La vita di Shirley, un'attrice fittizia, raccontata attraverso una serie di istantanee, che uniscono insieme tredici dipinti di Edward Hopper (tra gli altri: "Ufficio di notte", "Western Motel", "Mascherina", "A Woman in the Sun"), in un'affascinante sintesi tra pittura e cinema, storia personale e politica.
SCHEDA FILM
Regia: Gustav Deutsch
Attori: Stephanie Cumming - Shirley, Christoph Bach - Steve, Florentin Groll, Elfriede Irrall, Tom Hanslmaier, Yarina Gurtner Vargas, Peter Zech, Alfred Schibor
Sceneggiatura: Gustav Deutsch
Fotografia: Jerzy Palacz
Musiche: Christian Fennesz, David Silvian
Montaggio: Gustav Deutsch
Scenografia: Gustav Deutsch
Costumi: Julia Cepp
Suono: Christoph Amann
Altri titoli:
Shirley - Visions of Reality
Durata: 92
Colore: C
Genere: SPERIMENTALE DOCUMENTARIO
Specifiche tecniche: HD, DCP (1:1.85)
Produzione: KGP KRANZELBINDER GABRIELE PRODUCTION
NOTE
- IN PROGRAMMA AL 63. FESTIVAL DI BERLINO (2013) NELLA SEZIONE 'FORUM'.
CRITICA
"Intanto devono essere quadri figurativi e molto popolari. Allora sì che diventa ambizione comune l'idea di fare vivere le tele: creare un prima e un dopo ai personaggi che immortalano. Dar loro una voce, delle emozioni. Simili a quelle che le tele per prime ci hanno regalato. E chi meglio di Edward Hopper, ha pensato il regista austriaco Gustav Deutsch che ha presentato al Trieste Film Festival 'Shirley - Visioni della realtà'. Deutsch prende 12 quadri di Hopper e li mette insieme. In tutti c'è una donna, che nella sceneggiatura di Deutsch diventa Shirley, giovane attrice. Le tele si trasformano in quinte cinematografiche dove Shirley (Stephanie Cumming) si abbandona a monologhi interiori sulla vita, sul lavoro, sulla politica di quegli anni, e sui sogni e le ansie di tutti. Dal 1931 al 1963, la vita scorre a balzi. Prima la Grande depressione, poi la guerra, quindi il maccartismo e infine le marce per i diritti umani. (...) La ribalta triestina è il debutto italiano di un film che è stato salutato dalla critica internazionale con vivace interesse. Un esperimento di arte che imita l'arte. Dove non solo le qualità pittoriche di Hopper vengono scomodate ma anche le capacità che solo il teatro ha di isolare la voce e il corpo in un contesto all'apparenza immobile. Deutsch, però, sa che l'obiettivo principale è concentrarsi sulle immagini. E in questo non fallisce. D'altronde il suo è solo l'ultimo (definitivo) esperimento sulla pelle dei quadri di Hopper. Prima di lui maestri come Hitchcock, Wenders e Dario Argento hanno sfruttato l'immaginario hopperiano come sottofondo minimalista (e vagamente alienato) dei loro racconti." (Pier Francesco Borgia, 'Il Giornale', 23 gennaio 2014)