Nel 1946 il brigadiere Gatta viene destinato alla caserma di un piccolo paese del napoletano. Qui inizia ad indagare su una serie di misteriosi omicidi avvenuti in un albergo, ma a mano a mano che riesce a scoprire la verità e a trovare nuovi indizi emergono personaggi ambigui, segreti da custodire e paure da sconfiggere...
SCHEDA FILM
Regia: Lucio Gaudino
Attori: Nicola Di Pinto, Gaetano Amato, Francesco Di Leva, Luigi Iacuzio, Daniela Gargiulo, Moira Grassi, Emanuela Garuccio
Soggetto: Angelo Pasquini, Mario Brenta
Sceneggiatura: Mario Brenta, Angelo Pasquini
Fotografia: Maurizio Calvesi
Montaggio: Patrizio Marone
Scenografia: Alfonso Rastelli
Costumi: Nicoletta Taranta
Durata: 90
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Produzione: ANDREA DE LIBERATO PER RAI CINEMA, POETICHE CINEMATOGRAFICHE
Distribuzione: SHARADA (2004)
Data uscita: 2004-03-05
NOTE
FILM REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DEL MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI.
PRESENTATO AGLI INCONTRI INTERNAZIONALI DEL CINEMA DI SORRENTO (9-13 DICEMBRE 2003).
CRITICA
"Suggestivo, evocativo. Ma la programmatica oscurità di questo ritratto in nero del sud italiano anni 40, dove il non detto diventa fantasma e cortina dietro la quale si celano le peggiori turpitudini, contagia la comprensibilità; si fa fatica a star dietro a una storia corale dove la maggior parte degli attori è poco nota e riconoscibile. (...) Resta il limite di una trama troppo difficile da seguire, anche per via della scelta narrativa, volontariamente avara di spiegazioni, che alterna flash e piani temporali." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 6 marzo 2004)
"Il film nasce da un soggetto dell'olmiano Mario Brenta (Maicol chi se lo ricorda?), sceneggiato da Angelo Pasquini. Probabilmente all'origine c'era anche qualche intenzione metaforica, come scavo doloroso nella memoria all'indomani del fascismo. Lucio Gaudino ('Prime luci dell'alba') gira con eleganza, con un accurato uso della fotografia. E una ricostruzione d'epoca sobria pur nei limiti di una produzione non costosa. Un po' incongruo invece l'uso delle musiche (pleonastiche o anacronistiche). Rinuncia alla suspence, anche perché il succo della storia è in fondo chiaro quasi subito. Gioca un po' troppo con gli andirivieni temporali e con i silenzi, più che altro illustra con eleganza e dirige bene gli attori. Si apprezza se non altro il tentativo di un film d'atmosfera, non troppo spiegato, ma alla fine manca l'emozione vera." (Emiliano Morreale, 'Film Tv', 9 marzo 2004)
"Il film 'Segui le ombre' (soggetto di Mario Brenta, regìa di Lucio Gaudino) trasferisce al sud e condensa in meno di un'ora e mezza una libera parafrasi dei fatti di Alleghe, l'atroce vicenda che nei primi '60 portò alla scoperta di un clan familiare omicida. Sul tema esiste tutta una letteratura, dal libro di Sergio Saviane al romanzo 'La donna del lago' di Comisso. Oscura la storia, pasticciata la narrazione interrotta da continui flashback, piena di ombre la fotografia di Calvesi: nell'insieme un film non privo di valori (ottima ambientazione, recitazione volonterosa), ma reticente e difficile da seguire." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 6 marzo 2004)
"L'orrore complice di certe famiglie, la violenza della condizione padronale, la spietatezza degli uomini: Lucio Gaudino, napoletano, 51 anni, già autore di 'Io e il re', di 'Prime luci dell'alba', ha realizzato un film molto bello, profondo, di ottimo stile e di sentimento universale, ispirandosi ai famosi fatti di cronaca di Alleghe, piccola città sul lago vicina a Belluno, negli anni 30 e 40. (...) Il regista si ispira ai fatti di Alleghe in modo parziale e speciale. L'andirivieni di omicidi e complici nello spazio chiuso dell'albergo, mentre all'esterno continua a cadere la pioggia; l'incrociarsi dei sospetti, degli sguardi, delle allusioni; la sottomissione al padre dei figli e delle loro mogli, il consumarsi inerte e disperato della madre; la complicità del paese, non ignaro ma incapace di opporsi all'autorità sociale dei più ricchi; l'indifferenza asciutta verso il male, verso la vita altrui. Tutto questo compone un gran racconto; rispecchia nell'ambito familiare la ferocia politica e bellica degli anni del fascismo e della seconda guerra mondiale; e diventa un'analisi, un atto d'accusa della malvagità umana. ." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 13 marzo 2004)