Quand j'étais chanteur

Depardieu da applauso nel film di Giannoli: sfumature e mezzitoni lo proiettano verso la Palma per l'interpretazione

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FRANCIA 2006
Marion, una giovane donna, conosce in un locale Alain, un cantante. L'uomo le chiede di salire sul palco a cantare con lui per vedere insieme le coppie che si formano nella sala e cominciano a ballare. Cosa scoprirà?
SCHEDA FILM

Regia: Xavier Giannoli

Attori: Gérard Depardieu - Alain, Cécile de France - Marion, Mathieu Amalric - Bruno, Christine Citti - Michèle, Patrick Pineau - Daniel, Alain Chanone - Philippe Mariani, Antoine de Prekel - Martin

Sceneggiatura: Xavier Giannoli

Fotografia: Yorick Le Saux

Scenografia: François-Renaud Labarthe

Costumi: Nathalie Benros

Durata: 112

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Produzione: EUROPA CORP., RECTANGLE PRODUCTIONS

NOTE
- IN CONCORSO AL 59MO FESTIVAL DI CANNES (2006).
CRITICA
"Ci sono film che sembrano canzoni. E storie che sanno raccontare solo i francesi. 'Quand j'étais chanteur' di Xavier Giannoli è le due cose insieme. Il ritratto di un vecchio cantante di provincia che si innamora della persona sbagliata ma non si arrende. E trasforma quell'amore per una donna troppo giovane, bella e disastrata per lui, in qualcosa di meno convenzionale ma altrettanto prezioso. (...) Scandito da vecchi hit francesi e italiani (da Battisti a Bobby Solo), che spesso introducono o commentano alla perfezione gli eventi, 'Quand j'etais chanteur' magari non vincerà nulla. Ma tratteggia un ritratto del maschio in declino con un affetto e a suo modo un ottimismo invidiabili. Un oggetto raro, specie in un festival." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 27 maggio 2006)

"Carino, vezzoso, accorato, poetico. È 'Quand j'etais chanteur'. Il film di Xavier Giannoli punta sul protagonismo di Gérard Depardieu stavolta incarnato in romantico menestrello: effettivamente a suo pieno agio nel modulare strofette da balera, l'attore s'industria a rendere credibile l'amoretto del maturo Alain con la sbarazzina Marion, interpretata da Cécile de France con gli stessi, insopportabili toni della mitica Amélie Poulain. Nel segno e nel sogno delle ottime cose di pessimo gusto della natia Auvergne, il regista ricama sul vuoto i suoi eleganti ghirigori nostalgici." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 27 maggio 2006)