Alla morte della madre adottiva, la vita di April Epner, una tranquilla insegnante di Filadelfia, viene sconvolta dall'apparizione della madre naturale, Bernice, conduttrice di un celebre talk-show e in cerca di riscatto per averla abbandonata.
SCHEDA FILM
Regia: Helen Hunt
Attori: Helen Hunt - April Epner, Bette Midler - Bernice Graves, Colin Firth - Frank, Matthew Broderick - Ben, Lynn Cohen - Trudy, Ben Shenkman - Freddy, Salman Rushdie - Dottor Masani, John Benjamin Hickey - Alan, Daisy Tahan - Ruby, David Callegati - Gianni, Stacie Linardos - Anne, Tommy Nelson - Jimmy Ray
Soggetto: Elinor Lipman - romanzo
Sceneggiatura: Helen Hunt, Alice Arlen, Victor Levin
Fotografia: Peter Donahue
Musiche: David Mansfield
Montaggio: Pam Wise
Scenografia: Stephen Beatrice
Arredamento: Cristina Casanas
Costumi: Donna Zakowska
Effetti: Michael Caplan
Durata: 100
Colore: C
Genere: DRAMMATICO ROMANTICO COMMEDIA
Specifiche tecniche: ARRIFLEX, 35 MM (1:1.85) - TECHNICOLOR
Tratto da: romanzo "Then She Found Me" di Elinor Lipman
Produzione: HELEN HUNT, PAMELA KOFFLER, KATIE ROUMEL, CONNIE TAVEL, CHRISTINE VACHON, MATTHEW MYERS PER KILLER FILMS, BLUE RIDER PICTURES, JOHN WELLS PRODUCTIONS
Distribuzione: MEDUSA (2008)
Data uscita: 2008-06-06
TRAILER
CRITICA
"Per il suo esordio dietro la macchina da presa, Helen Hunt ha deciso di andare contro tutte le convenzioni, adattando con una certa libertà il libro di Elinor Lipman 'Then She Found Me' e attribuendosi - più per risparmiare sul budget (basso) che per scelte artistiche - il ruolo della protagonista, April Epner. (...) La materia è trattata da Helen Hunt con un tono assolutamente anti-epico e anti-romantico. I colpi di scena finiscono per restare sullo sfondo, come una tela di fondo che incide solo marginalmente sull' essenza del film. Che sta tutta nella registrazione delle reazioni psicologiche ed emotive della protagonista. Di fronte a una materia narrativa così ampia e variegata, Helen Hunt sceglie di smussare tutti gli angoli, di lavorare sui particolari e sul sottotono. Puntando soprattutto sull' equilibrio del racconto e sulla prova degli attori. Probabilmente era l' unica strada possibile, perché gli argomenti rischiavano ogni volta di scivolare verso il retorico o addirittura l' abusato, ma è indubbio che dietro questa scelta si senta la presenza di una sensibilità e di un pudore non comuni. Viene in mente un grande capolavoro dei buoni sentimenti, 'Ho sognato un angelo' di George Stevens, con cui ha indubbi punti di contatto e con cui condivide il gusto per i piccoli particolari significativi, che scivolano nel flusso del film senza alcuna sottolineatura. Senza dimenticare, però, che le scelte di stile e di racconto che nel 1941 erano mainstream oggi sono decisamente fuori moda. E rischiano di non essere apprezzate dal pubblico. Il che sarebbe comunque un peccato, perché Quando tutto cambia ha una grazia e una delicatezza insolite, con la sua capacità di raccontare sottovoce il bisogno di affetto e generosità che né la religione né le persone spesso riescono a garantire. E il fatto che l' uomo forse adatto a lei sia un inglese è un altro piccolo segnale dell' insoddisfazione generazionale ed esistenziale di cui Helen Hunt ha voluto parlarci con questo film. Senza affettazioni o ricatti, ma con la voce appena sussurrata dei cari, vecchi «buoni» sentimenti." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 5 giugno 2008)
"Qualcosa è cambiato? Quasi tutto. L'attrice da Oscar Helen Hunt torna al cinema dopo anni di teatro per un melodramma moderno dove il sorriso è più forte delle lacrime.Lei è anche regista. (...) Pellicola semplicistica ma bisogna rendere atto alla Hunt di aver raggiunto dei risultati: finalmente rivediamo un Colin Firth intemperante come ai tempi di 'Febbre a 90°' e finalmente ammiriamo una bellissima donna piena di rughe guidare un film da protagonista. A Hollywood, ora, è più unico che raro. I duetti figlia sciatta e madre rifatta sono il cuore del film. Le due scene con Salman Rushdie attore, invece, sono inutili." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 6 giugno 2008)
"Rispetto all'omonimo romanzo, centrato sul rapporto tra le due donne, 'Quando tutto cambia' aggiunge la spinta alla maternità e l'innamoramento. Davanti ad un concentrato del genere ci sarebbe da tagliarsi le vene, se il film non si sostenesse su quell'umorismo ebraico - in grado di decomprimere le tragedie - del libro di Elinor Lipman. Figlia d'arte, interprete teatrale, televisiva e cinematografica, Hunt per esordire alla regia di un lungometraggio - era già stata dietro la macchina da presa per alcuni episodi di una famosa serie TV - ha cullato per un decennio il desiderio di questa trasposizione. Con pochi soldi a disposizione ed un buon cast (in un cameo da ginecologo compare pure Salman Rushdie), sentiva così sua la storia che l'ha co-prodotta, co-sceneggiata, diretta e interpretata. E, mentre riprende teneramente la fragilità maschile di un marito infantile e di un compagno scottato dall'amore, lo fa con una sincerità che già fisicamente salta subito agli occhi: è una donna che - caso più unico che raro oggi ad Hollywood - accetta i segni del tempo sul suo corpo, dimostrando anche più anni della trentanovenne April." (Federico Raponi, 'Liberazione', 5 giugno 2008)