Patagonia, 1960. Un medico tedesco incontra una famiglia argentina e decide di accompagnarli lungo la desertica strada che conduce a Bariloche, dove Eva, Enzo e i loro tre figli stanno per aprire una casa con camere in affitto sul lago Nahuel Huapi. Questa famiglia modello risveglia nel medico la sua ossessione per la purezza e la perfezione; in particolare la 12enne Lilith, troppo minuta per la sua età. Ignara della sua vera identità, la famiglia lo accetta come primo ospite e ben presto tutti vengono conquistati dal suo carisma, dai suoi modi eleganti, dalle sue conoscenze scientifiche e dal suo denaro. Fino a quando scopriranno di avere sotto lo stesso tetto uno dei più grandi criminali di tutti i tempi...
SCHEDA FILM
Regia: Lucía Puenzo
Attori: Àlex Brendemühl - Josef Mengele, Natalia Oreiro - Eva, Diego Peretti - Enzo, Florencia Bado - Lilith, Elena Roger - Nora Edloc, Guillermo Pfening - Klaus, Ana Pauls - Infermiera, Alan Daicz - Tomás, Abril Braunstein - Ailín, Juani Martínez - Otto
Soggetto: Lucía Puenzo
Sceneggiatura: Lucía Puenzo
Fotografia: Nicolás Puenzo
Musiche: Daniel Tarrab, Andrés Goldstein, Laura Zisman, Warren Ellis, Mick Turner, Jim White, Nick Cave
Montaggio: Hugo Primero
Scenografia: Marcelo Chaves
Altri titoli:
Il medico tedesco
Durata: 93
Colore: C
Genere: THRILLER STORICO
Specifiche tecniche: DCP, SCOPE
Tratto da: romanzo "Il medico tedesco. Wakolda" di Lucía Puenzo (ed. Guanda)
Produzione: LUIS PUENZO PER HISTORIAS CINEMATOGRAFICAS CINEMANIA, IN COPRODUZIONE CON: PYRAMIDE PRODUCTIONS, WANDA VISION, HUMMELFILM, MOVIECITY, THE STAN JAKUBOWICZ CO.
Distribuzione: ACADEMY TWO (2014)
Data uscita: 2014-05-08
TRAILER
NOTE
- REALIZZATO IN ASSOCIAZIONE CON: ENDEMOL, CINE.AR, AIDE AUX CINÉMAS DU MONDE, CENTRE NATIONALE DU CINÉMA ET DE L'IMAGE ANIMÉE, MINISTÉRE DES AFFAIRES ÉTRANGERES, ISTITUT FRANÇAIS, SØRFOND NORWEGIAN SOUTH FILM FUND, PROGRAMMA IBERMEDIA, INCAA, ICAA, TVE.
- IN CONCORSO AL 66. FESTIVAL DI CANNES (2013) NELLA SEZIONE 'UN CERTAIN REGARD'.
- REALIZZAZIONE DEL TACCUINO DI JOSEF MENGELE: ANDY RIVA.
CRITICA
"Le colpe dei padri ricadono sulle figlie: Lucía Puenzo, ispirata dal suo romanzo, racconta del nazi dr. Mengele che sotto mentite spoglie vorrebbe, nascosto nel 60 in Argentina, prendersi eugeneticamente cura di una ragazzina minuta, finché arrivano i nostri del Mossad. Non si tratta di stabilire colpe, trattasi di criminali mostri: il film è nobile, ha come punto di vista quello di una bambina alle prese con la banalità del Male." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 8 maggio 2014)
"Avevamo lasciato Lucía Puenzo alle prese con un giovanissimo ermafrodita ("XXY", uno degli esordi più folgoranti dello scorso decennio). La ritroviamo irretita nientemeno che dal dottor Mengele (...). Incrociando fatti storici e finzione, la Puenzo lo ha messo al centro di un romanzo ('Il medico tedesco' - Wakolda, Guanda) e poi di questo suggestivo ma faticoso autoadattamento. Che non convince mai davvero, anzi mette spesso a disagio, come capita quando si cade preda della seduzione maligna che si vorrebbe mettere in scena. È un problema di punto di vista, in sostanza. Chi parla, in 'The German Doctor'? Chi racconta questa storia? In quale sguardo siamo chiamati a specchiarci? Qui cominciano i pasticci. Tutto ci spinge a identificarci con la piccola Lilith, volto bellissimo e fisico ancora infantile malgrado i 12 anni. È sua la voce narrante, che parla da un imprecisato 'dopo'. È su di lei che si appunta lo sguardo gelido di quel 'veterinario' tedesco dai modi impeccabili, che si unisce per caso a Lilith e ai suoi familiari diretti a Bariloche, Patagonia, per riaprire una casa vacanze. Ma è una pista che resta a metà. Il tedesco nota subito quella bimba incantevole dal corpo sproporzionato, che per giunta ha una madre incinta (di due gemelli!) e un padre che fabbrica... bambole. Un'esca irresistibile insomma. Ma non siamo in un thriller o in un horror, anche se qua e là si pensa a Cronenberg e al suo 'Inseparabili'. Siamo in un cineromanzo storico indeciso fra troppe piste. C'è il lato 'Lolita' (...). Quello erotico-morboso alla Bataille (...). E il lato 'come potevano non sapere?' (a Bariloche vive un gruppo di tedeschi apertamente nostalgici, nell'indifferenza complice degli argentini). E se non basta, ecco i taccuini (fin troppo belli) di Mengele, ecco un agente segreto israeliano... Di che fare almeno tre film. Quando ne sarebbe bastato uno, ma coerente." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 8 maggio 2014)
