Oltre cento attrici iraniane (di cinema e teatro) e una star francese sono le mute spettatrici della rappresentazione teatrale di "Khosrow e Shirin", un poema persiano del XII° secolo messo in scena dallo stesso Kiarostami. L'allestimento del testo non è visibile allo spettatore ma è possibile intuire il racconto della storia attraverso le espressioni sui volti intensi e bellissimi delle donne che assistono allo spettacolo.
SCHEDA FILM
Regia: Abbas Kiarostami
Attori: Juliette Binoche, Mahnaz Afshar, Niki Karimi
Soggetto: Farrideh Golbou - testo teatrale
Sceneggiatura: Mohammad Rahmanian
Fotografia: Gelareh Kiazand
Musiche: Morteza Hananeh, Hossein Dehlavi
Montaggio: Abbas Kiarostami
Altri titoli:
My Sweet Shirin
Mia dolce Shirin
Durata: 92
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: DCP
Tratto da: testo teatrale 'Khosrow e Shirin' di Farrideh Golbou
Produzione: ABBAS KIAROSTAMI
NOTE
- FUORI CONCORSO ALLA 65. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2008).
CRITICA
"Un maestro magari in difficoltà se da ultimo non ci ha dato che documentari. Una singolare prova d'autore può dirsi questo 'Shirin' per il quale Kiarostami ha scelto una favola persiana del dodicesimo secolo". (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 29 agosto 2008)
"'Shirin' è uno di quei film che vivono per una sola ragione, quella dello spunto che dovrebbe sottolinearne il nerbo. Purtroppo l'idea di filmare per 92 minuti 114 attrici locali (sostenute dalla diva intellettuale francese Juliette Binoche) nella parte di mute spettatrici estasiate della rappresentazione di un poema persiano del dodicesimo secolo (che non verrà mai inquadrata e non sarà mai visibile allo spettatore) non è rivoluzionaria né nuova. Basti pensare al meraviglioso cortometraggio di Dino Risi 'Buio in sala', che nell'immediato dopoguerra si limitava a filmare le reazioni di uno sfiduciato commesso viaggiatore entrato per caso in una sala cinematografica. Escludendo le immagini e facendo semplicemente riflettere dialoghi, rumori e musiche nelle espressioni rapite del protagonista, il futuro maestro della commedia all'italiana rendeva un conciso, fulminante omaggio alla forza rigeneratrice del cinema-cinema. In questo caso, invece, si costeggia l'inutile prodezza, visto che - particolare non trascurabile - la messinscena fuori campo è firmata dallo stesso Kiarostami. Saranno pure intensi e bellissimi i volti delle donne che assistono allo spettacolo, ma, pur non volendo considerare l'effetto noia, il forte sospetto è che l'esperimento di meta-linguaggio sia più che altro un esperimento di meta-Kiarostami". (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 29 agosto 2008)
"Vengono in mente i lavori di Shirin Neshat, la splendida artista iraniana, e probabilmente questo film sarebbe perfetto nello spazio di un galleria o qualsiasi altro luogo che non sia la sala. Laddove insomma l'interazione tra l'oggetto guardato e il soggetto che guarda cambia per ognuno la modalità lasciando aperta la scelta. La visione da film tradizionale ne appiattisce forse il processo pure se la bellezza del poema ha la forza necessaria a conquistare". (Cristina Piccino, 'Il manifesto', 29 agosto 2008)
"'Shirin' di Abbas Kiarostami è il classico film da festival: 90 minuti senza movimenti di macchina, in cui il regista iraniano, staccando da un volto all'altro, esplora le emozioni di 119 donne che al cinema assistono a un kolossal persiano di lacrime e sangue del XII secolo a noi invisibile. Alcuni aspetti sono magnifici, altri ipnotici, forse era un mediometraggio. All'anteprima c'è stato un fuggi fuggi storico con anziani critici che saltavano i gradini pur di guadagnare l'uscita". (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 29 agosto 2008)