Il regista Apichatpong Weerasethakul compie un viaggio a ritroso nel tempo per ricordare i suoi genitori, entrambi medici, e la sua infanzia passata tra ospedali e luoghi di cura. Tutto inizia quando, nell'ospedale di un piccolo paese, il dottor Toa, un giovane medico, prova a vincere la sua timidezza e a dichiarare i suoi sentimenti a Nuntarut, una sua collega. La dottoressa però sembra non accorgersi neanche del giovane dottore perché è troppo occupata a capire quali sentimenti nutra nei confronti di Sopon, il proprietario di un'eccezionale collezione di orchidee che ha conosciuto qualche giorno prima.
SCHEDA FILM
Regia: Apichatpong Weerasethakul
Attori: Jaruchai Iamaram - Dott. Nohng, Jenjira Pongpas - Pa Jane, Nantarat Sawaddikul - Dott. Tei, Sophon Pukanok - Noom, Arkanae Cherkam - Ple, Sakda Kaewbuadee - Sakda, Nu Nimsomboon - Toa, Wanna Wattanajinda - Dott. Wan, Sin Kaewpakpin - Vecchio monaco
Soggetto: Apichatpong Weerasethakul
Sceneggiatura: Apichatpong Weerasethakul
Fotografia: Sayombhu Mukdeeprom
Montaggio: Lee Chatametikool
Scenografia: Akekarat Homlaor, Nitipong Thinthupthai
Arredamento: Manita Niyomprasit
Costumi: Nitipong Thinthupthai
Altri titoli:
Intimacy
Intimacy and Turbulence
Syndromes and a Century
Durata: 105
Colore: C
Genere: BIOGRAFICO DRAMMATICO
Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.78)
Produzione: ANNA SANDERS FILMS, BACKUP FILMS, ILLUMINATIONS FILMS, KICK THE MACHINE, NEW CROWNED HOPE, TIFA
NOTE
- PRESENTATO IN CONCORSO ALLA 63MA MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2006).
CRITICA
"A meno che le mosche cocchiere della cinefilia non si riscoprano in vena di ribalderie, 'Sang sattawat' ('Luce del secolo') di Apichatpong Weerasethakul - non è uno scherzo, si scrive proprio così: per la pronuncia rivolgersi altrove - ha ottime chance di conquistare lo scettro di film più marmoreo dell'edizione 2006. Gli eventi (si fa per dire) ripresi a camera fissa si svolgono in un paio di ospedali e nell'arco di una sola giornata, che stranamente per gli spettatori sembra composta da almeno un centinaio di ore." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 1 settembre 2006)