"Figlia del regista Luis, con i suoi film precedenti Lucía Puenzo si è già distinta nei festival internazionali. Questo, presentato l'anno scorso a Cannes e candidato all'Oscar per l'Argentina, è un dramma ispirato ad avvenimenti reali appassionante come un suspenser. Diversamente dalla maggior parte dei film basati su fatti storici, 'The German Doctor' ha più strati di lettura. La regista argentina non si accontenta della cronaca dei fatti: continua la riflessione già portata avanti come scrittrice (il racconto da cui ha origine il film è suo) e cineasta sul costituirsi dell'identità sessuale e sociale di un individuo - nel caso la piccola Lilith - ma lo fa proiettando una storia privata sullo sfondo della Storia con la maiuscola. Se il film è semi-fictional, basato su ipotesi non verificabili, lo è solo riguardo ai rapporti tra la famiglia e Mengele; non certo per il ruolo del rifugiato, né per le vergognose protezioni che indussero il governo argentino ad accordare asilo agli ex-nazisti, permettendo che si riunissero in comunità con tutti i rischi del caso. Ma il film di Lucía offre anche una straordinaria allegoria, quella delle bambole. Fabbricate in serie per l'interessamento di Mengele, con occhi movibili, capelli veri e con tanto di cuore meccanico pulsante, le bambole rappresentano simbolicamente la razza pura e perfetta vagheggiata dal medico; spersonalizzata e omologata, composta di tanti 'pezzi' perfettamente identici tra loro: proprio come Mengele avrebbe voluto ridurre l'umanità. Un folle sogno al cui capolinea non c'era altro, in fin dei conti, che la 'banalità del male'." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 8 maggio 20014)
"Terra di tango e di chimere, l'Argentina; e anche di gauchos e dittatori, colonnelli torturatori e desaparecidos; terra di approdo di onesti immigrati e rifugio di criminali condannati dalla Storia. Come Joseph Mengele, il medico hitleriano tristemente noto come l'Angelo della Morte per via dei suoi esperimenti di eugenetica sui deportati del campo di concentramento di Auschwitz. In 'The German Doctor', da lei stessa sceneggiato sulla base del proprio romanzo (Guanda), Lucía Puenzo, cineasta e scrittrice di Buenos Aires, ne rievoca la figura attraverso i chiari occhi di una bambina, Lilith, che ne rimane affascinata dal primo istante (...) Nel film, come nella pagina, il racconto è in terza persona; e tuttavia - grazie allo sguardo trasognato di Lilith che per quello sconosciuto continua a sentire una strana attrazione, persino dopo aver preso atto della crudeltà di cui è capace - la storia sullo schermo assume una speciale vaghezza e ambiguità. C'entra l'atmosfera dei luoghi, c'entra la levità di tocco di una regista che, per raccontare il Male, sceglie la strada obliqua di introdurci in quella dimensione infantile dove tutte le carte si confondono; e la figura di un mostro che si diletta di esperimenti sui corpi umani può assimilarsi a quella di un padre amoroso che lavora sui corpi inerti di bambole." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 8 maggio 2014)
