La vita di Luminita, un'adolescente clandestina pronta a tutto per la propria sopravvivenza, si scontra con quella di Antonio, un anziano prossimo alla morte. Tra queste due esistenze ai margini, quando la lotta per la sopraffazione reciproca si fa crudele e miserabile, si scorge un inaspettato barlume d'umanità, la possibilità di un miracoloso contatto umano che cambierà il loro destino.
SCHEDA FILM
Regia: Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio
Attori: Roberto Herlitzka - Antonio, Olimpia Melinte - Luminita, Ignazio Oliva - Max, Stefano Cassetti - Angelo, Cosmin Corniciuc - Adrian
Soggetto: Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio
Sceneggiatura: Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio
Fotografia: Piero Basso
Musiche: Giorgio Ferrero, Rodolfo Mongitore
Montaggio: Stefano Cravero
Scenografia: Giorgio Barullo
Costumi: Carola Fenocchio
Suono: Mirko Guerra - presa diretta, Sonia Portoghese - presa diretta
Altri titoli:
Seven Acts of Mercy
Durata: 103
Colore: C
Genere: THRILLER DRAMMATICO
Specifiche tecniche: CINEMASCOPE, 35 MM (1:2.35)
Produzione: ALESSANDRO BORRELLI PER LA SARRAZ PICTURES IN COPRODUZIONE CON ELEFANT FILMS (ROMANIA), IN ASSOCIAZIONE PRODUTTIVA CON PETRU DOROBANTU (LEZARD FILM)
Distribuzione: CINECITTÀ LUCE (2012)
Data uscita: 2012-01-20
TRAILER
NOTE
- REALIZZATO CON IL SUPPORTO DEL MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI-DIREZIONE GENERALE PER IL CINEMA, IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA, IN ASSOCIAZIONE CON FIP (FILM INVESTIMENTI PIEMONTE), CON IL SOSTEGNO DI FILM COMMISSION TORINO PIEMONTE E CON IL SUPPORTO DI EURIMAGES.
- CANDIDATO AI NASTRI D'ARGENTO 2012 PER: MIGLIOR REGISTA ESORDIENTE, ATTORE PROTAGONISTA (ROBERTO HERLITZKA) E SONORO IN PRESA DIRETTA.
CRITICA
"I De Serio, gemelli torinesi video artisti raccontano la strana, complice alleanza tra brutta sporca cattiva moldava e anziano cui urge affettuosa cura. Un mondo grigio, emarginato in cui non vale più far teatro, basta registrare dolori, fatti e volti. Un cinema che crede nella missione morale e due autori difficili che adorando uno stile assai dogmatico vi introducono il germe poetico di una difficile comprensione, quel qualcosa di inespresso e misterioso che solo i bravi attori sanno sottintendere." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 20 gennaio 2012)
"Esordio nella finzione dei fratelli De Serio, documentaristi torinesi, stile spoglio e freddo fino a essere scostante, anche se il film è punteggiato da scritte a caratteri cubitali via via meno ironiche (Visitare gli infermi, Dar da mangiare agli affamati, etc.), 'Sette opere di misericordia' è un esercizio di rigore solo a sprazzi appassionante, che può ricordare i lavori di estrema radicalità estetica del francese Dumont ('L'humanité') o del messicano Reygadas ('Battaglia nel cielo'), ma resta troppo dimostrativo per convincere davvero. Per quanto essenziale, lo stile non è tutto." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 20 gennaio 2012)
"Non è un film per il grande pubblico; eppure 'Sette opere di misericordia' dei gemelli De Serio, unico italiano in concorso a Locarno 2011, era un film da fare: anche se ci sono voluti cinque anni e un piccolo pool di produttori. Suddiviso in capitoli, talvolta usati al contrario (il capitolo 'alloggiare i pellegrini' contiene un sequestro di persona), il film è del genere duro e puro, privo di concessioni fino all'austerità, studiato in ogni inquadratura, recitato benissimo dal grande Herlitzka ma anche da Olimpia Melinte, giovane attrice romena dallo sguardo ferito e intenso. Certo, dialoghi quasi inesistenti e immagini del deserto esistenziale sono scelte che si pagano, in termini di pubblico: ma auguriamo al film di trovare una sua nicchia tra un blockbuster e la solita commedia nazional-popolare." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 20 gennaio 2012)
