Racconto di primavera

Conte de printemps

FRANCIA 1989
Jeanne, una giovane insegnante di filosofia, fidanzata con il matematico Mathieu, attualmente lontano per motivi di studio, conosce ad una festa Natacha, una pianista diciottenne, simpatizza subito con lei e accetta il suo invito a trasferirsi per alcuni giorni nel suo appartamento, dal momento che il suo lo ha prestato a sua cugina, mentre quello di Mathieu è troppo disordinato per lei. Le due ragazze diventano amiche e si confidano i propri problemi: Jeanne è preoccupata del suo rapporto con Mathieu; mentre Natacha, che si sente trascurata dal suo ragazzo, William, un giornalista, detesta sia sua madre, sia Eve, la saccente amante di suo padre Igor. Quando suo padre incontra casualmente Jeanne, si sente attratto da quella donna riposante e Natacha pensa che le piacerebbe che la fidanzata di suo padre fosse una brillante e giovanile insegnante di filosofia. Durante un weekend nella casa di campagna con il padre, Natacha riesce a far allontanare Eve con la speranza che il padre, rimasto nel frattempo solo con Jeanne, tenti di corteggiarla. Così avviene e Jeanne, irritata, decide di andarsene. Forse è arrivato il momento di mettere ordine nella sua vita.
SCHEDA FILM

Regia: Éric Rohmer

Attori: Anne Teyssèdre - Jeanne, Hugues Quester - Igor, Florence Darel - Natacha, Eloïse Bennett - Ève, Sophie Robin - Gaëlle, Marc Lelou - Gildas, François Lamore - William

Soggetto: Éric Rohmer

Sceneggiatura: Éric Rohmer

Fotografia: Luc Pagès

Musiche: Jean-Louis Valéro

Montaggio: María Luisa García

Altri titoli:

Tales of Four Seasons

A Tale of Springtime

A Spring Tale

Contes des quatre saisons: Conte de printemps

Durata: 112

Colore: C

Genere: ROMANTICO COMMEDIA

Specifiche tecniche: PANORAMICA, 35 MM

Produzione: MARGARET MENEGOZ PER LES FILMS DU LOSANGE, SOFICA INVESTIMAGE, COMPAGNIE ERIC ROHMER (CER)

Distribuzione: ACADEMY (1990) - RCS FILMS & TV

NOTE
- PRESENTATO FUORI CONCORSO AL FESTIVAL DI BERLINO 1990.
CRITICA
"Ma bisogna vedere la grazia con cui l'autore articola il discorso, tagliato in dialoghi il più delle volte a due personaggi, e quali palpiti sa dare alle sue ragazze in fiore. C'è nelle immagini, nonostante l'impermeabilità di Rohmer a tutto quanto esula dell'orizzonte sentimentale dei personaggi, il senso del vissuto con le sue pungenti amarezze, le sue contraddizioni, le accensioni e i dolori. L'abbiamo già detto da Berlino: un film così è una splendida occasione per riscoprire la commedia della vita e la vita come commedia. E abbiamo già detto, e lo diremo ancora, che Eric Rohmer è l'Amadeus del cinema". ('Il Corriere della Sera', 6 maggio 1990)

"E' il delizioso film che chiuse in bellezza, fuori concorso, l'ultimo festival di Berlino. Dopo i sei film dei 'Racconti morali' e i cinque di 'Commedie e proverbi', Maurice Scherer, in arte Rohmer, settantenne felice, ha aperto un nuovo ciclo che s'intitola 'Racconti delle quattro stagioni'. S'incomincia, come l'uso vuole, con la primavera. Rohmer ha cambiato ciclo, ma non la classica trasparenza dello stile, l'interesse per i personaggi giovani, la leggerezza elegante del tocco, la cristallina e armoniosa purezza, insomma il suo cinema fondato sulla comunicazione verbale e l'analisi psicologica. [...] Hugo von Hoffmanstahl diceva: 'La profondità va nascosta. Dove? In superficie'. Il suo film s'appoggia qua e là, con competenza, a frammenti di un arioso Beethoven e di Schumann." (Morando Morandini, 'Il Giorno', 5 maggio 1990)

"Dopo i sei film che hanno dato vita ai 'Racconti morali' e ai sette andati sotto il titolo 'Commedie e proverbi', Rohmer inaugura con questo 'Racconto di primavera' un nuovo ciclo dedicato alle stagioni. E della primavera quest'ultima fatica del professore di Lettere ha la freschezza e il profumo, il tiepido calore e la fragranza, di per sé sufficienti a confortare un animo dotato di un minimo di sensibilità. Se poi in fondo a quest'animo c'è qualcosa di più, il gioco si fa maggiormente invitante e piacevole. A renderlo tale contribuiscono fra l'altro, ancora una volta, gli attori ai quali ricorre abitualmente Rohmer. Non attori noti - che probabilmente mal si adatterebbero ai personaggi loro assegnati, tutti invariabilmente marcati da quell'anonimato che è la caratteristica della gente comune, - ma attori che suppliscono alla popolarità con la genuinità. E sempre gradevoli sorprese. Come Anne Teyssedre nel ruolo di Jeanne." (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', 23 maggio 1990)