Dalla caduta dell'Unione Sovietica più di un milione di bambini senza famiglia si è trovato privo di ogni protezione sociale. Secondo le stesse autorità russe, erano circa in trentamila a vivere per le strade o nelle stazioni della metropolitana di Mosca alla data in cui sono stata fatte le riprese del documentario, girato nella stazione Leningradsky. I ragazzini sopravvivono agli inverni rigidi, privi di cibo e acqua, raggruppanndosi lungo le tubature di acqua calda per cercare riparo dal gelo, prostituendosi e inalando colla. Nonostante ciò, la giovane età permette loro di continuare a sognare la madre che non hanno avuto e di mantenere intatta la speranza e la voglia di giocare, cantare e ballare.
SCHEDA FILM
Regia: Hanna Polak, Andrzej Celinski
Soggetto: Hanna Polak, Andrzej Celinski
Fotografia: Hanna Polak, Andrzej Celinski, Hans Jürgen Burkard
Montaggio: Ewa Romanowska-Rózewicz, Andrzej Celinski
Altri titoli:
As crianças de Leningradsky
Durata: 35
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Specifiche tecniche: 35 MM
Produzione: HANNA POLAK, ANDRZEJ CELINSKI (KATOWICE, POLAND) PER COP-ACTIVE CHILD Aid
NOTE
CANDIDATO AGLI OSCAR 2006, VINCITORE DEGLI INTERNATIONAL DOCUMENTARY AWARD (IDA) 2005.
CRITICA
Dalle note di regia, ""Non abbiamo solo documentato la vita dei piccoli senzatetto moscoviti, ma ritratto le conseguenze dell'abbandono dell'uomo della propria umanità. (...) Il mio cinema vuol far conoscere realtà colpevolmente ignorate e sottratte allo sguardo del pubblico, oggi i bambini a cui è negata l'infanzia, domani forse la catastrofe ambientale che stiamo costruendo".
"Con questo dolente, splendido documentario, menzione speciale Signis a Festroia, Hanna Polak pone un altro tassello all'opera di assistenza iniziata nel 1995 fondando la charity Active Child Aid che sostiene i bambini disagiati della capitale russa. Attualmente Hanna sta lavorando a un nuovo progetto documentario sulla gioventù sconfitta di Mosca, protagonista la sedicenne Julia che si vede costretta ad abbandonare all'orfanotrofio il suo bambino. (...) Non cambia lo stile, uno stile morale che non distoglie la camera dal male e dalla sofferenza, ma si apre alla compassione." (Federico Pontiggia, cinematografo.it, 12/06/2006)