"Due anni fa hanno vinto il Torino film festival con 'Bakroman' (2010), ma si erano già fatti notare col molto apprezzato doc 'L'esame di Xhodi'. (...) Ma il cinema della realtà è solo uno degli aspetti sperimentati da Gianluca e Massimiliano De Serio nel rapporto con le immagini. Il loro lavoro infatti percorre anche l'arte visiva con installazioni e opere che li hanno resi tra i più seguiti artisti emergenti di questo decennio. 'Sette opere di misericordia' (coproduzione italo rumena), in gara allo scorso festival di Locarno, è l'esordio nel lungometraggio. (...) Le 'Sette opere' - che sono quelle richieste da Gesù nel Vangelo (Matteo 25) per il perdono dei nostri peccati, vestire gli ignudi, dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, ecc. - scandiscono la narrazione apparendo in sovrimpressione a lettere 'godardiane'. Non è certo il solo riferimento di questo film in cui l'ansia di costruire un involucro importante, a cominciare dal titolo caravaggesco, finisce con produrre un effetto raggelante, quasi di svuotamento. Ed è un peccato perché i De Serio dimostrano di possedere, laddove lasciano respirare le proprie immagini, delle belle potenzialità: il modo di filmare il paesaggio senza connotazioni, la scelta di non farci mai vedere un centro cittadino ma solo una periferia di passaggio, baracche e case squallide, l'ospedale gelido e l'autostrada che taglia i campi senza alcuna poesia bucolica. Il problema è che soffocate la preoccupazione costante per il proprio stile che impedisce quella «generosità» di sguardo necessaria alla storia che raccontano. Forse i De Serio farebbero bene a ripensare - a proposito dei Dardenne - a film come 'Lorna' o 'L'enfant' per scoprire che «filmare bene» non basta da sé a parlarci della disumanizzazione del presente. Ci vuole un sentimento, e soprattutto un'idea di cinema, che qui troppo spesso sembrano mancare." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 20 gennaio 2012)
"La realtà come punto di partenza per l'allegoria: quasi muto, affidato al linguaggio dei corpi, dei gesti, dei volti, 'Sette opere di misericordia' è l'interessante opera d'esordio dei gemelli De Serio, ambientata a Torino, loro città natia. (...) Plumbeo e dostoevskiano, il film si muove nella famosa «zona grigia» di cui parlava Primo Levi - dove Bene e Male possono coesistere - chiedendo allo spettatore di entrare nella logica di una brutalità di vivere che non è compensata da uno straccio di giustificazione; e invitandolo a riscoprire il significato della pietas, sentimento non meno umano e misterioso. Gusto pittorico dell'inquadratura, tempi sintonizzati sui sommovimenti interiori, unica riserva: un partito preso filosofico-estetizzante un po' troppo enfatizzato." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 20 gennaio 2012)
"Ambizioso, contorto e noiosissimo dramma sull'immigrazione, preceduto da un titolo che invoglia a restarsene a casa. (...) Uno sbadiglio dietro l'altro per il povero spettatore: e meno male che le opere sono solo sette." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 20 gennaio 2012)
"Non si scherza con questi giovanotti 32enni, i gemelli Gianluca e Massimiliano De Serio che, esordienti nel lungometraggio a Locarno 64 con 'Sette opere di misericordia', combinano clandestinità e riscatto, fine vita ed emarginazione sociale, incominciando dal Vangelo secondo Matteo: «Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere...». In sette quadri, tranci netti di scena, pochissimi dialoghi e fotografia sospesa tra luce di periferia e richiami pittorici rinascimentali, le opere di misericordia accompagnano la storia di Luminita, clandestina moldava ventenne. (...) Lo stile, già di alto livello, nonostante qualche caricatura, cerca la metafora, il concetto, ed è tuttavia radicato in una concreta verità della storia, dei personaggi, delle azioni. Prova intensa, non facile, per la giovane Olimpia Melinte. Un altro appassionante dono di drammaturgia della persona (più che del personaggio) per il maturo Roberto Herlitzka." (Silvio Danese, 'Nazione, Carlino, Giorno', 8 agosto 2011)
"È di difficile lettura e viaggia su due piani - il realismo e la spiritualità - 'Sette opere di misericordia', l'unico film italiano in concorso al Festival di Locarno. I registi gemelli, e al loro primo lungometraggio, Gianluca e Massimiliano De Serio, pluripremiati autori di corti, hanno voluto fare un'opera poetica." ('Mattino', 9 agosto 2011)