Al ritorno da un viaggio di sei mesi in mare, il capitano di marina Lin scopre che suo figlio, il venticinquenne Lin Bo, è stato ucciso dalla polizia. Per comprendere i motivi che hanno portato all'uccisione di suo figlio, l'uomo intraprende un viaggio verso la città di Chongqin, dove aveva vissuto tempo prima. Giunto sul posto, Lin scoprirà di conoscere ben poco della vita di suo figlio e capirà quanto le sue prolungate assenze abbiano influito sull'esistenza del ragazzo.
SCHEDA FILM
Regia: Wang Xiaoshuai
Attori: Wang Xueqi - Lin Quanhai, il padre, Fan Bingbing - Zhu Qing, il medico, Qin Hao - Xiao Hao, l'amico, Zi Yi - Lin Bo, il figlio, Li Feier - Xiao Wen, la ragazza
Sceneggiatura: Wang Xiaoshuai, Yishu Yang
Fotografia: Wu Di
Montaggio: Fang Lei, Yang Hongyu
Scenografia: Lu Dong
Altri titoli:
Chongqing Blues
Durata: 110
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: SCOPE (1:2.35)
Produzione: TEMPO FILMS, WXS PRODUCTIONS, BEIJING BONA FILMS&TELEVISION CULTURE CO.
NOTE
- IN CONCORSO AL 63. FESTIVAL DI CANNES (2010).
CRITICA
"Padri e figli: un tema che dai tempi di Turgenev (ma forse da quelli di Omero: Priamo ed Ettore, Ulisse e Telemaco...) funziona sempre. (...) Wang Xiaoshuai è un regista che ci sta nel cuore ('Le biciclette di Pechino' e 'Shanghai Dreams' sono tra i grandi film cinesi degli ultimi anni) ed è quindi con malcelato dolore che vi diciamo che 'Chongqing Blues', pur bello, è un po' inferiore a quei due capolavori. Rimane il talento di Wang nel restituire l'atmosfera di una città: Chongqing è una delle nuove metropoli del miracolo economico cinese, ed è stata filmata anche da Gianni Amelio in 'La stella che non c'è'." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 14 maggio 2010)
"'Chongqing Blues', invece, va dritto al suo obiettivo che è, narrativamente, quello di scoprire perché il figlio del protagonista sia stato ucciso dalla polizia e, metaforicamente, come mai le generazioni dei padri e dei figli non sappiano più comunicare. Così, anche se moltiplica i 'testimoni' da interrogare, Wang finisce per restare prigioniero di una sceneggiatura troppo programmatica, che ribadisce sempre lo stesso punto di vista, a volte con scene anche eccessivamente didascaliche (la fotografia del figlio sempre più ingrandita e sempre più inintelligibile). E alla fine delle due proiezioni ti ritrovi con la stessa insoddisfazione, perché la libertà e la leggerezza del primo producono un modo di raccontare eccessivamente superficiale, mentre la determinazione e la linearità del secondo rendono tutto fin troppo prevedibile e scontato." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 14 maggio 2010)
"Primo dei cinque film orientali in concorso, 'Chongqing blues' è un dramma intimista sullo sfondo dei drastici mutamenti nella Cina moderna. La Chongqing del titolo è una megalopoli costruita al centro del Paese: irta di grattacieli, inquinata da mefitiche polluzioni, in frenetico sviluppo economico. (...) Raccontato come un'indagine, con la macchina da presa che segue il protagonista, il film immerge in un universo giovanile sbandato e convertito ai miti dell'Occidente, senza nascondere la nostalgia per i valori familiari di cui il regista (e sceneggiatore) Wang Xiaoshuai deplora la crisi. Malgrado il finale purificatorio, il senso che si ricava è di profondo pessimismo: sul mondo attuale, sui rapporti tra generazioni e anche sul potere delle immagini (non avendo foto del figlio, il padre tenta di farne ingrandire il volto ripreso da una telecamera, ma lo rende sempre più irriconoscibile)". (Roberto Nepoti, 'Repubblica', 14 maggio 2010)