1928, Manciuria. Itami, un giovane giapponese, si innamora pazzamente di Cynthia, una bella ragazza cinese ma viene richiamato in patria per fare il servizio militare e i due sono costretti a separarsi. Dopo essersi salutati alla stazione, Cynthia assiste al brutale assassinio di suo fratello da parte di un estremista della destra giapponese. Tre anni dopo Shanghai è ufficialmente occupata dal Giappone, l'atmosfera in città diventa tesa. La ragazza, conosciuta oramai con il nome di Ding Hui lavora per un gruppo di resistenza, Purple Butterfly, che prepara l'assassinio di Yamamoto, capo dei servizi segreti giapponesi. Anche Itami è a Shanghai, poichè opera come agente segreto proprio sotto Yamamoto. All'arrivo in città, un giovane cinese, Szeto, che deve incontrare la sua fidanzata, viene catturato ingiustamente dai combattenti della resistenza perchè accusato di aver preparato l'eliminare fisica di Yamamoto e la sua ragazza viene uccisa. Szeto fugge con i membri del Purple Butterfly, che lo credono il sicario reclutato. Solo Ding Hui conosce la verità...
SCHEDA FILM
Regia: Lou Ye
Attori: Zhang Ziyi - Ding Hui, Liu Ye - Szeto, Yuangzheng Feng - Xie Ming, Nakmura Toru - Itami, Li Bingbing - Yiling
Sceneggiatura: Lou Ye
Fotografia: Wang Yu
Musiche: Jörg Lemberg
Montaggio: Lou Ye, Xiaohong Chen
Scenografia: Liu Weixin
Durata: 125
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Produzione: SHANGAI FILMS STUDIO
NOTE
PRESENTATO IN CONCORSO AL FESTIVAL DI CANNES 2003
CRITICA
"Il cinese Lou Ye, assai premiato al primo film, nel secondo fa spreco di sé. Togliendo forza e mordente alla storia durissima degli amori proibiti di una cinese di Shangai e di un giapponese fra il 1928 e il 1931, quando la città è in rivolta contro gli occupanti nipponici. Attentati, qui pro quo, tradimenti, languori, doppiogiochi politici e amorosi, più un magnifico e sanguinoso finale non salvano l'estenuato 'Purple Butterfly' ribattezzato a furor di popolo 'In the Mood for War' da un sostanziale fallimento". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 23 maggio 2003)
"L'indifferenza per la comprensibilità delle trame si conferma un vezzo diffuso. Siamo davanti a un cinema di puro décor, solo costumi scenografia e ambienti". (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 23 maggio 2003)