TIR

3/5
Alberto Fasulo e il camionista Branko in giro per l'Europa: in Concorso, con le ruote sgonfie

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ITALIA 2013
Branko, un ex professore di Rijeka, per guadagnare di più da alcuni mesi lavora come camionista per un'azienda italiana. L'uomo trascorre la maggior parte del suo tempo lontano da casa, a bordo di un camion, percorrendo il "Corridoio 5" per trasportare merci da un capo all'altro dell'Europa. Il suo è un universo fatto di autogrill, caselli, interporti e chilometri di asfalto. Sotto ai suoi occhi sfilano città e sconfinate varietà di paesaggi; la sua vita è segnata da incontri imprevisti, originali, spiazzanti, capaci di scardinare le aspettative dei rapporti e svelarci l'umanità nascosta dietro a una strana tribù di nomadi moderni: i camionisti, metafora di una comunità europea in cui le scelte di vita individuali (spesso difficili, estreme, al limite della sopravvivenza) rivelano in modo drammatico le contraddizioni intrinseche ad una società di consumo di cui questa tribù costituisce l'asse distributivo fondamentale.
SCHEDA FILM

Regia: Alberto Fasulo

Attori: Branko Zavrsan - Branko, Lucka Pockja - Isa, Marijan Sestak - Maki

Soggetto: Alberto Fasulo, Enrico Vecchi

Sceneggiatura: Enrico Vecchi, Carlo Arciero, Branko Zavrsan, Alberto Fasulo

Fotografia: Alberto Fasulo

Musiche: Riccardo Spagnol

Montaggio: Johannes Nakajima

Suono: Luca Bertolin - presa diretta, Igor Francescutti - presa diretta

Altri titoli:

TIR - Corridor 5

TIR - Corridoio 5

Durata: 85

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Produzione: NADIA TREVISAN E ALBERTO FASULO PER NEFERTITI FILM, IN COPRODUZIONE CON IRENA MARKOVIC PER FOCUS MEDIA, IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA

Distribuzione: TUCKER FILM (2014)

Data uscita: 2014-02-27

TRAILER
NOTE
- PREMIO SOLINAS 2010 PER LA SCENEGGIATURA IN COLLABORAZIONE CON APOLLO 11

- FILM REALIZZATO CON IL SOSTEGNO DI: FONDO PER L'AUDIOVISIVO DEL FRIULI-VENEZIA GIULIA, PIEMONTE DOC FILM FUND-FONDO REGIONALE PER IL DOCUMENTARIO, FRIULI-VENEZIA GIULIA FILM COMMISSION, FILM COMMISSION VALLÉE D'AOSTE, BLS BUSINESS LOCATION SÜDTIROL ALTO ADIGE, CROATIAN AUDIOVISUAL CENTRE. FILM REALIZZATO ANCHE GRAZIE ALL'UTILIZZO DEL CREDITO D'IMPOSTA PREVISTO DALLA LEGGE 24.12.2007 N.244.

- MARC'AURELIO D'ORO PER IL MIGLIOR FILM E PREMIO AMC MIGLIOR MONTAGGIO ALLA VIII EDIZIONE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA (2013).
CRITICA
"Documentario d'intenzione, in realtà recitato da un attore, con un soggetto che prolunga la vita di un autista sradicato ma non vi coincide. La disputa tra vero e verosimile è alla base di 'Tir' di Fasulo di cui protagonista è la solitudine, in veste di fenomenologia del quotidiano di un camion «bestione» in cui il lavoro rende liberi e schiavi. Scenografia sociale del desolato traffico metropolitano con svincoli morali e stradali." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 27 febbraio 2014)

"'Tir' di Alberto Fasulo ha vinto come miglior film l'ultima edizione del festival di Roma. E' un ibrido, un documentario ma costruito, scritto, recitato. Al centro c'è la personalità di Branko che è croato di Fiume e ha lasciato il lavoro di insegnante - e la famiglia: la moglie anche lei insegnante, il figlio sposato e a sua volta padre - per girare l'Europa come camionista. (...) Monotono. E' vero, d'accordo. Vera la percezione di un'Europa unita ma al suo interno divisa da insanabili disuguaglianze. Vero il personaggio di Branko, mite e umano. Ma non convince la tendenza a considerare con pari dignità e rilievo doc e fiction." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 27 febbraio 2014)

