TRAMA BREVE
Un bambino di sei o sette anni, Giovanni, vaga per le campagne della Toscana esprimendosi con uno strano linguaggio che nessuno riesce a decifrare. I medici, convinti che il modo di comunicare sia conseguenza di un trauma subìto, tentano di 'rieducarlo'. Le uniche a cercare di capire Giovanni sono una psicologa ed una infermiera, Marina ed Elena. Dentro l'ospedale i loro sforzi non sono capiti e così le due donne sono costrette a rapire il bambino. Sotto gli sguardi attenti delle due donne, il bambino comincia a seguire spontaneamente le sue inclinazioni: la passione per il colore, la gestualità e il contatto fisico. Cerca di comunicare. Con l'aiuto del fidanzato violoncellista, Marina riesce piano piano a decifrare il linguaggio di Giovanni.
TRAMA LUNGA
Il professor Lanfranco vive con la moglie Clara, molto più giovane di lui, in una villa in Toscana. Il rapporto tra i due non è sereno. Passano sette anni ed ecco Lanfranco, sempre dedito agli studi, affiancato ad un bambino, Giovanni, che gioca nel giardino. Giovanni parla uno strano linguaggio, e Lanfranco gli risponde nello stesso misterioso italiano pieno di enigmi. Una sera Lanfranco ha un infarto e muore. Il bambino non sa cosa fare. Per un po' dorme sulle ginocchia del padre defunto, poi sente freddo e di veste. Ad un certo punto esce dalla villa, vaga per la campagna, finché non viene visto, avvicinato, e portato nell'ospedale del paese. Qui i medici pensano che quel linguaggio incomprensibile sia la conseguenza di un trauma e cercano di forzarne il cambiamento. Al contrario la psicologa Marina e l'infermiera Elena ritengono che si debba indagare sul perché di quelle parole, e anche sulla loro origine. Non venendo questi sforzi supportati dall'ospedale, le due donne rapiscono il bambino e lo portano a Volterra a casa di Elena. Qui Giovanni ha la possibilità di esprimersi con i colori, la gestualità, la musica. Insomma comincia a comunicare, e così Marina riesce pian piano a decifrare il suo linguaggio e a risolvere l'enigma di quelle frasi, legate proprio agli accordi musicali. Marina ricostruisce gli antefatti della vita di Giovanni, incontra la madre Clara, e insieme tornano nella villa da dove Giovanni è partito. Dieci anni dopo, Giovanni, ormai adulto, si è trasferito in Francia ma non ha dimenticato quel lontano idioma che ha caratterizzato la sua adolescenza.
SCHEDA FILM
Regia: Fulvio Wetzl
Attori: Anna Bonaiuto - Marina, Andrej Chalimon - Giovanni, Jacques Perrin - Lanfranco, Barbara Enrichi - Elena, Gigio Alberti - Roberto, Amanda Sandrelli - Clara, Giacomo Piperno - Minucci, Anita Laurenzi, Fernando Maraghini, Rita Polverini, Massimo Sarchielli, Carlo Monni, Silvia Martini
Soggetto: Fulvio Wetzl
Sceneggiatura: Fulvio Wetzl
Fotografia: Maurizio Calvesi
Musiche: Dario Lucantoni
Montaggio: Antonio Siciliano
Scenografia: Alessandro Marazzo
Costumi: Metella Raboni
Durata: 100
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Produzione: GRAZIA VOLPI, CLAUDIO GRASSETTI, FRANCESCO TORELLI
Distribuzione: LANTIA CINEMA E AUDIOVISIVI (2000)
CRITICA
"Come sempre nei film italiani, un sovrappiù di commento musicale appesantisce l'intreccio degli eventi, e il prologo in villa col burbero Perrin che taglia i ponti col mondo (chiama «protuberanza» il pancione della moglie) non facilita il coinvolgimento: ma poi ‘Prima la musica, poi le parole’ diventa più appassionante, accendendo nello spettatore l'umanissima voglia di sapere come andrà a finire." (Michele Anselmi, 'L'Unità', 15 aprile 2000)
"'Prima la musica e poi le parole' è un film dall'originale sceneggiatura e dalla regia implosa di Fulvio Wetzl, alla sua opera terza, quasi un thriller sulla comunicazione interrotta, sull'handicap come ipocrisia della normalità, sul rapporto mediato tra mondo degli adulti e dell'infanzia. Nel ruolo del piccolo disadattato Andrej Chalimon, protagonista di 'Kolja', il film cèco che vinse un Oscar come miglior film straniero". (Fabio Bo, Il Messaggero, 21 aprile 2000).
"Una storia di amori o disamori; e insieme un'analisi seria e specifica sugli strumenti del comunicare, quindi sulle maniere degli esseri umani di rapportarsi gli uni agli altri; e insieme una lezione sul linguaggio e sulla solidarietà". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 28 aprile 2000).