Léo è un filmaker in cerca di un lupo tra i vasti altopiani della Lozère quando incontra Maria, una ragazza dallo spirito libero che gestisce un gregge di pecore. Dopo alcuni mesi, i due hanno un figlio. La ragazza, però, in preda alla depressione post parto e senza fiducia in Léo, che va e viene senza preavviso, decide di abbandonare entrambi. Léo resta solo con il piccolo; non è facile, ma in fondo è una situazione che gli piace. Attraverso una serie di incontri inaspettati e in cerca di nuova ispirazione per le sue opere, Léo proverà a trovare un modo per andare avanti...
SCHEDA FILM
Regia: Alain Guiraudie
Attori: Damien Bonnard - Léo, India Hair - Marie, Raphaël Thiéry - Jean-Louis, Christian Bouillette - Marcel, Basile Meilleurat - Yoan, Laure Calamy - Mirande, Sébastien Novac - Il produttore
Sceneggiatura: Alain Guiraudie
Fotografia: Claire Mathon
Montaggio: Jean-Christophe Hym
Scenografia: Toma Baqueni
Costumi: Sabrina Violet, François-Renaud Labarthe, Adelaïde Le Gras
Altri titoli:
Staying Vertical
Durata: 100
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: SCOPE, DCP
Produzione: LES FILMS DU WORSO, IN COPRODUZIONE CON ARTE FRANCE CINÉMA
NOTE
- REALIZZATO CON LA PARTECIPAZIONE DI: CNC, CANAL+, CINÉ+, ARTE FRANCE; CON IL SOSTEGNODI: DÉPARTEMENT DE CHARENTE-MARITIME ET DE LA RÉGION POITOU-CHARENTE, RÉGION LANGUEDOC-ROUSSILLON, RÉGION MIDI-PYRÉNÉES, IN PARTENARIATO CON IL CNC.
- IN CONCORSO AL 69. FESTIVAL DI CANNES (2016).
- PRESENTATO AL 34. TORINO FILM FESTIVAL (2016) NELLA SEZIONE 'FESTA MOBILE'.
CRITICA
"(...) è un oggetto che si fatica a maneggiare. (...) a dispetto di alcune scene di crudo realismo (primi piani degli organi sessuali ma anche della nascita del bambino) che dovrebbero sottolineare la concretezza delle cose della vita, ogni tanto il film scolora nella metafora, addirittura nell'iconografia religiosa (di fronte ai lupi che infestano la zona, il protagonista diventa un buon pastore e poi un seguace di San Francesco) lasciando allo spettatore la sensazione di un film che sfugge a ogni definizione ma anche un po' alla comprensione." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 13 maggio 2016)
"(...) Alain Guiraudie (...) ci aveva incantato con il noir gayssimo «Lo sconosciuto del lago», ma qui si perde in una terra di nessuno dove tutto si confonde, simbolo e realtà, sogno e veglia. (...) Scena già cult: l'eutanasia con sodomia del più anziano, che vorrebbe emanare una luce mitica ma è assurda e involontariamente comica. Gran finale con padre, agnello e 'suocero' circondati da metaforicissimi lupi. Qualcuno griderà al capolavoro." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 13 maggio 2016)
"Lascia un po' interdetti (...) l'atteso 'Rester vertical' di Alain Guiraudie dopo 'Lo sconosciuto del lago' (...). Guiraudie racconta relazioni tra sessi in un mondo che non conosce più sentimenti né desiderio, e rispetto alla concentrazione stilistica del film precedente cerca maggior ariosità. Ma certe trovate, certi simbolismi sono un po' a effetto. E anche le scene shock (...) sembrano 'di testa', senza vera necessità." (Emiliano Morreale, 'La Repubblica', 13 maggio 2016)
"(...) ci 'regala' una scena scandalo (...) un po' di fluidità sessuale e qualche buona idea giocata male sulla famiglia oggi, l'impasse creativa e i lupi metafora minacciosa dell'Isis." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 13 maggio 2016)
"Ambientato tra uomini e lupi (anche in senso metaforico), crudo e ossessionato sul piano delle immagini e della sessualità è, ancora una volta, uno studio sulla paura e le sue conseguenze." (Andrea Frambrosi, 'L'Eco di Bergamo', 13 maggio 2016)
(...) doveva essere la conferma di un talento mancato, si è rivelato un bidone intellettuale (...)." (Stenio Solinas, 'Il Giornale', 19 maggio 2016)