"Ancora 'on the road', ma senza maledettismi, senza canne e poesia: il viaggio è pragmatico, coatto. Né maggiolino, né transporter, ma un anonimo TIR, un bestione della strada, a tracciare una X sull'Europa che non c'è: dalla Svezia a Roma, da Siviglia a Budapest. In cabina, giorno e notte per quattro mesi, sono in due: il regista friulano, classe 1976, Alberto Fasulo e l'attore Branko Zavrsan, già in 'No Man's Land'. Il titolo è denotazione pura: 'TIR'. (...) perché un attore e non un vero camionista, ovvero, qual è lo status ontologico (s'intende, vale anche per 'Sacro GRA') del film, finzione o documentario? La sceneggiatura aveva vinto il Premio Solinas nel 2010, per 'l'intelligenza nell'interrogare il nostro tempo e la definizione di identità erranti in un'Europa dai confini porosi', ma Fasulo ha poi dovuto abbandonare la rotta dell'intenso documentario: perché? «Non volevo offendere il camionista con cui ho passato 12 mesi, il croato Zeljko, che mi aveva confessato: 'Mi mancano due anni, mi servono per far studiare mia figlia, e poi questi diciotto che ho passato alla guida li metto in un sacchetto nero e li butto via'. Non avevo scelto un camionista eroe, figo, bensì un ex professore di matematica, travolto dalla guerra e finito al volante per mera necessità». Diconsi soldi: 400 euro ex cathedra, 1200-1300 sulla strada, vuoi mettere? Fasulo rimane fedele alla sua storia, ma non potendo avere Zeljko chiede a Branko di impersonarlo: tocca a lui portare in cabina quel vissuto e riviverlo in prima persona sofferta, massacrata. (...) 'Una camera iperbarica', quella cabina, dove Fasulo insuffla considerazioni antropologiche, ma esclude la facile denuncia: alienazione, si sarebbe detto decenni fa, e vale ancora. Lavori come un mulo e non vedi mai quelli per cui lavori: i tuoi cari. Fasulo la dice così, in realtà, 'TIR' fa di più: dà una spiegazione industriale, su gomma, di quel che succede oggi 2.0, perché la meta è ancora il viaggio, ma nel senso che Branko - e il regista stesso - sono povere unità d'informazione sballottate tra un server-magazzino e l'altro, ovvero, conta da dove partono e dove arrivano, mentre quel che trasportano - e quel che sono - cade in secondo piano. Vite come bytes, logistica senza logica, e sopra tutto il TIR, contenitore indifferente al contenuto, in primis quello umano: la metonimia piega e asservisce tra le lamiere. Non è facile entrare nel film, ma ancor più uscirne: una sola panoramica, tutto il resto è rettilineo, motu proprio, e con regia piana, per sottrazione Fasulo si mette in coda. Aveva esordito nel 2008 con l'ottimo doc 'Rumore bianco', qui trova il rumore grigio: sordo e indifferenziato, schiavo e ineluttabile. Maledetto quel paese che, soldi alla mano, ha più bisogno di camionisti che di insegnanti: vale per l'Europa, e ancor più per l'Italia." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 27 febbraio 2014)

"Uscireste di casa per andare a vedere un camionista che si lava (a lungo) le ascelle e (più sommariamente) i piedi? La docufiction del temerario friulano Alberto Fasulo, raccontale peripezie di un ex prof croato di mezza età, tale Branko. Guadagna tre volte di più alla guida di un Tir che in cattedra. Mangia, parla al telefonino, anche mentre guida, dorme, su e giù per l'Europa. E chissenefrega. Eppure un filmino così ha vinto l'ultimo Festival di Roma. Chissà gli altri." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 27 febbraio 2014)