"Più di una volta il cinema si è ispirato alla nera storia del «dottor morte». E 'I ragazzi venuti dal brasile' è sicuramente il titolo più noto. A tornare ora sul tema è l'argentina Lucía Puenzo, figlia del Luis de 'La storia ufficiale', determinata come suo padre (allora la tragedia dei desaparecidos) a narrare una pagina nera del passato del suo paese: il rifugio offerto ai criminali nazisti. In questo caso Josef Mengele, l'angelo della morte di Auschwitz, che ha praticato la sua fede assoluta nell'eugenetica sperimentando su «cavie» umane, bambini e gemelli soprattutto, su cui verificare i suoi studi di genetica. Ebbene è proprio in Argentina, a Bariloche, negli anni Sessanta che lo ritroviamo nel corso di una tappa della sua latitanza in America Latina, ricercato dal Mossad. (...) Film di atmosfere rarefatte, di dialoghi essenziali e splendidi interpreti. Dove anche i cenni storici sono offerti senza didascalismi, ma con elegante dovizia di particolari, compreso il fondamentale ruolo che ha avuto il Vaticano nel far fuggire i criminali nazisti in Sudamerica. Sicuramente da vedere." (Gabriella Gallozzzi, 'L'Unità', 8 maggio 2014)
"Alle immagini 'd'archivio' dell'orrore nazista, Puenzo preferisce la strada dell'inquietudine diffusa in quel paesaggio magnifico e sospeso, dalle tonalità gotiche, popolato di ombre e di fantasmi. (...) Puenzo continua l'esplorazione dei tabù di una nazione - nel film precedente, 'El niño pez', era il rapporto con gli indios sviscerato in una storia di amor fou femminile - interrogandone le responsabilità collettive. E la fascinazione, di più, l'adesione complice (i criminali nazisti potevano addirittura usare il proprio nome) verso la Germania hitleriana delinea una trama di interessi e complicità, gli stessi che permetteranno lì come altrove il radicamento della dittatura. Pure se questo la regista non lo dice, non in modo esplicito almeno, lo lascia piuttosto intuire in un movimento narrativo che sposta il proprio centro nella relazione col personaggio della piccola protagonista. Come altre volte (ricordiamo il bellissimo 'XXY') il racconto segue il tempo di un corpo che cambia, e della sua scoperta, le sue emozioni, gli sguardi chiari e curiosi, la sorpresa del primo bacio e delle prime mestruazioni sulle mutandine ancora da bimba. Non c'è catarsi però in questo universo chiuso, «privato», specchio in cui si riflette il paese ieri e oggi, coi suoi rimossi e gli opportunismi, gli occhi chiusi e l'indifferenza, l'ipocrisia e un'acquiescenza feroce. La madre consensuale, il padre attonito e inetto, il professore biondo come un ariano da 'laboratorio', appaiono, appunto, come le declinazioni possibili di un'Argentina che il passato, questo o quello di una generazione scomparsa in fondo all'oceano non ha saputo ancora affrontarlo dal profondo." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 8 maggio 2014)
"Piacerà non solo al pubblico femminile (che si identificherà certamente con madre e figlia). Ma anche e non poco al pubblico maschile. E domenicale. 'The German Doctor' è il classico film che accosti con qualche perplessità (produzione argentina, cast di sconosciuti) ma poi t'inchioda alla poltrona. Non ci sono scene madri, ma la tensione non ti molla. L'interrogativo del pubblico è quello del film. II misterioso dottore è criminale a tempo pieno oppure per la ragazzina ha qualche sincera tenerezza. In conclusione, il thriller è azzeccato. Ma la regista Lucía Puenzo (terzo lungometraggio, figlia del premio Oscar, Luis) aveva ambizioni più alte del solo intrattenimento. La storia in Patagonia (veramente accaduta, dicono) le serviva come metafora sull'Argentina e sul perché delle porte aperte (per non pochi) ai criminali nazisti in fuga. Lilith e la mamma diventano lo specchio di un paese con troppi ormoni femminili in più (e quindi propenso a cedere davanti alla forza mascherata da gentilezza). Sarà. Noi più prosaicamente, abbiamo sempre attribuito il filonazismo del paese ai diktat, nell'immediato dopoguerra di un dittatore, Juan Perón notoriamente antiamericano e soprattutto antisemita. Per lui i fautori dei campi di sterminio erano se non eroi quasi brave persone. Mezzo secolo dopo il paese (chiedete a un esperto di cose argentine) non ha ancora rinnegato Perón. E nemmeno i suoi mostri ideologici che permisero a Mengele e compagni di passeggiare (quasi) indisturbati." (Giorgio Carbone, 'Libero', 8 maggio 2014)
"Eugenetica e orrore, in un thriller psicologico che spazia nel romanzo di formazione." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 8 maggio 2014)