Sex and the City 2

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Routine matrimoniale e menopausa: tornano (di nuovo) le "ragazze", tra chiacchiere infinite e disastrose cadute di stile

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USA 2010
Carrie Miranda, Samantha e Charlotte sono tornate. Nella New York di inizio Millennio minacciata dalla crisi economica, le quattro amiche dovranno vedersela con problemi sempre diversi e pressanti. Le famiglie, il lavoro, i nuovi e vecchi amori le metteranno alla prova, ma sapranno ancora una volta restare unite...
SCHEDA FILM

Regia: Michael Patrick King

Attori: Sarah Jessica Parker - Carrie Bradshaw, Kim Cattrall - Samantha Jones, Kristin Davis - Charlotte York, Cynthia Nixon - Miranda Hobbes, Chris Noth - Mr. Big, David Eigenberg - Steve Brady, Evan Handler - Harry Goldenblatt, Jason Lewis - Jerry 'Smith' Jerrod, Mario Cantone - Anthony Marantino, Willie Garson - Stanford Blatch, Miley Cyrus - Se stessa, Penélope Cruz - Lydia, Max Ryan - Rikard, Liza Minnelli - Se stessa, Omid Djalili - Mr. Safir

Soggetto: Michael Patrick King

Sceneggiatura: Michael Patrick King

Fotografia: John Thomas (II)

Montaggio: Michael Berenbaum

Scenografia: Jeremy Conway

Arredamento: Lydia Marks

Costumi: Patricia Field, Paolo Nieddu, Jacqueline Oknaian, Jessica Replansky, Molly Rogers, Danny Santiago

Effetti: Fred Buchholz, Sheena Duggal

Durata: 146

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Specifiche tecniche: 35 MM

Tratto da: personaggi tratti dalla serie tv omonima

Produzione: HBO FILMS, HOME BOX OFFICE (HBO), NEW LINE CINEMA, VILLAGE ROADSHOW PICTURES

Distribuzione: WARNER BROS. PICTURES ITALIA

Data uscita: 2010-05-28

TRAILER
CRITICA
"Carrie, Samantha, Charlotte e Miranda: le 'ragazze' - virgolette anagrafiche - son ritornate. Secondo sequel cinematografico della serie tv ideata da Darren Star, regia di quel Michael Patrick King suddito del piccolo schermo, difficilmente si sarebbe potuto fare di peggio (...) In trasferta ad Abu Dhabi (Paese sponsor), le Fab Four danno nuovo lustro all'esotismo becero, all'integralismo griffato, all'ignoranza ottusa e alla bieca supremazia occidentale." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 28 maggio 2010)

"1985: Ronald Reagan minaccia di sguinzagliare Rambo in riferimento al sequestro di 39 americani da parte di due libanesi sciiti, 2010: Obama potrebbe spedire Carrie, Samantha, Charlotte e Miranda in lraq, visto quello che le quattro oche selvagge combinano negli Emirati Arabi nel secondo tempo di 'Sex and the City 2'. (...) Che dire? Un viaggio tutto pagato a Dubai che inizia bene e finisce in guerra: le amiche scandalizzano gli omoni retrogradi, sobillano le donne in burqa, seducono i commercianti, convertono arabi sensibili. Il primo film dalla serie tv di culto aveva cuore. Questo sequel è mortifero, affidato a quattro attrici sempre più vecchie ed isteriche. Ma come cinema di propaganda funziona. Il trionfo della voluttà." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 28 maggio 2010)

