Al centro di Angeles, nelle Filippine, la famiglia Pineda vive in un vecchio cinema, che gestisce, dove si proiettano film erotici degli anni '70. La matriarca Nanay Flor, sua figlia Nayda, il genero Lando e la figlia adottiva Jewel, si dividono il ricavato dei biglietti e della vendita di dolciumi. Uno dei suoi nipoti, Alan, dipinge i manifesti e l'altro, Ronald, fa il proiezionista. Separata dal marito, Nanay Flor ha fatto causa per bigamia al suo vecchio compagno. Dopo parecchi anni di attesa, finalmente la corte si appresta ad emanare la sentenza. La storia inizia a questo punto. Mentre tutti i personaggi badano alle loro incombenze quotidiane, poco a poco si scoprono le loro tendenze, le difficoltà con le quali si scontrano, sia nei rapporti personali che economici o sessuali. Alan si sente oppresso dalla richiesta di matrimonio della sua amica: lei è rimasta incinta ma lui è senza soldi ed è incapace di assumersi le sue responsabilità coniugali. Nayda, invece, si sente scissa tra l'affetto e la fedeltà per suo marito e l'attrazione che prova per suo cugino Ronald. Nanay Flor, che ha perso la causa, si sente tradita non solo dal giudice ma anche dal suo stesso figlio che ha testimoniato in favore del padre. In lotta con i proprio demoni personali, tutti i membri di questa famiglia chiudono gli occhi sul ricco affare che sta fiorendo nel loro cinema: quello della prostituzione.
SCHEDA FILM
Regia: Brillante Mendoza
Attori: Gina Pareño - Nanay Flor, Jaclyn Jose - Nayda, Julio Diaz - Lando, Coco Martin - Alan, Kristofer King - Ronald, Dan Alvaro - Jerome, Mercedes Cabral - Merly, Roxanne Jordan - Jewel
Soggetto: Armando Lao, Boots Agbayani S. Pastor
Sceneggiatura: Armando Lao
Fotografia: Odyssey Flores
Musiche: Gian Gianan
Montaggio: Claire Villareal
Scenografia: Carlo Tabije, Benjamin Padero
Altri titoli:
Service
Durata: 93
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.85)
Produzione: CENTERSTAGE PRODUCTIONS INC., SWIFT PRODUCTIONS
NOTE
- IN CONCORSO AL 61. FESTIVAL DI CANNES (2008).
CRITICA
"Brillante Mendoza ha un vantaggio sugli altri registi, almeno in Italia: un nome come il suo è facile da ricordare. Ne vale la pena perché questo filippino di 47 anni, che ama girare in fretta storie forti un poco in stile Fassbinder, è un talento da tenere d'occhio. 'Serbis' è una piccola e sordida epopea famigliare tutta ambientata in un maestoso e cadente cinema sexy di provincia ironicamente battezzato 'Family'. (...) Fra un incidente e l'altro la decadenza del Family diventa con molta naturalezza metafora di ben altri declini, economici, sociali, cinematografici... Una piccola scoperta. Di Brillante Mendoza sentiremo riparlare." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 19 maggio 2008)
"Tutto ciò non trova mai un'idea di cinema convincente: la macchina da presa segui i protagonisti senza alcun rigore ma registrando tutto e finendo per non mostrare sostanzialmente niente (se si escludono un paio di scene hard totalmente gratuite). E alla fine viene il dubbio che il film sia finito nella selezione quasi per caso." (Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera', 19 maggio 2008)
"'Serbis' è un film spazzatura, ma basta leggerlo come un film 'sulla' spazzatura ed è fatta. Le finte sporcature alludono a 'Grindhouse' di Rodriguez-Tarantino, il cinema nel cinema è un'operazione metalinguistica, la pornografia tracima dallo schermo nella vita, il film è una riflessione sulla società dello spettacolo nella sua declinazione post-colonialista. Se non l'avessimo visto, potremmo anche credere che
'Serbis' sia un film. Purtroppo l'abbiamo visto." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 19 maggio 2008)
"Girato con la camera a mano, che segue i vari protagonisti in tutti gli angoli e in tutte le loro attività, 'Serbis' fa vedere il porno, ma riesce a non caderci dentro e ha per questo una sua malinconica dignità." (Stelio Solinas, 'Il Giornale', 19 maggio 2008)
"'Serbis' sta per servizio, e racconta la vita dentro un cinema porno di una città di provincia. In realtà, un palazzo a tre piani dove la famiglia Pineda non solo lavora, ma vive. Camera a mano, Mendoza percorre per circa due ore le scale di questa specie di condominio del sesso dove tutto è servizio: le ragazze della famiglia Pineda e le loro amiche che intrattengono i clienti, i ragazzini che si vendono ai vecchi, i figli della padrona che si sollazzano da soli o in compagnia. Sesso sufficientemente esplicito, immerso in atmosfera umida, liquidi che scorrono ovunque, scarichi otturati, bagni allagati e via degradando. Le Filippine descritte da Mendoza sono al limite della catastrofe economica e alla povertà, di tasca e di spirito, si mette una pezza vendendo e comprando sesso. Con un fenomeno dilagante di prostituzione minorile. Forte, ma eccessivamente autoriale, con i particolari metaforici insistiti assai oltre il necessario. Sguardo sociale ed estetico si sovrappongono male in 'Serbis', caratteristica che taglia fuori, molto probabilmente, il titolo filippino dalla corsa alla Palma." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 20 maggio 2008)