Zino, proprietario del ristorante 'Soul Kitchen', per una serie di circostanze sfavorevoli e nonostante il rapporto poco idilliaco si troverà costretto a lavorare fianco a fianco con suo fratello Illias. Nel frattempo dovrà anche affrontare la perdita della sua fidanzata Nadine che si è trasferita in Cina, un dolore lancinante alla schiena, le bizze di un cuoco un po' folle e le pressioni di Thomas Neumann, un suo vecchio amico, ora agente immobiliare, che ha messo gli occhi sul suo locale...
SCHEDA FILM
Regia: Fatih Akin
Attori: Adam Bousdoukos - Zino Kazantsakis, Moritz Bleibtreu - Illias Kazantsakis, Anna Bederke - Lucia Faust, Pheline Roggan - Nadine Krüger, Birol Ünel - Shayn, Dorka Gryllus - Anna Mondstein, Wotan Wilke Möhring - Thomas Neumann, Lukas Gregorowicz - Lutz, Demir Gökgöl - Sokrates, Cem Akin - Milli, Marc Hosemann - Ziege, Catrin Striebeck - Sig.ra Schuster, Ugur Yücel - Kemal, Udo Kier - Sig. Jung, Monika Bleibtreu - Nonna di Nadine, Peter Lohmeyer - Proprietario del ristorante, Maria Ketikidou - Ispettrice, Jan Fedder - Meyer, Julia Wachsmann - Tanja
Sceneggiatura: Adam Bousdoukos, Fatih Akin
Fotografia: Rainer Klausmann
Montaggio: Andrew Bird
Scenografia: Tamo Kunz
Costumi: Katrin Aschendorf
Durata: 99
Colore: C
Genere: COMMEDIA
Specifiche tecniche: 35 MM
Produzione: CORAZÓN INTERNATIONAL
Distribuzione: BIM - DVD: BIM/01 DISTRIBUTION HOME VIDEO
Data uscita: 2010-01-08
NOTE
- PREMIO SPECIALE ALLA 66MA MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2009).
- PRESENTATO AL 60. FESTIVAL DI BERLINO (2010) NELLA SEZIONE 'GERMAN CINEMA'.
- CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2010 COME MIGLIOR FILM DELL'UNIONE EUROPEA.
CRITICA
"La prima grande commedia romantica del nuovo millennio l'ha diretta un turco di Amburgo, è ambientata in un ristorante di quelli che servono robaccia a clienti affezionati, ha un protagonista sovrappeso con l'ernia del disco e una colonna sonora meravigliosa che mescola funky e rythm & blues con hip hop, 'rebetiko' greco e naturalmente una canzone di Hans Albers, (...) Come avrete capito è anche una commedia svitata perché oggi bisogna essere un po' tocchi per essere romantici e in 'Soul Kitchen' di Fatih Akin ognuno è così matto da voler fare solo quel che gli piace. Così alla fine vincono i buoni, i cattivi vengono puniti e questi 'losers' degni di un film di Kaurismaki hanno finalmente diritto alla leggerezza e al buonumore di un musical con Fred Astaire. Non avete afferrato la storia? Meglio così, ve la godrete al cinema. (...) Autore e produttori dicono che 'Soul Kitchen' è un moderno 'Heimat film', ovvero un film sull'idea di patria, dunque, modernamente, di comunità, di famiglia, di appartenenza. Che è veramente il massimo per un film girato e diretto da figli e nipoti di immigrati. Se non gli danno un premio vero ci incateniamo davanti al vecchio Palazzo del Cinema finché non sarà finito quello nuovo (scherziamo: sarebbe morte certa)." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 settembre 2009)
"Risate a pioggia, battimani continui, volti distesi e sorridenti. Brutto affare per la commedia 'Soul Kitchen', che la regola non scritta di ogni festival vorrebbe esclusa in ogni caso dal verdetto: contraddicendo infatti l'abituale pesantezza del cinema tedesco, nonché il proprio curriculum, lo sceneggiatore, regista e produttore Fatih Akin ha offerto ai festivalieri lo show finora più euforizzante della Mostra. Akin, nato e cresciuto ad Amburgo da immigrati turchi, ci ritorna per dare il via a una sarabanda d'amicizia, amore, mascalzonaggine, follia e paradosso che restituisce con affetto, ma senza indulgenza le atmosfere border line della multietnica e godereccia città portuale. Non è certo imprevedibile lo sviluppo della trama, centrata sulle vicissitudini di un ristorante prima infimo e sottoproletario, poi rinnovato e travisato, quindi brutalmente dismesso e infine risorto sulle ali del riscatto popolare, ma la trascinante cadenza di recitazioni, dialoghi e colonna sonora rende le immagini autentiche, intelligenti, irridenti e l'inclusa protesta contro lo smantellamento dei vecchi, cari (e lerci) quartieri industriali non pedante o ideologica. Il protagonista greco-tedesco interpretato da Adam Bousdoukos ha sufficiente faccia tosta, del resto, per guidare un drappello di tipi e tipacci irresistibili tra le discutibili prelibatezze della «nuova cucina», le velleità di scalcagnati gruppi rockettari, le trappole degli speculatori edilizi, l'erotismo di disinibite ragazze locali e i tormenti incessantemente procuratigli da un'assai poco eroica ernia