"Il numero 2 della serie (il primo 'Sex and the City' è uscito nel 2008, incassando oltre 150 milioni di dollari solo negli Usa) è meno orribile del primo, pur mantenendo una durata folle (146 minuti). Ma il problema è un altro. Come capita alla cultura popolare, 'Sex and the City' ha un senso che trascende la propria qualità. Quando un simile prodotto incrocia istanze fondamentali del presente storico, consapevolmente o meno, è bene farci i conti. Anche per verificare quanto la suddetta cultura pop sia, in certi casi, ambigua. E la grande domanda diventa: la contraddizione è voluta, e quindi dialettica, o nasce dall'insipienza in questo caso verrebbe da dire: dall'imprudenza dei realizzatori del prodotto in questione? Perché parliamo di imprudenza? Perché stavolta Michael Patrick King, che ha scritto diretto e co-prodotto il film (nonché parecchi episodi della serie originale), scherza col fuoco. Spedendo le protagoniste negli Emirati Arabi, va a stuzzicare tematiche delicatissime nell'America post-11 settembre. (...) Impazzano i luoghi comuni: cammelli, suk, sceicchi, incontri erotici da Mille e una notte... ma anche fobia per il sesso, scandalo per i comportamenti di Samantha, e un finale in cui le 4 sono costrette a indossare il velo per farla franca... e Carrie si ricorda di 'Accadde una notte', mostrando la coscia assai più ossuta di quella della Colbert, va detto - per fermare un taxi. Il 'politicamente corretto' cacciato dalla porta rientra dalla finestra: il contatto con l'Islam sembra un albergo a tema di Las Vegas, in una sequela di cliché razzisti e pregiudizi pelosi che lasciano stupefatti. E se la solidarietà femminile significa che anche le donne arabe vestono Dior, è la fine: è il trionfo delle griffe e dei marchi, veri protagonisti del film. Alla fine, tornate in America, c'è Mr. Big, c'è il divano, c'è un altro film in bianco e nero. C'è la resa di Carrie & C. all'immaginario maschile. Se l'intento di 'Sex and the City 2' era normalizzare la saga, missione compiuta. Se invece si voleva ribadire la trasgressione 'griffata' delle 4, allora King è un maschilista inconsapevole." (Alberto Crespi, 'Unità', 28 maggio 2010)

"Vista da un'angolatura maschile, la serie 'Sex and the City' non avrebbe mai dovuto essere fatta. E men che meno il film con gli stessi personaggi, e peggio che andar di notte il seguito del film (...). E come potrebbe esser diversamente per un serial che propone come esempi da imitare quattro oche malate di shopping compulsivo, incapaci di instaurare un rapporto bello e importante con l'altro sesso? E nel contempo mette in scena personaggi maschili fasulli, titubanti afflitti dal complesso di Peter Pan o da quello del pappone? Però la serie s'è fatta, ha avuto un successo megagalattico e allora chi fa il giornalista di spettacolo deve avere l'onestà e il dovere di capire e spiegare il perchè e il percome del successo. Bene, la serie è quel che è ma occorre dire che è stata allestita nel lontano 1998 con estrema abilità. Quattro oche così uno spettatore maschio non le vorrebbe incontrare (o se le incontrasse non ci imbastirebbe niente di serio). Ma per ragioni analoghe tante spettatrici (specie le donne in carriera single-saccheggiatrici di negozi) si identificano al massimo. (...) Non,c'è bisogno di un grande sforzo per convincerci che 'Sex and the City 2' sia una boiata. Il primo film tratto dalla serie tv era molto di più: un insulto al portentoso telefilm dell'Hbo che l'ha ispirato. Due ore e mezzo di polpettone melenso che ne avevano spazzate via circa sessanta (divise in 94, favolosi episodi) di pura gioia e intrattenimento. (...) Certo che gli sceneggiatori ce l'hanno messa tutta per fare passare la voglia di spendere sette euro di biglietto, con questa insulsa trasferta negli Emirati Arabi delle quattro amiche, la lontananza da Manhattan, la crisi economica che già viviamo nelle nostre vite e non abbiamo voglia di sorbirci pure al cinema; questa ubriacatura di abiti, di scarpe bislacche, di borse costose, di orpelli un tempo trendy, oggi ridicoli, come se si volesse con l'estetica colmare le lacune dell'intreccio; e poi l'insopportabile Penelope Cruz 'guest star' con l'unica missione di infilarsi nel letto di Mr. Big." (Giorgio Carbone, 'Libero', 26 maggio 2010)

"Forse sarebbe meglio lasciarle andare, abbandonarle al proprio destino, una buona volta invece le quattro amiche newyorkesi di 'Sex and the City', protagoniste di una fortunatissima serie tv e di un vero e proprio fenomeno di costume, sono tornate sul grande schermo, con qualche anno e molte rughe di più. Tutte prese da shopping compulsivo e da una sfrenata quanto patetica nostalgia, le nostre sembrano non rendersi conto di apparire ormai come quattro signore un po' patetiche che non accettano l'idea di invecchiare." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 28 maggio 2010)