"'Tir' di Alberto Fasulo, atteso come la «risposta» di Roma al 'Sacro GRA' di Venezia, ha deluso. I suoi limiti, però, offrono comunque l'occasione per riflettere sul tema del neo-documentario e sul legame tra cinema e realtà. Momento centrale dell'essenza cinematografica, il rapporto col reale è tornato ad appassionare i registi da quando l'economicità dei mezzi digitali e un rinato interesse per il genere «doc» hanno riportato d'attualità un cinema che sembrava destinato a rimanere per pochi. Fasulo, che si era fatto conoscere con 'Rumore bianco' (praticamente un documentario sul Tagliamento), sceglie qui di raccontare la vita quotidiana degli autisti di Tir. Piazza la sua macchina da presa dentro una cabina di pilotaggio e registra la vita quotidiana del croato Branko: le telefonate con la centrale operativa, con la moglie, col figlio; le soste per riposare, per mangiare, per lavarsi; i problemi di lavoro, di organizzazione sindacale, di soldi. C'è tutto ma in fondo non c'è niente: scartato un qualche filo narrativo, il film si affida solo al montaggio per unire i vari momenti ma questo non basta per far emergere la «realtà». Sullo schermo è come se passasse il «promemoria» dei fatti ma manca il senso, la profondità, quello che una volta si chiamava il «retroterra culturale». Non basta girare come i Dardenne per fare un film interessante perché a muovere i personaggi delle loro storie c'erano tensioni e dilemmi morali che interrogavano lo spettatore, mentre in 'Tir' sembra di trovarsi di fronte solo all'elenco dei possibili problemi di quei personaggi (oltre al fatto che Fasulo è ricorso a un attore per far interpretare il suo camionista, il che automaticamente inficia ogni pretesa di «verità»)." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 16 novembre 2013)

"Tutto è cominciato quando Alberto Fasulo, documentarista friulano, ha perso un treno ed è stato costretto a fare l'autostop e a viaggiare su un tir. E' così che ha scoperto come la cabina di un camion possa trasformarsi in un vero microcosmo quasi del tutto autonomo. Dopo oltre quattro anni di ricerche e scrittura e quattro mesi di preparazione, ha deciso di realizzare un film, 'Tir' (...), su un camionista in giro per le strade d'Europa, che vive in una condizione di isolamento dal mondo esterno accettando i ritmi di un lavoro massacrante che gli consente però di guadagnare il triplo rispetto allo stipendio di insegnante che percepiva prima. E mentre viaggia, caricando e scaricando merce, affronta al telefono con la moglie i quotidiani problemi della sua famiglia. Per la prima volta al lavoro con gli attori, Fasulo ha affidato il ruolo del protagonista all'attore sloveno Branko Zavrsan, che per l'occasione ha preso la patente di camionista ed è stato assunto a tempo determinato da una ditta italiana di trasporto: ha percorso circa trentamila chilometri. Obiettivo del film, dove il confine tra realtà e finzione è assai labile e dove i momenti di messa in scena restano quasi invisibili, è quello di riflettere sulla crisi economica ma anche esistenziale di chi, per assicurare un futuro alla propria famiglia, è costretto a starle lontano. Ambizioso nel suo approccio, rigoroso, alla realtà che racconta, il film però concede poco allo spettatore e in questo viaggio rarefatto e spesso metaforico le emozioni restano non di rado parcheggiate insieme ai camion." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 16 novembre 2013)

"Dopo 'Sacro GRA', Leone d'Oro a Venezia, ribolle l'asfalto della strada al festival di Roma. (...) 'Tir' di Alberto Fasulo, regista friulano affezionato ai documentari on the road. La strada, in questa produzione italo-croata, diventa un pretesto per raccontare la storia di Branko (Branko Zavrsan), improvvisatosi camionista dopo aver fatto l'insegnante a Rijeka. Trasportando merci da una parte all'altra d'Europa, sempre col piede sull'acceleratore, l'inquieto protagonista guadagna tre volte più di prima, ma com'è ovvio, tutto ha un prezzo. Nelle orecchie gira il tormento del motore, negli occhi il grigio della percorrenza, mentre gli spettatori vivono la vita del camionista in diretta, dalla sua claustrofobica cabina di guida. Così, le telefonate alla moglie lontana rimandano l'altra vita, quella familiare che non si vede sullo schermo, ma si ricostruisce tramite le conversazioni di Branko. In mezzo, turni di lavoro massacranti, consegne da rispettare e un viaggio interminabile. «Ancor prima che un film su un camionista, questo è un film su un paradosso. Quello di un lavoro che ti porta a vivere lontano dalle persone care per cui, in fondo, stai lavorando», spiega Fasulo, che ci ha messo quattro anni a scrivere la sceneggiatura del suo drammatico film. Dei tre film italiani in concorso, 'Tir' sembra il più singolare, con la sua pretesa di rappresentare una metafora della vita contemporanea. E' infatti l'ex-professore a dover nobilitare un lavoro alienante come pochi, a forza di buona volontà." (Cinzia Romani, 'Il Giornale', 16 novembre 2013)

