento prima perturbante e poi catartico - illumina agli occhi dello spettatore il dna di quella parte della società convinta di potere dominare l'intera gamma di sentimenti e sensazioni con l'efficienza professionale, il rispetto delle regole, la prontezza dell'osservazione. Decisivo è, in questo senso, lo standard d'attenzione che Clooney riserva tanto al proprio abbigliamento e al trolley da viaggio quanto alle relazioni con la famiglia o con l'amante: se le problematiche contemporanee non sono risolvibili con gli slogan, è altrettanto chiaro che non si dovrebbe mai prescindere dalla qualità dei rapporti istituiti con gli intimi od occasionali interlocutori. Si tratta, come si sarà capito, di una parabola pungente sui rapporti di forza tra individui e collettività, single e accoppiati, uomini e caporali; di una favola di Esopo adattata all'etica dei colletti bianchi; dove, per rendere il tutto mobile, fluido e letteralmente inarrestabile, lo scenario principale è costituito da quegli splendidi e ingannevoli non-luoghi che sono gli aeroporti. La brillantezza di 'Tra le nuvole' è così assicurata dall'equilibrio tra meccanismo sarcastico e retrogusto malinconico, finezza di riproduzione e pudore di riflessione; oltre che, s'intende, dalla disinvoltura delle attrici che contornano il fascinoso Clooney, dall'insolita Vera Farmiga alla tosta Anna Kendrick." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 22 gennaio 2010)
"Avviato a ricevere un pacchetto dei principali Oscar, 'Tra le nuvole' del canadese Jason Reitman è stato il miglior film dell'ultimo Festival di Roma, con un tal divario di brio e malinconia rispetto agli altri da giustificare di per sé la rassegna, anche in quest'anno di penuria. Il regista di 'Tra le nuvole' è del resto lo stesso di 'Juno', che a Roma vinse tre anni fa, a conferma che ogni autore trova il suo festival; e che il suo festival se lo coccola. Ma Reitman è anche il regista di 'Thank You for Smoking', che è l'archetipo di 'Tra le nuvole'. Punta cioè di nuovo sull'umorismo involontario (il migliore) nella vita d'azienda (la peggiore). Al cinema americano non manca la capacità di far ridere e i suoi sceneggiatori hanno anche, come lo avevano quelli italiani di una volta, la capacità di far pensare, ridendo. Ma quest'ultima dote è ormai considerata un difetto a Hollywood, proprio come accade nelle tv in Italia. Le persone che le tv italiane ignorano per principio - perché intelligenti e magari colte, quindi poco manipolabili - dovrebbero passar parola: c'è ancora qualche spazio per le nuove minoranze oppresse. Onore, dunque, ancora una volta, a George Clooney, che infine ha imparato a scegliere tra i film minori (come investimento produttivo) nei quali si può credere. E stavolta non si limita a fare il comprimario, come nel già apprezzabile 'L'uomo che guardava le capre': qui è protagonista e che protagonista, simile più ai personaggi di Cary Grant che a quelli di Clark Gable; un Cary Grant odierno, più pratico che distinto, più gelido che scettico, più solo che solitario." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 22 gennaio 2010)
"Negli ultimi mesi abbiamo sentito parlare di commedia garbata, commedia malinconica, commedia pecoreccia, commedia matura, commedia alla livornese. Normale: a un film che non fa ridere il dibattito fornisce l'imbragatura di sicurezza per cavarsela comunque senza danni. Ai film che fanno ridere come questo, diretto dal regista di 'Juno' e 'Thank You for Smoking' il dibattito non serve. Neanche quando verte sui disoccupati, che in 'Tra le nuvole' sono stati presi dalla strada (quasi tutti, Jason Reitman non ha il cuore tanto grande da compromettere il film: quando serve un attore, prende Zach Galifianakis), fingendo di girare un documentario. Uomini e donne che risposero all'annuncio furono sistemati davanti a una macchina da presa, con l'invito a dire liberamente quel che avrebbero voluto dire al momento fatidico. Messa in questi termini, la retorica sui disoccupati veri fatti lavorare nel film si sgonfia un po', ma non è colpa nostra se le cose sono andate così. Per i film che fanno ridere il dibattito non serve, basta qualche accenno alle battute o alle situazioni. «Hai presente quando la guardi negli occhi e tutto il resto scompare? Io no», risponde George Clooney ai piazzisti dell'amore vero. Porta in giro una sagoma che ritrae due fidanzati: la sorella e il futuro cognato, da fotografare (come una volta usava fare con i nanetti da giardino rapiti ai proprietari) nei più vari aeroporti americani. Compito adatto a uno che gira l'America licenziando per conto terzi e quando torna a casa gli manca tutto." ('Il Foglio', 23 gennaio 2010)
