L'ascesa e caduta di John Wilmot, meglio noto come Conte di Rochester, poeta satirico del XVII Secolo, amico e confidente di re Carlo II, nonostante che il suo pungente umorismo sovversivo avesse come bersaglio principale i reali inglesi. In un'epoca in cui si stavano facendo rapidi progressi nel campo della scienza, della letteratura e delle arti, il Conte scandalizzò la buona società londinese per i suoi poemi audaci, il suo stile di vita lascivo e le sue prodezze sessuali. A mettere in discussione la sua posizione a corte fu l'amore per l'attrice Elizabeth Barry, che lui sperava di far assurgere a stella del teatro inglese. La loro relazione e il successivo tradimento, lo fecero passare dai fasti e lussi dell'alta società, agli abissi della rovina, dove cercò la sua redenzione finale.
SCHEDA FILM
Regia: Laurence Dunmore
Attori: Johnny Depp - Conte Di Rochester, Samantha Morton - Elizabeth Barry, John Malkovich - Re Carlo Ii, Rosamund Pike - Elizabeth Malet, Tom Hollander - George Etherege, Johnny Vegas - Charles Sackville, Kelly Reilly - Jane, Jack Davenport - Harris, Richard Coyle - Alcock, Francesca Annis - Contessa, Rupert Friend - Billy Downs, Laurence Spellman - Peter Pauperton, Maimie McCoy - Agnes Jessop, Shane MacGowan - Bardo, Habib Nasib Nader - Ignatious Brown, Cara Horgan - Poppy Brightly
Soggetto: Stephen Jeffreys
Sceneggiatura: Stephen Jeffreys
Fotografia: Alexander Melman
Musiche: Michael Nyman
Montaggio: Jill Bilcock
Scenografia: Ben van Os
Costumi: Dien van Straalen
Effetti: Edward Smith, Rob Tucker, Steve Parsons
Altri titoli:
Il libertino
Durata: 110
Colore: C
Genere: DRAMMATICO STORICO
Tratto da: opera teatrale omonima di Stephen Jeffreys
Produzione: JOHN MALKOVICH PER MR. MUDD, ISLE OF MAN FILM COMMISSION, FIRST CHOICE FILMS 2004, ISLE OF MAN FILM LTD.
Distribuzione: MEDIAFILM (2006)
Data uscita: 2006-02-10
TRAILER
CRITICA
"Non voglio piacervi, non vi piacerò dice al pubblico Johnny Depp nel prologo del film morboso e morbido di Dunmore. Si sbaglia. Ci piace moltissimo. (....) Depp è magico, richiama in servizio il folle che fu, e il film è sinuoso, complice col teatro, ci trapassa l' inconscio in una Londra lussuriosa e fangosa, notturna o illuminata a candela, dove nessuno è così potente da salvarsi da se stesso." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 10 febbraio 2006)
"Peccato che una regia incerta e mediocre renda 'The Libertine' alquanto schizofrenico: dialoghi sboccatissimi e stile da educanda; balletti con falli e vagine giganti, e campi/controcampi da sceneggiato tv. Mentre Johnny Depp, nel finale sfigurato dalla sifilide e dal make up (pustole, naso d'argento, parrucche), si fa rubare la scena dal misuratissimo, micidiale Malkovich (il re) e dalla dolce Samantha Morton, amante di Rochester e regina delle scene inglesi nel '600. Anche perché il vero tema del film non è l'autodistruzione ma il rapporto fra arte e potere, politica e palcoscenico, dono di sé e gusto del comando. Troppo forse per un regista che non sia Fellini o almeno Terry Gilliam." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 10 febbraio 2006)
"La filosofia del libertinaggio nel Seicento-Settecento, l'apologia di una vita spericolata, l'esaltazione del sesso come veicolo di contestazione del perbenismo e del moralismo richiedono in genere - e nel cinema ancora di più - per acquistare forza significante una incisiva aderenza psicofisica e quel quid espressivo in più. Chi meglio di Johnny Depp - dopo alcuni illustri precedenti, da 'Le relazioni pericolose' alle versioni di 'Casanova' - poteva quindi incarnare oggi il protagonista di 'The Libertine'? Tratto dall'opera teatrale di Stephen Jeffreys messa in scena da John Malkovich, qui presente come produttore e interprete di Re Carlo II, il film di Laurence Dunmore racconta l'ascesa e la caduta fino alla prematura morte a 33 anni del conte di Rochester. Il bello e dannato Depp restituisce con una prova davvero magistrale (ottimo anche il doppiaggio di Fabio Boccanera) la metamorfosi del libertino che intendeva l'erotismo in una chiave di sfida, anche fisica, estrema: dall'apice del successo alla corte di Carlo II, come sex symbol dell'epoca, con l'intenso volto immerso in una fluente e selvaggia chioma, fino alla consunzione per alcol e sifilide con il corpo che non riesce a stare più in piedi, i capelli corti e la faccia piena di piaghe. (...) Tra il monologo di apertura e di chiusura di impianto teatrale, il volenteroso Dunmore asseconda lo show di Depp dando alla vicenda del conte la forma di un elegante e coinvolgente percorso audiovisivo grazie anche alla splendida fotografia pittorica con una Londra fangosa e interni ripresi a luce naturale e una colonna sonora a tratti nymaniana. Il rapporto di odio e amore, di attrazione e disprezzo tra il libertino e il re è trattato però con superficialità e mera contrapposizione caratteriale. E poi gli echi dei grandi scrittori del periodo, da Marivaux a Beaumarchais, da Laclos a Sade, sono dispersi proprio dalla mancanza del marivaudage, quella raffinata ragnatela di incastri sentimentali, che è il sale stilistico e narrativo anche di rapporti all'insegna dello scandalo sessuale." (Alberto Castellano, 'Il Mattino', 11 febbraio 2006)