Ora che Chris e la sua ragazza, Rose, sono arrivati al fatidico incontro con i suoceri, lei lo invita a trascorrere un fine settimana al nord con Missy e Dean. In un primo momento, Chris legge il comportamento eccessivamente accomodante della famiglia, come un tentativo di gestire il loro imbarazzo verso il rapporto interrazziale della figlia; ma con il passare del tempo, fa una serie di scoperte sempre più inquietanti, che lo portano a scoprire una verità che non avrebbe mai potuto immaginare.
SCHEDA FILM
Regia: Jordan Peele
Attori: Daniel Kaluuya - Chris Washington, Allison Williams - Rose Armitage, Bradley Whitford - Dean Armitage, Catherine Keener - Missy Armitage, Caleb Landry Jones - Jeremy Armitage, Stephen Root - Jim Hudson, LaKeith Stanfield - Andrew Logan King, Lil Rel Howery - Rod Williams, Betty Gabriel - Georgina, Marcus Henderson - Walter, Ashley LeConte Campbell - Lisa Deets, John Wilmot - Gordon Greene, Caren Larkey - Emily Greene, Julie Ann Doan - April Dray, Rutherford Cravens - Parker Dray, Geraldine Singer - Philomena King, Yasuhiko Oyama - Hiroki Tanaka, Richard Herd - Roman Armitage, Erika Alexander - Detective Latoya, Jeronimo Spinx - Detective Drake, Ian Casselberry - Detective Garcia, Trey Burvant - Agente Ryan, Zailand Adams - Chris a 11 anni
Sceneggiatura: Jordan Peele
Fotografia: Toby Oliver
Musiche: Michael Abels
Montaggio: Gregory Plotkin
Scenografia: Rusty Smith
Arredamento: Leonard R. Spears
Costumi: Nadine Haders
Effetti: Ingenuity Studios
Durata: 103
Colore: C
Genere: THRILLER HORROR
Specifiche tecniche: ARRI ALEXA MINI, CODEX, ARRIRAW (3.4K)/(2K), D-CINEMA (1:2.35)
Produzione: SEAN MCKITTRICK, JASON BLUM, EDWARD H. HAMM JR., JORDAN PEELE PER BLUMHOUSE PRODUCTIONS, QC ENTERTAINMENT, IN ASSOCIAZIONE CON MONKEYPAW PRODUCTIONS
Distribuzione: UNIVERSAL PICTURES INTERNATIONAL ITALY
Data uscita: 2017-05-18
TRAILER
NOTE
- CANDIDATO AI GOLDEN GLOBES 2018 PER: MIGLIOR FILM MUSICAL/COMMEDIA E ATTORE PROTAGONISTA (DANIEL KALUUYA).
- OSCAR 2018 PER SCENEGGIATURA ORIGINALE. ERA CANDIDATO ANCHE PER: MIGLIOR FILM, REGIA, ATTORE PROTAGONISTA (DANIEL KALUUYA).
CRITICA
"Il soggetto sembra quello del seminale 'Indovina chi viene a cena?'; che lo svolgimento, però, ribalta come un calzino. Perché 'Scappa - Get Out', primo film di Jordan Peele (...), è un horror, degno erede dei thriller paranoici in stile John Carpenter. Lo ha prodotto la Blumhouse, quella della serie Paranormal Activity, ma il suo linguaggio è all'opposto dei film precedenti: misurato, accurato, abile a creare malessere senza ricorrere a trucchi da baraccone. (...) il film è un geniale ibrido che contraddice le aspettative con sorprese continue, ma senza mai nuocere alla coerenza narrativa. Se tratta apertamente di razzismo, anzi di una forma inedita di neoschiavismo, lo fa in maniera tutt'altro che semplificatoria. Tirando in ballo la feticizzazione (razzista) del black people: i neri sono più bravi nello sport, più dotati sessualmente ecc. E soprattutto non facendo degli americani bianchi e ricchi dei fautori di Trump o della Palin. Anzi." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 18 maggio 2017)
"In Chris scatta un campanello di allarme di cui però non riesce a decifrare i motivi, finché il film - condotto sino a quel momento su un filo di sottile, paranoica tensione - non esplode nella violenza svelando la sua natura di horror: un genere che, nella versione nobile, usa la carta del terrore per esorcizzare i fantasmi reali. In questo caso il mostro da cui scappare è lo schiavismo - una forma di schiavismo subdolo, simil-antropofago - figlio diretto del razzismo: virus latente dell'élite bianca, inclusi coloro che si reputano democratici e detestano Trump. Scritto e diretto da Jordan Peele (...) 'Get Out' è - dopo 'Moonlight', vincitore dell'Oscar - l'ulteriore conferma di un'emergente drammaturgia afroamericana che gioca con spregiudicatezza a esprimere una propria identità, utilizzando parametri culturali bianchi ma ribaltandone le ottiche. Così in un mondo di wasp mascherati di falsa bonomia, stavolta è un nero (finemente incarnato dall'attore inglese Daniel Kaluuya) a emergere come l'unico essere dotato di spessore umano; seppur gli è necessario il contraltare del suo migliore amico (l'ottimo Lil Rel Howery): un agente dell'antiterrorismo che per mestiere sa bene che il Male si nasconde all'interno; e riassume il disagio di una comunità afroamericana che negli Usa post Obama non dorme certo tranquilla." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 18 maggio 2017)
"(...) conflitti etnici e tensioni razziali, recrudescenze fasciste e spettri massonici. Un 'Indovina chi viene a cena?', insomma, riveduto e (politicamente) scorretto, che nella cornice horror distopica trova qualcosa di autenticamente disturbante, nonché novità di genere apprezzabili, dalle musiche survoltate (Michael Abels) allo humour da 'buddy movie'. Non mancano i difetti, ma i pregi li minimizzano: accorrete." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 18 maggio 2017)
