Nella grande tradizione che va da "To Be Or Not To Be" a "M*A*S*H", "Perfect Day" è una commedia capace di raccontare la guerra con le armi dell'ironia e del divertimento. I protagonisti di questa movimentata avventura sono quattro operatori umanitari impegnati nei Balcani nel 1995, a guerra appena finita. La loro missione è rimuovere un cadavere da un pozzo, per evitare che contamini l'acqua della zona circostante. La squadra, guidata dal carismatico Mambrú, comprende Sophie, ingenua idealista appena arrivata dalla Francia, la bella e disinibita Katya e l'incontenibile B, volontario di lungo corso e allergico alle regole. Dopo una rocambolesca serie di eventi, i quattro capiranno che si tratta di un compito più difficile del previsto, in un paese in cui anche trovare una corda può diventare un'impresa impossibile.
SCHEDA FILM
Regia: Fernando León de Aranoa
Attori: Benicio Del Toro - Mambrú, Tim Robbins - B, Olga Kurylenko - Katya, Mélanie Thierry - Sophie, Fedja Stukan - Damir, Eldar Residovic - Nikola, Sergi López - Goyo
Soggetto: Paula Farias - romanzo
Sceneggiatura: Fernando León de Aranoa, Diego Farias - collaborazione
Fotografia: Alex Catalán
Musiche: Arnau Bataller
Montaggio: Nacho Ruíz Capillas
Scenografia: César Macarrón
Costumi: Fernando García
Effetti: Ferrán Piquer, Raúl Romanillos
Durata: 105
Colore: C
Genere: DRAMMATICO GUERRA COMMEDIA
Specifiche tecniche: SCOPE (1:2.35)
Tratto da: romanzo "Dejarse Llover" di Paula Farias
Produzione: FERNANDO LEÓN DE ARANOA, JAUME ROURES PER REPOSADO PRODUCCIONES, MEDIAPRO
Distribuzione: TEODORA FILM
Data uscita: 2015-12-10
TRAILER
NOTE
- SELEZIONATO ALLA 47. 'QUINZAINE DES RÉALISATEURS' (CANNES, 2015).
- CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2016 COME MIGLIOR FILM DELL'UNIONE EUROPEA.
CRITICA
"Raccontare la guerra in commedia è operazione a volte discutibile: il rischio è quello di perdere la misura e scivolare verso la farsa - o peggio - così da perdere ogni rispetto per il dolore e i drammi. Non è solo questione di «far ridere» ma soprattutto di «come» ottenere quello scopo, senza diventare offensivi o irrispettosi. Due confini che 'Perfect Day' dello spagnolo Fernando León de Aranoa non supera mai, guidato da un eccellente senso della misura ma anche da una inesauribile dose di ironia. (...) Spesso giocato sulle assurdità di una situazione ancora più assurda (dove però in gioco può esserci la vita, come dimostrano le pistole che anche i bambini che giocano a pallone estraggono dalle tasche), il film evita qualsiasi manicheismo, dimostrando come anche i militari delle Nazioni Unite rispondono alla stessa logica illogica, gli uni in nome del nazionalismo e dell'odio etnico gli altri in nome dei regolamenti e della burocrazia che regna sovrana (impagabile la giustificazione al disimpegno che nasce dalla differenza tra conflitto nazionale e internazionale e che permette al comandante della zona di lavarsi le mani a proposito del pozzo inquinato). Costruito con una ricchezza di mezzi adeguata al cast internazionale (in una piccola parte c'è anche Sergi Lopez) (...) León de Aranoa è particolarmente abile nel raccontare lo spirito di gruppo, le tensioni che lo attraversano, le furbizie e le ingenuità di chi cerca di fare i conti con una realtà più grande di lui (...) e soprattutto sa restituire le differenze e le specificità di ognuno dei personaggi che mette sotto l'obiettivo della macchina da presa. E che in 'Perfect Day' ci raccontano soprattutto la fatica di compiere il proprio dovere senza preoccuparsi troppo degli ostacoli ma anche ricordando che nessuno è davvero indispensabile. Come dimostra, con un ultimo sberleffo, la scena finale." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 7 dicembre 2015)
"Chi non si contenta dei film prevedibili dalla prima all'ultima scena questa volta potrà dirsi soddisfatto. In 'Perfect Day' il regista e sceneggiatore spagnolo Fernando León De Aranoa (un habitué dei Goya, gli 'Oscar' iberici) è riuscito a trovare un magico equilibrio tra dramma e umorismo, serietà e leggerezza, gravità e ironia componendo un racconto eroicomico dai toni picareschi e dai dialoghi eccellenti; con uno stile suo personale ma che, a tratti, fa venire in mente i fratelli Coen. Aranoa, che ha filmato autentiche missioni umanitarie, sa dare verità alla cronaca; però aggiunge al film un tocco di quello che definiremmo un 'umorismo realistico', amalgamando bene l'impegno col divertimento. Nel contempo, pur senza pretendere di impartire lezioni, denuncia come ogni guerra abbia i suoi profitti e profittatori e lancia frecciate al curaro contro l'incapacità ad agire dei dispositivi internazionali di difesa (i baschi blu dell'Onu sono rappresentati come autentici idioti), fatti apposta per scoraggiare le migliori intenzioni. 'Perfect Day', del resto, non risparmia neppure notazioni sulla precaria funzionalità dei suoi protagonisti, eroi molto umani nelle generosità come nelle debolezze che il film si prende il tempo di installare e di far crescere a dovere. In questo compito Aranoa è servito da un ben scelto cast internazionale (...). Un'avvertenza importante. Il dispositivo drammatico del film ruota intorno a una situazione centrale, che lo apre e lo chiude circolarmente. Guardarsi dal lasciare la sala quando sembra che la storia sia già conclusa; e non lo è ancora..." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 10 dicembre 2016)