del disco." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 11 settembre 2009)
"Commedia multietnica con uso cucina, speziata da un regista turco-tedesco. Lo chef lo licenzia perché il cliente vuole il gazpacho caldo. Finisce in un ristorante di periferia gestito da un greco. Insieme combinano abbastanza pasticci da rischiare la galera e il fallimento, scontentare due fidanzate, provocare un incendio e patire un colpo della strega." (Maria Rosa Mancuso, 'Il Foglio', 11 settembre 2009)
"Con 'Soul Kitchen', il regista turco-tedesco Fatih Akin abbandona le storie drammatiche che l'hanno fatto conoscere ('La sposa turca' e 'Ai confini del paradiso') per raccontare le disavventure di una sgangherata taverna di periferia ad Amburgo e del suo confuso proprietario, indeciso tra il lavoro e una fidanzata in partenza per Shanghai. I temi dei film precedenti fanno capolino anche qui - il protagonista è un tedesco immigrato (di origini greche), il fratello preferisce la malavita all'integrazione, i giovani faticano a trovare ascolto, la borghesia è infida e avida - ma tutto è raccontato con il tono spensierato della commedia, capace ogni tanto di strappare qualche sonora risata. Peccato che il ritmo scoppiettante della prima mezz'ora finisca pian piano per spegnersi, rifugiandosi in una rappresentazione stereotipata dell' intraprendenza giovanilistica e dei tradimenti della borghesia." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 11 settembre 2009)
"Come sempre nei film di Akin la musica, non è affatto sfondo o sottocultura emotiva. E' invece proprio il contesto, l'ambiente e l'atmosfera di 'Soul Kitchen', il terreno comune sul quale i personaggi si incontrano, il ritmo al quale la trama si srotola. Un ruolo che è perfino tematizzato nella fabula con la vicenda esilarante del sequestro dell'aereo e del furto dell'equipaggiamento da dj. Un bel modo di raccontare con una leggerezza che non negozia l'intelligenza e che fa venire in mente certe commedie che hanno rivoluzionato il cinema inglese. Quando si dice cultura pop." (Ivan Giordano, 'L'Altro', 11 settembre 2009)
"Il film si avvale di una sceneggiatura ben scritta, con personaggi molto ben delineati e tutti con qualcosa di irrimediabilmente riconoscibile: dal fratello cialtrone all'estrattrice del fisco alla cameriera fino a Kemal, detto il rompi ossa, che si incaricherà, con gran paura di Zinos, di mettere fine a una terapia d'urto imperdibile quanto autarchica, ai suoi problemi. 'Soul Kithcen' è certamente uno dei film meglio congegnati visti alla Mostra, vitale, cangiante, multiplo, perché alla fine i soldi per rimettere tutto a posto Zinos li va a prendere dove può e deve, una volta tanto." (Giacomo Mancini, 'Il Riformista', 11 settembre 2009)
"'Soul Kitchen' non è un film di battute, ma è costruito su una prodigiosa sceneggiatura a orologeria dove ogni dettaglio è buffo e indispensabile." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 11 settembre 2009)
"Evviva, il nostro regista tedesco-turco prediletto ha scoperto la commedia. Lo avevamo conosciuto con 'La sposa turca', orso d'oro alla Berlinale del 2004: un bel risarcimento per le sofferenze patite guardando certi esangui film di tedeschi-tedeschi. Scena da antologia, i due turchi vissuti a lungo in Germania passeggero e taxista che a Istambul si comunicano l'un l'altro i luoghi di origine: "Di dove sei?", "Di Francoforte". Soul Kitchen va in scia, e poco importa se i protagonisti sono greci di Amburgo. (...) Oltre alla bravura nella commedia corale, Fatih Akin ha le idee chiare sul futuro del cinema, e definisce 'Soul Kitchen' un 'Heimat film'. I puristi tedeschi inorridiranno, come i puristi degli slum (e pure Salman Rushdie) erano inorriditi per 'The Millionaire'. ('Il Foglio', 16 gennaio 2010)
