Il regista Alex Gibney cerca di mettere in luce la politica attuata dall'amministrazione di George W. Bush dopo l'11 settembre 2001. Negli ultimi anni, 104 prigionieri sotto la custodia americana sono morti in circostanze sospette. Uno di questi è Dilawar, un tassista afghano, ucciso nella base militare americana di Bagram in seguito alle percosse subite durante gli interrogatori.
SCHEDA FILM
Regia: Alex Gibney
Attori: Alex Gibney - voce narrante, Brian Keith Allen - Soldato, Greg D'Agostino - Soldato, Karyn Plonsky - Soldato, Maan Kaassamani - Detenuto
Sceneggiatura: Alex Gibney
Fotografia: Maryse Alberti, Greg Andracke
Musiche: Ivor Guest, Robert Logan (II)
Montaggio: Sloane Klevin
Durata: 106
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Specifiche tecniche: HDTV, 35 MM (1:1,85)
Produzione: ALEX GIBNEY, EVA ORNER, SUSANNAH SHIPMAN PER JIGSAW PRODUCTIONS IN COLLABORAZIONE CON TALL WOODS E WIDER FILM PROJECTS
Distribuzione: RIPLEY'S FILM (2009)
Data uscita: 2009-05-22
NOTE
- PRESENTATO ALLA II^ EDIZIONE DI 'CINEMA. FESTA INTERNAZIONALE DI ROMA' (2007) NELLA SEZIONE
'EXTRA'.
- OSCAR 2008 COME MIGLIOR DOCUMENTARIO LUNGOMETRAGGIO.
CRITICA
"Gibney, attraverso ricostruzioni giornalistiche e interviste ai pochi militari semplici puniti, cerca di capire se, come sosteneva Washington, quei soldati torturatori fossero 'poche mele marce' o se gli ordini venissero dall'alto ignorando la Convenzione di Ginevra. Verrà fuori chiaramente che i comandi venivano dall'alto e che nessun soldato americano agiva al di fuori di direttive molto precise. Quando sui titoli di testa compare il vecchio padre del regista, il film diventa anche un modo per due generazioni di dialogare sul cambiamento degli Stati Uniti d'America. Non vi ricordate più che fine ha fatto Janis Karpinski, il generale che nelle foto di Abu Ghrahib faceva il gesto della pistola sui genitali di una pila di prigionieri nudi? L'hanno rimandata in America. A insegnare come si interrogano i prigionieri. Poche mele marce." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 24 ottobre 2007)
"Ottimo, notarile e terribile nell'elencare i suoi capi d'accusa, il film di Gibney è un taxi al lato oscuro sì, ma dell'America." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 22 maggio 2009)
"Un quadro secco e amaro della politica e sui modi che ogni servizio di spionaggio, in ogni epoca, pratica per estorcere confessioni." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 22 maggio 2009)
"Piacerà a chi ritiene a priori che le guerre degli Usa sono per definizione ingiuste. E a chi come noi ritiene che anche nelle guerre giuste si possono commettere ingiustizie e che non è doveroso e salutare rimarcarle." (Giorgio Carbone, 'Libero', 22 maggio 2009)
"Il vero soggetto del film sono la mentalità e l'atmosfera di Bagram e Guantanamo, e il sadismo che hanno generato. Nessuno dei tanti personaggi intervistati lo dice apertamente, ma il concetto è chiaro: le forze armate e servizi segreti, spinti a produrre il massimo di informazioni in tempi brevi, partivano dal presupposto che i prigionieri fossero certamente colpevoli di qualcosa. Seviziate in mille modi, quelle persone sono state risucchiate in un sistema punitivo prima che fosse stabilita una qualche colpevolezza. Inquietante. Da non perdere." ('Internazionale', 22 maggio 2009)