TRAMA BREVE
Basato sul classico romanzo omonimo di fantascienza di H.G. Wells è la storia di uno scienziato e inventore, Alessandro Hartdegen, determinato a provare che è possibile viaggiare nel tempo. La sua tenacia si trasforma in disperazione in seguito ad una tragedia personale che lo porta a voler cambiare il passato. Verificando le sue teorie con una macchina del tempo di sua invenzione si trova, invece, proiettato avanti di 800.000 anni nel futuro quando gli uomini sono divisi in cacciatori e prede.
TRAMA LUNGA
Alexander Hartdegen, scienziato e inventore di fine '800, è convinto della possibilità di poter viaggiare nel tempo. La morte accidentale della fidanzata Emma lo spinge a costruire una macchina adatta allo scopo. Dopo quattro anni, tutto sembra pronto, Alex torna indietro ma anche stavolta Emma, sia pure in circostanze diverse, muore per una banale fatalità. Vista l'impossibilità di cambiare il passato, Alex decide allora di viaggiare nel futuro. Prima si ferma agli inizi del terzo millennio, quando la cultura è affidata alle enciclopedie virtuali, poi approda al 2037 e scopre che, per colpa degli uomini, la luna ha cominciato a sgretolarsi sulla terra con effetti disastrosi. Rimasto egli stesso ferito dai frammenti lunari, Alex continua il viaggio e fa un passo in avanti di 800.000 anni. Si trova allora davanti una società divisa in due razze chiaramente distinte: sulla terra abitano i primitivi ma pacifici Eloi, dalle fattezze umane, mentre nel sottosuolo ci sono i mostruosi cannibali Morlock. Accolto tra gli Eloi, Alex diventa amico della giovane Mara e del fratellino di lei Kalen. Quando Mara viene catturata dai Morlock, Alex scende nel loro covo per salvarla, combatte col capo e ha la meglio su di lui. Per eliminare poi tutti i Morlock, Alex utilizza l'energia della sua macchina del tempo, che in questo modo viene distrutta. Alex rimane così tra gli Eloi accanto all'amata Mara, mentre il suo collega e la sua governante, rimasti alla fine dell'800, si rassegnano al fatto che egli non farà più ritorno e sperano comunque che abbia trovato una nuova casa.
SCHEDA FILM
Regia: Simon Wells
Attori: Guy Pearce - Alexander Hartdegen, Jeremy Irons - Uber Morlock, Samantha Mumba - Mara, Orlando Jones - Vox, Mark Addy - Dr. David Philby, Sienna Guillory - Emma, Phyllida Law - Signora Watchit, Omero Mumba - Kalen, Yancey Arias - Toren, Richard Cetrone - Cacciatore Moorlock, Josh Stamberg - J. P. Fitzroy
Sceneggiatura: John Logan
Fotografia: Donald M. McAlpine
Musiche: Klaus Badelt
Montaggio: Wayne Wahrman
Scenografia: Oliver Scholl
Costumi: Deena Appel
Effetti: Industrial Light & Magic (ILM), Cinesite, Matt Sweeney, Digital Domain, Illusion Arts Inc.
Durata: 96
Colore: C
Genere: AVVENTURA FANTASCIENZA
Tratto da: RACCONTO OMONIMO DI HERBERT GEORGE WELLS
Produzione: WALTER F. PARKES, DAVID VALDES - DREAMWORKS SKG - WARNER BROS.
Distribuzione: WARNER BROS ITALIA (2002)
Data uscita: 2002-03-28
NOTE
COSTUMI: DEENA APPEL.
REMAKE DEL FILM "L'UOMO CHE VISSE NEL FUTURO" (1960) REGIA DI GEORGE PAL E SCENEGGIATURA DI DAVID DUNCAN.
CRITICA
"La cosa più azzeccata - i manichini che si vestono e si svestono rapidissimamente, scandendo i passaggi d'epoca col cambiare della moda - è rubata alla versione 1960 del romanzo, diretta da George Pal e migliore di quella nuova, malgrado i trucchi ovviamente più 'ingenui'. Qui si fa sfoggio di mezzi, fondali in matte-painting e trucchi digitali; ma tutto è un po' leccato, come un dépliant turistico del futuro. Il che non toglie del tutto al film il suo gusto vecchia-maniera, come una patina del tempo abbastanza piacevole". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 2 aprile 2002)a Repubblica', 2 aprile 2002)
"L´inizio nella cornice invernale della New York fine secolo faceva sperare che il film, diretto da Simon Wells, bis nipote dello scrittore, evolvesse in modo più originale. Tuttavia i marchi abbinati Dreamworks e Warner Bros assicurano valori produttivi ed effetti speciali di qualità. In particolare suggestivo il vorticoso svolgersi delle stagioni, degli anni, dei secoli, con alternarsi di glaciazioni e desertificazioni; ed è carismatica l´apparizione di Jeremy Irons in veste di capo dei Morlock, decadente icona dal viso e dai capelli bianco gessati". (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 30 marzo 2002)
"E' (ancora una volta) il capolavoro mancato dal romanzo di Wells, ma lascia ai tentativi posteri un'eredità visiva da sviluppare, una volta archiviati, per esempio, L'uomo che visse nel futuro e la serie con Michael J. Fox. La proiezione nel futuro, a circa 800mila anni dal nostro presente, dopo la frattura della Luna e una nuova glaciazione, combina 'Metropolis' e 'Mad Max', con sfondo New Age, e trasforma l'avventura nei millenni in una sfida tra bande. Al timone del progetto c'è il nipote del grande scrittore inglese, che sposta l'esordio dell'azione da Londra a New York dove uno scienziato che ha perso la promessa sposa in un incidente sfrutta l'ideazione della macchina per tentare di cambiare il passato. Domanda matematica e filosofica che accompagna il film, ma che non resta sospesa e misterica in qualche invenzione potente, come riuscì a Kubrick con l'Odissea. La vera macchina del tempo esiste, e si chiama cinema. Bisogna saperla usare". (Silvio Danese, 'Il Giorno', 4 aprile 2002)
"Gli avvenimenti sono gli stessi del racconto di Wells, ma il cinema ha bisogno di mostri: la contrapposizione tra buoni e cattivi nella vicenda originale vedeva una classe socialmente elevata e debole, sottomessa al proletariato costretto a vivere sotto terra come in certi racconti di Dickens. Per chi ama le metafore, in Wells trovava pane per i suoi denti. Nel film diretto da suo nipote (!), Simon Wells, c'è un surplus di fantasy. (...) L'ossuto Guy Pearce, attore australiano interprete di 'Memento' e 'L. A. Confidential', non è un mostro di simpatia, quanta invece ne emana la pellicola, svelta, spettacolare, adatta ad ogni pubblico. In pochi fotogrammi si consuma l'omaggio alla pellicola precedente: appare nel ruolo di un fioraio l'attempato Alan Young, l'amabile amico di George, eroe di 'L'uomo che visse nel futuro'". (Adriano De Carlo, 'Il Giornale', 7 aprile 2002)