SCREAMERS URLA DALLO SPAZIO

SCREAMERS

USA 1996
Nel 2078, remoti pianeti come Sirius 6 B, ospitano residuati bellici e piccoli presidi militari (forse anche abbandonati negli spazi siderali). Anche la Terra è quasi deserta, dopo guerre spaventose e utilizzo di minerali, trovati nelle galassie, venefici per le loro conseguenze industriali. Su Sirius 6 B si trova il colonnello Joseph Hendricksson, al suo comando è un manipolo di soldati dell'Alleanza. " Un militare di carriera", ormai nauseato da guerre senza fine, per cui decide di attivare i contatti necessari per una pace separata con le rimanenti forze del Nuovo Blocco Economico. Il problema è di superare una terra di nessuno - estremamente radioattiva - che lo divide dal nemico. In mezzo operano armi letali: sono gli screamers, dei robot evolutissimi destinati ad un unico scopo: inseguire e distruggere ogni forma di vita nemica. Per caso, il colonnello e la recluta Ace che lo accompagna, incontrano David, un bambino che li implora di prenderlo con loro, con il suo orsacchiotto di panno. Poi incontra Becker, un militare minaccioso che ha un piano segreto; il nevrotico Ross e Jessica, una donna bella e senza scrupoli. A costoro non rimane che raggiungere il quartier generale della Alleanza. Ma trovano ostacoli terribili, poiché gli screamers (plotoni e plotoni di bambini-robot) come lo stesso David, si scatenano contro i coraggiosi, addestrati come sono ad eliminare ogni forma umana residua su Sirius 6 B, pianeta abbandonato ufficialmente dopo lo sfruttamento delle sue miniere. Jessica si pone subito dalla parte del colonnello. Però sia lei che Becker sono essi pure dei replicanti, unità fasulle, programmate e distruttive. Davanti ad un monoposto di salvataggio spaziale per tornare alla mitica Terra, occultato nelle caverne del sottosuolo, avviene l'ultima lotta armata fra costoro: si salva solo il colonnello Hendricksson.
SCHEDA FILM

Regia: Christian Duguay

Attori: Ron White, Charles Powell - Ross, Andrew Lauer - Ace, Jennifer Rubin - Jessica, Roy Dupuis - Becker, Peter Weller - Hendricksson, Bruce Berry - Segretario Green, Sylvain Boa - Soldato, Liliana Komorowska

Soggetto: Philip K. Dick

Sceneggiatura: Miguel Tejada-Flores, Dan O'Bannon

Fotografia: Rodney Gibbons

Musiche: Normand Corbeil

Montaggio: Yves Langlois

Scenografia: Perri Gorrara

Durata: 107

Genere: FANTASCIENZA

Tratto da: TRATTO DAL RACCONTO "SECOND VARIETY" DI PHILIP K. DICK

Produzione: ALLEGRO FILMS

Distribuzione: COLUMBIA TRISTAR FILMS ITALIA - COLUMBIA TRISTAR HOME VIDEO

NOTE
REVISIONE MINISTERO MAGGIO 1996
CRITICA
Nulla di nuovo e tanto "già visto" nel film del canadese Christian Duguay, svezzato alla science-fiction con Scanners 2 e 3: atmosfera apocalittica, fanti, santi e replicanti, civiltà ridotta allo stato di rottame, clima millenaristico che torna ad affacciarsi sugli schermi demoniaci (Stargate, Strange days, L'esercito delle dodici scimmie). Eppure Screamers, tratto da un racconto del 1952 di Philip K. Dick, assimila con grazia e con buona resa espressiva riti e celebrazioni della tanta scienza classica, dei film di serie B anni cinquanta, dei grandi kolossal del passato: colori lividi e bluastri quasi ad evocare il bianco e nero dello Stalker di Tarkowski, soluzioni narrative inquietanti come Il villaggio dei dannati (orde di bambini cattivissimi), replicanti con desideri umanoidi stile Blade Runner, passaggi aspri e aridi ispirati a La cosa di Hawks (e a quella di Carpenter), effetti speciali meccanici e visivi (creati dall'esordiente Buzz Image Group) non invadenti. Bella e impassibile la presenza di Peter Weller, ex-Robocop, corpo blasé, attore mutante in grado di solcare con disinvoltura i precipizi onirici del Cronenberg più psichedelico (Il pasto nudo) e l'elaborato cinema d'ambiente di Antonioni (Al di là delle nuvole). (Il Messaggero, Fabio Bo, 6/6/96) Suggestivamente ambientato in una cava di sabbia vicino a Montreal, Screamers sembra un tipico film di fantascienza degli Anni Cinquanta, aggiornato nei trucchi e negli effetti speciali. Ma nella professionale regia del canadese Chris Duguay, il discorso non assume le inquietanti valenze di Blade Runner: qui il doppio incubo dell'umanizzazione della macchina e della simmetrica disumanizzazione dell'uomo non arriva a farsi metafora. (La Stampa, Alessandra Levantesi, 1/6/96)