"'Soul Kitchen' è il nome di un ristorante e il titolo di un film unico: imitazione della vita ironica senza drammi, realistico senza disperazione, ricco di caos buffo e dell'istinto di sopravvivere, commedia della resistenza. Con qualche segno della presente incapacità di discernere: quando al ristorante arriva un nuovo chef coi suoi piatti squisiti, la clientela diserta perché vuole come sempre pesce fritto, insalata di patate, maccheroni gratinati, pizza congelata. Un'opera molto divertente e riuscita, multietnica senza tragedie, premiata a Venezia, del giovane regista turco-tedesco de 'La sposa turca'. (...) Il film interpretato benissimo, girato in stile convenzionale ma nervoso, è davvero il più contemporaneo che da tempo si sia visto." (Lietta Tornabuoni, 'L'Espresso', 21 gennaio 2010)
"Akin, già specialista in storie drammatiche, si avventura per una volta nei territori del comico. Gli manca ancora la leggerezza dei classici, e il gusto per la battutaccia gli prende qualche volta la mano. Ma al cinema, come dietro i fornelli, si può sempre migliorare." (Luigi Paini, 'Il Sole 24 Ore', 17 gennaio 2010)
"Un registro scoppiettante da commedia che strappa più di un sorriso, che inanella una serie di buffe situazioni, che gioca bene sul terreno di una messa in scena discretamente brillante. (...) Abituati ai suoi registri drammatici, come dicevamo, ha sorpreso questo cambio di passo del regista tedesco di origine turca che però riesce comunque a mettere in sottotesto i temi a lui cari: quello della condizione degli immigrati, naturalmente (il fratello di Zino, Ilias, è un malvivente), il rapporto tra questi e il tessuto della società locale. Ma anche quello dello spazio che i giovani intraprendenti come Zinos possono (o no) trovare all'interno della società. Il tutto raccontato con mano leggera, situazioni buffe, personaggi quasi sempre azzeccati. Un film speziato, come il dessert «corretto» con una spezia afrodisiaca servito dal cuoco durante una festa nel locale. Bravi gli interpreti di una commedia che ricorda qualche cosa del miglior Kaurismaki e che si prende gioco delle mode culinarie, alte o basse che siano (il cliente che esige un gazpacho caldo!). Un film che ci prende (e si prende) con gusto e ci contagia con la sua sgangherata simpatia. I buoni vincono e i cattivi perdono: e chi non paga le tasse finisce in galera... Eh sì, è proprio una commedia." (Andrea Frambrosi, 'L'eco di Bergamo', 13-10-2010)
"Favola sentimental-pop che non intende assolutamente rappresentare il terzo capitolo della Trilogia sull'amore, la morte e il diavolo iniziata dal regista con 'La sposa turca' (2004) e 'Ai confini del paradiso' (2007), 'Soul Kitchen' di Fatih Akin è un esercizio di cinema leggero e ben fatto, un film di impianto narrativo classico, reso tuttavia con lo stile proprio di questo interessante regista. Viaggiando a tempo di musica soul e funk («La musica è il cibo dell'anima! » grida un disperato Zinos all'ispettrice dell'Ufficio imposte, che gli ha appena sequestrato lo stereo), il brioso 'Soul Kitchen' è infatti un colorato affresco generazionale che si focalizza su due 'losers', su una lotta tra buoni e cattivi (con invocata rivincita di questi ultimi dalla vita agra), su una storia di amicizia e di amore e su uno spaccato di vita di una piccola comunità urbana. Akin scrive, produce e dirige un film tragicomico che è un richiamo all'idea di famiglia e di appartenenza ed è un piccolo gioiello in tutti i suoi profili, dalla sceneggiatura esilarante e senza sbavature ad una regia che strizza l'occhio a Anderson ('Boogie Nights'), Scorsese ('Quei bravi ragazzi') e Tarantino ('Pulp Fiction'). L'astuzia non gli manca, ma va di pari passo al buon gusto della battuta e al ritmo della narrazione. La prima grande commedia romantica del nuovo millennio." (Ma. Mont., 'Libertà', 12 gennaio 2010)