"Anche se c'è di mezzo un camion, non aspettatevi 'Duel' e nemmeno 'Nel corso del tempo'. In quest'ultimo capolavoro in bianco e nero di Wim Wenders, Rudiger Vogler percorreva in camion il confine tra le Germanie (erano gli anni '70, ce n'erano ancora due) ma il suo viaggio comunicava una visione del mondo. Oggi, pare che le visioni del mondo siano terminate: le persone - e anche i personaggi dei film - sembrano troppo impegnate a sopravvivere. Si prova grande simpatia umana per Branko, si capisce che è una bravissima persona, ma dopo un po' fa capolino la noia e il tono documentaristico del film, da scelta stilistica, diventa vezzo e difetto. Alberto Fasulo è un friulano di San Vito al Tagliamento, autore qualche anno fa di un documentario bellissimo sul suo fiume natio, 'Rumore bianco'. Innestare squarci di finzione, per altro molto deboli, su uno sguardo aderente al reale non sempre funziona." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 16 novembre 2013)

"'Tir' si colloca (...) sul bordo di quella distinzione - fin troppo pretestuosa - tra «realtà» e «finzione». Ed è anche la conferma di un cinema italiano resistente, che sta crescendo fuori dalla dimensione più convenzionale, e riesce così a trasformare l'indipedenza produttiva del basso costo (Fasulo lo ha prodotto con la sua Nefertiti Film) in un allenamento prezioso per la testa e per lo sguardo. (...) 'Rumore bianco', il film (molto potente) che ha rivelato il regista, era un viaggio sul Tagliamento lungo il quale Fasulo, che è friulano, componeva l'affresco corale di un presente in contrasto con la propria memoria. Era anche un film sulla lingua, e sui suoni, tutti aspetti che si ritrovano, seppure in modo differente, in questo. Anche 'Tir' infatti è viaggio esistenziale - e girato per lo più non in italiano - un road movie nel senso più alto, le cui atmosfere definiscono un punto di vista sul mondo tutto da ricostruire. E i frammenti non sono più facilmente collegabili, ma si presentano come parti avulse, disomogenee, persino non comunicanti. Non c'è un orizzonte infinito di miti e di eroi sulla strada di Branko, e lui ci appare piuttosto come un recluso, separato dalla realtà che scorre fuori dal vetro della sua cabina. (...) Fasulo rimane con la sua macchina da presa insieme a Branko che è un attore (Branko Zavrsan, lo abbiamo visto in 'No Man's Land') e nel film «diviene» un camionista. Ma ancora una volta poco importa, perché il confine oltre il genere praticato dal regista permette una narrazione vera e in profondità. Nell'abitacolo del tir ci sono lampi di un privato sensibile, anche se sostanzialmente di Branko e di Maki non sappiamo quasi nulla, soltanto le parole, o gli sfoghi, legati al loro fare. (...) Non è però la retorica del sentimentalismo che cerca Fasulo, e in questo senso 'Tir' (...) non è la storia di un camionista. La dimensione fisica senza identità, attraversata dal film, diviene piuttosto il racconto del nostro tempo: cosa vuol, dire essere sfruttati, e accettarlo perché è quello che si è deciso di fare. Essere guardati male perché più schiavi degli altri. (...) Precariato, schiavitù del corpo, perdita dei diritto del lavoro e della complicità di classe: in quel minuscolo spazio si manifesta il conflitto del contemporaneo tradotto in una narrazione cinematografica, e in un personaggio che non incarna nessuna delle categorie predilette oggi dal cinema del reale per mostrarlo. Potremmo essere ovunque e da nessuna parte, ma non è questo il senso della globalizzazione? Fasulo traduce il suo «falso movimento» in un vero movimento cinematografico, che ci dice di avere davanti un regista, la cui capacità è spiazzare il nostro sguardo chiedendogli di riposizionarsi. Il flusso della vita (grazie al complice montaggio di Johannes Hiroshi Nakajima) è lì, nelle luci distratte di posti che non riusciamo a definire, in una sorta di sfida dove non si vince nulla. Nell'immagine di un cinema che sa reinventare se stesso." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 16 novembre 2013)