"Comincia come il leggendario 'Indovina chi viene a cena?'. Ma finisce con punte horror. (...) Piacerà a chi della Blumhouse ha gradito il ciclo della 'Notte del giudizio'. Qui la violenza è meno implacabile ed efferata. In compenso l'idea centrale è più tosta e suggestiva (che il razzismo che si credeva debellato in Usa in realtà è una metastasi maligna innestata nel ventre d'America)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 18 maggio 2017)
"(...) non perdete questo libello in forma di psicodramma horror. Proprio dove si sente il genere (dietro c'è la specialista a basso budget e alti successi Blumhouse Production) c'è la realtà. Se il cinefilo cita un classico come 'Society' di Yuzna ha ragione." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 18 maggio 2017)
"Nell'improbabile punto d'incontro tra 'Indovina chi viene a cena', 'The Stepford Wives' e 'White Dog' di Samuel Fuller, è nata una stella. Si chiama Jordan Peele (...). Per la prima volta dietro alla macchina da presa, sponsorizzato dal produttore di 'Split' e dei 'The Punge', Jason Blum, per la Universal, Peele ha scritto e diretto quello che, prima ancora di essere arrivato in sala, è risultato il film meglio recensito dell'anno. Una commedia orrorifica con artigli che in una produzione da studio non si vedevano da tempo; una satira affilatissima che contrasta l'onda buonista di certo contemporaneo black cinema e (se ce ne fosse stato bisogno) l'ennesima prova che l'America post racial esiste solo in qualche spot pubblicitario sulla MSNBC. (...) La scelta geniale di Jordan Peele (...) è quella di non affondare i denti nella preda facile, scontata, del razzismo redneck, confezionato per la caricatura, ma nelle carni più insospettabili (e, si vedrà, molto più perverse) della borghesia colta e liberal. Prima dell'entrata in scena dello splatter vero e proprio (con un denouement irriverente come il cane ammazza neri nella Beverly Hills del film di Samuel Fuller), è il disagio che invade 'Get Out', come un virus, in un mix di satira e paura che ricorda l'exploitation antirazzista di Larry Cohen." (Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 17 maggio 2017)
"Che cosa unisce horror e umorismo? A sentire Jordan Peele, il regista di Scappa - Get Out è «la voglia di entrambi di mettere in evidenza l'assurdità del mondo». Forse non è sempre stato così, ma il comico americano (...) è perfettamente riuscito a farli convivere nel suo film d'esordio, che sta passando alle cronache come il primo cult dell'era Trump (...) il film potrebbe presentarsi a prima vista come una specie di rilettura di 'Indovina chi viene a cena?' di Stanley Kramer, dove una fidanzata bianca presentava ai propri genitori (altrettanto bianchi) il fidanzato nero. E infatti anche il film di Peele inizia come una scontata commedia sui rapporti interrazziali (...). Ben presto, però, il ricordo del film di Stanley Kramer con le sue discussioni sulle difficoltà di far accettare a una società bianca un fidanzato nero svaniscono di fronte agli strani comportamenti degli ospiti di villa Armitage (...). Per un'ora circa, Peele conduce il racconto sul filo dell'equilibrio tra tensione e rassicurazioni, tra paure e umorismo, identificandosi con un protagonista che non sa se dar ragione ai dubbi che gli nascono o se considerarli solo retaggio di antichi comportamenti razzisti, che non hanno più ragione di esistere tra borghesi illuminati (ancorché bianchi) come sono gli Armitage e i loro ricchi invitati. Almeno fino a quando la festa è finita e Chris resta solo con la fidanzata e i suoi familiari. A questo punto una serie di colpi di scena rovescia la situazione (e il tono del film) aprendo le porte a una deriva molto più drammatica. Da questo punto in poi, il film diventa più «prevedibile», meno «sorprendente», ma questo non toglie che almeno fino a quel momento, Peele abbia lanciato allo spettatore una serie di spunti di riflessione tutt'altro che banali e che mettono in discussione il cambiamento che la doppia presidenza Obama avrebbe dovuto significare per il Paese. La battuta del padre sulla sua voglia di rivotarlo per una terza volta perde ogni connotazione umoristica per diventare lo specchio di una società che si rivela progressista (o meglio: antirazzista) solo a parole. E alla fine, dopo una adrenalinica serie di ribaltamenti di fronte, allo spettatore resta comunque il dubbio che certi cambiamenti nella società americana siano molto difficili da portare a compimento. Soprattutto tra i ricchi e i potenti." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 16 maggio 2017)
"'Get Out' è un gran film, divertente, sorprendente, sottile. Non serve tirarlo per la giacchetta." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 16 maggio 2017)
"(...) metahorror elegante e consapevole, scritto e girato da Jordan Peele del duo comico Key & Peele riesce a far capire che a un nero americano, oggi, l'idea stessa di chiudersi in una casa con del bianchi pub suscitare terrore. Peele conosce il tema da ogni angolatura: nero di pelle, sua madre e sua moglie sono bianche. Nel suo film i bianchi passano dall'accondiscendenza alla complicità forzata, al pregiudizio, al razzismo più violento." (Francesco Pacifico, 'Il Sole 24 Ore', 1 maggio 2017).