Julius Popper, che si dichiara ingegnere rumeno, arriva in Patagonia e dichiara di essere inviato a prendere possesso della Terra del fuoco in nome di Carmen Sylba regina di Romania. E' il 1860, e da qualche anno è cominciata la caccia all'oro. Per raggiungere l'obiettivo fissato, Julius mette insieme un esercito cui fa grandi promesse, di denaro, di gloria, di uguaglianza. Intorno a lui ci sono Spiro, un avventuriero italiano indeciso sul futuro; Schaeffer, un tedesco pronto a cambiare bandiera; Novak, un sergente austriaco nominato capo militare dell'esercito; Silverira, un disperato gallego dedito solo al suono della cornamusa. E poi Armenia, bellissima prostituta, ed Elisa, una ragazza indigena, così chiamata dal soldato che l'aveva fatta prigioniera e ora vorrebbe liberarla. Popper vuole instaurare la libertà, ma gli indios si difendono, contrattaccano, uccidono. L'esercito li insegue, ne ammazza molti, ma l'obiettivo dell'oro appare sempre più lontano. La delusione crea contrasti. Novak e Spiro si alleano contro Popper. Questi attacca un paese degli indios, vi si insedia. La sera c'è una festa. Nell'entusiasmo e nella confusione, arriva un uomo, si avvicina a Popper e lo accoltella.
SCHEDA FILM
Regia: Miguel Littin
Attori: Jorge Perugorría - Popper, Nelson Villagra - Novak, Alvaro Rudolphy - Schaeffer, Ornella Muti - Armenia, Claudio Santamaria - Spiro, Uxia Blanco - Madre di Silveira, Nancho Novo - Silveira, Tamara Acosta - Elisa
Soggetto: Francisco Coloane - romanzo
Sceneggiatura: Miguel Littin, Luis Sepúlveda, Tonino Guerra - collaborazione
Fotografia: Giuseppe Lanci, Franco Bruni - operatore
Musiche: Milladoro, Ángel Parra
Montaggio: Ernest Blasi
Scenografia: Alejandra Egana
Costumi: Maisabel Ossul
Aiuto regia: Roberto Manni
Durata: 103
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Tratto da: romanzo omonimo di Francisco Coloane
Produzione: SURF FILMS (ITALIA), CASTELAO PRODUCTIONS (SPAGNA), BUENAVENTURA FILMS (CILE)
Distribuzione: ISTITUTO LUCE (2000)
NOTE
- DIALOGHI ITALIANI DI ELISABETTA BUCCIARELLI.
CRITICA
"Quello che Littin dice è di certo giusto e 'politically correct'; purtroppo, lo dice male. Eccessivamente didascalico per dare carne e sangue ai personaggi, appesantito da inutili divagazioni e vezzi formali, ripetitivo e recitato senza convinzione, 'Terra del fuoco' ha in più una strana caratteristica: sembra un film di una volta, uscito da una scatola dimenticata per trent'anni su uno scaffale". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 20 maggio 2000).
"Il film è una storia bellissima, ma purtroppo Littin ritrova solo a tratti il respiro epico che caratterizzò suoi vecchi capolavori come 'La tierra prometida' e 'Actas de Marusia'. Qualcuno si offenderà, ma diremmo che il film ha visto in azione troppi scrittori: tratto da Coloane, scritto da Luis Sepùlveda, riscritto dopo lunghe chiacchierate con Tonino Guerra, è troppo verboso e troppo 'poetico', mentre l'epopea stracciona di Popper andava raccontata con le armi del cinema muto". (Alberto Crespi, 'L'Unità', 19 maggio 2000).