"L'approccio del cinema alla recente crisi economica americana può avere il volto affilato e sarcastico di Michael Moore con 'Capitalism: A Love Story' ma anche quello riflessivo e amaramente divertente di George Clooney. Il divo americano è infatti protagonista di 'Tra le nuvole' ('Up in the air', in originale) (...) La riscossa delle relazioni umane su quelle lavorative non è nuova ma il film la ripropone nelle cadenze tipiche della commedia americana impegnata e insieme brillante. Da dialoghi solo all'apparenza superficiali nasce un confronto generazionale opportuno e aperto, possibile inizio di rapporti pi profondi. Presentato fuori concorso al festival di Roma 2009, il film affronta argomenti seri senza pedanteria. E George Clooney ci mette il suo viso sempre pulito, da americano medio in cerca di miglioramenti." (Massimo Giraldi, 'Avvenire Roma Sette', 24 gennaio 2010)
"Con 'Tra le nuvole' Clooney ha potuto mostrare le molte facce del suo talento, recitando un personaggio assai simile all' immagine mediatica che abbiamo di lui, ma molto più amaro e introspettivo di quanto quell' immagine non faccia sospettare. Il film è diretto da Jason Reitman, già regista di 'Thank you for smoking' e di 'Juno', un esperto nel parlare degli Stati Uniti in modo controverso e provocatorio. I suoi eroi sono persone che Hollywood non metterebbe mai al centro della storia, almeno non dalla parte dei buoni: un lobbista dell'industria del tabacco, un'adolescente incinta (e non vittimista), e adesso un tagliatore di teste. E i suoi film hanno la carica eversiva e i dialoghi intelligenti del cinema indipendente americano, nonostante la confezione e i mezzi siano hollywoodiani. Ricordiamo che Reitman è figlio d'arte: suo padre Ivan è il regista di 'Ghostbusters' e del divino 'Stripes', e ha fatto parte di quel gruppo di registi americani (come John Landis, come Harold Ramis) che, all'interno del genere commedia demenziale , hanno saputo inserire una sottile satira politica e sociale. Jason è il degno erede del padre, e si spinge ancora più lontano. Tra le nuvole infatti spazia attraverso vari generi, dalla commedia romantica al dramma esistenziale, dalla parodia del mondo del business al trattato di psicologia maschile: ma soprattutto è un modo originalissimo di raccontare l'attuale crisi economica degli Stati Uniti, la crescita della disoccupazione e la disperazione dei neodisoccupati (importante anche il fatto che a interpretare gli ex dipendenti fatti fuori da Ryan, il tagliatore di teste interpretato da Clooney, sono non- attori che nella vita sono stati davvero licenziati in tronco). Per questo, nella colonna sonora, c'è 'This land is your land' di Woody Guthrie (il bardo della Grande Depressione) come amaro commentario, a ricordarci che questo non è solo 'entertainment'. (...) La sceneggiatura di 'Tra le nuvole' (che infatti il Golden Globe l'ha vinto) è stratificata, i dialoghi sono talvolta spassosi e talvolta profondi, la storia entra ed esce dagli stereotipi con grande agilità, e il montaggio è veloce come si conviene alla vicenda di un uomo che ha una gran paura di fermarsi («più lento ti muovi, più veloce cominci a morire»). Ma il film, lo ripetiamo, è George: non solo perché il personaggio di quasi cinquantenne che fatica a trovare una stabilità emotiva ricorda da vicino la biografia dell'attore, ma anche perché solo Cary Grant, ai suoi tempi, avrebbe potuto cogliere, come fa Clooney, l'eleganza malinconica e il glamour autoironico del personaggio di Ryan, il suo charme marpionesco e la sua cattiva coscienza. L'interpretazione di Clooney sta sempre in bilico (il titolo originale era 'Up in the air', che vuoi dire anche 'in sospeso') fra commedia e dramma, fra sfacciataggine e pudore, fra ingenuità e sapienza. E grazie a George, alla sceneggiatura e alla regia fluida di Reitman, 'Tra le nuvole' riesce ad essere un film da grande pubblico ma anche di qualità, di quelli che ti fanno divertire ma anche riflettere, e a lungo. Clooney si è messo a nudo in modo anche più interessante che se si fosse letteralmente spogliato (anche perché il tempo passa per tutti...) e si è donato a questo ruolo con un'assenza di vanità e una capacità di autocritica davvero rara, in un divo di Hollywood, benché 'sui generis'." (Paola Casella, 'Europa', 23 Gennaio 2010)