"Ex documentarista, lo spagnolo de Aranoa («I lunedì al sole») conosce bene gli inferni balcanici e il suo primo film in lingua inglese ha il pregio di trasmettere subito un senso di autenticità. «Perfect Day» è ovviamente rivolto a denunciare l'assurdità di tutti i massacri e in particolare quello bosniaco terminato nel '95, ma la novità è che non si vedeva dai tempi del mitico «M.A.S.H.» una dissacrazione così poco impettita e così intrisa di umorismo nero. (...) i protagonisti acquistano vividezza grazie al mestiere dei trasandati e immedesimati Del Toro e Robbins (meno convincenti i comprimari). La rocambolesca serie d'incidenti che contrappuntano il road movie tra soldati, civili, caschi blu, burocrati e giornalisti rendono, così, credibile e condivisa la disincantata parabola." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 10 dicembre 2015)
"(...) 'Perfect Day' rientra in quel filone di cinema satirico-politico che rispecchia l'insensatezza della guerra in chiave comico grottesca: vedi l'altmaniano 'M.A.S.H.', impregnato della forza eversiva della controcultura Anni 60/70; vedi l'onirico 'Underground', intriso di disperato vitalismo da un Kusturica d'annata. Tuttavia, nel film di Fernando León de Aranoa (...), il tratto è meno graffiante: nessuno crede più nei sogni, quindi nessuno scalpita nel vederli infranti, insomma si naviga su una fascia di emozioni più sfumate. (...) Al primo film di lingua inglese, Fernando León de Aranoa, il regista di 'Lunedì al sole', dimostra di saper ben controllare il composito cast in cui spiccano, anche per via dei loro succosi duetti, il magnetico Del Toro e un irriverente Tim Robbins. Più sbiadite le figure femminili - la pivellina Melanie Thierry e l'analista di guerra (ed ex amante di Benicio) Olga Kurylenko - mentre risulta commovente la figura di un piccolo orfano che aspira a un pallone con cui giocare. Come si diceva all'inizio, nel teatro dell'assurdo bellico di De Aranoa vibra una sommessa nota di malinconia." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 10 dicembre 2015)
"E' un film veramente notevole, 'Perfect Day': Aranoa aveva esordito con una commedia forte e triste sulla disoccupazione, 'I lunedì al sole', e qui ci regala un film internazionale, con grandi attori, buffo e amaro come la vita. Quasi un miracolo." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 10 dicembre 2015)
"I due elementi principali del film, la zona di guerra e l'umorismo corrono paralleli. Il primo è stato ben individuato dal regista che proprio in Bosnia si è trovato in quel periodo per girare dei documentari. Ma Fernando León de Aranoa è anche assai esperto del secondo elemento, lui che prima di diventare il nuovo nome di punta del cinema spagnolo (...) ha iniziato scrivendo per umoristi come Martes y Trece, e durante la guerra ha potuto misurare il suo punto di vista con quell'humour nero che caratterizza la gente del posto, dagli artisti alla gente comune, esibito nel film con misura, ma senza dimenticare qualche colpo di scena spettacolare. (...) Le jeep su cui si muovono i cooperanti sembrano girare in tondo come su una mappa dalle strade sbarrate, on the road circolare che ritorna sempre al punto di partenza, dove sempre ci si sofferma a inquadrare l'occhio nero del pozzo come a chiedere risposta alla carneficina che si sta vivendo, sguardo penetrante su un punto oscuro della storia: già l'assurdità di tanto spreco di energia per riuscire a recuperare una semplice corda racconta in pieno gli sforzi dei cooperanti in ogni settore durante lo stato di guerra, in questo semplice caso perché il cadavere che giace nel pozzo non si può toccare, a dispetto del fatto che la gente non possa più bere l'acqua, sia per motivi di odio o di pratiche burocratiche militari. Il film racconta il braccio di ferro che si ingaggia tra il buon senso e incomprensibili regole. Da ogni semplice oggetto che appare nasce un brivido, la tensione di uno scoppio nefasto: il terreno da attraversare, il corpo di una mucca riverso sul sentiero, un pallone tenuto stretto che infine rimbalza. Serpeggia per tutto il film la violenza trattenuta, la paura esorcizzata dalla battuta. E perfino la scelta musicale, la colonna sonora punk rock veicola chiaramente l'indicazione a non commiserarsi, qualunque sia la situazione in cui ci si trova. A venti anni dalla fine di quel conflitto non è affatto superfluo essere tornati in quelle zone, sia perché la trama non è indirizzata unicamente alla guerra nell'ex Jugoslavia, ma soprattutto perché ci riporta a una situazione di conflitto permanente, anche se i venti di guerra sono tragicamente cambiati." (Silvana Silvestri, 'Il Manifesto', 10 dicembre 2015)
"Se la guerra compie ogni giorno il miracolo dell'osceno, il cinema può opporle il miracolo della scena. Stavolta la controffensiva non è affidata a un 'war movie' canonico, bensì a una commedia o, meglio, un 'dramedy' (crasi di commedia e dramma) bellico che, con le debite proporzioni, si mette in scia alle pietre miliari di questo sottogenere, da 'To Be or Not to Be' a 'M*A*S*H*' passando per 'La grande guerra' di Monicelli. (...) Tranquilli, il film non è serioso, bensì incarna l'auspicabile terza via tra il cinema d'autore duro e puro (...) e i nostrani stantii cinepanettoni: il filo rosso è l'ironia, una speciale ironia. Non è solo questione del registro scelto per il racconto, ma di humour endemico, diegetico, connaturato alla storia e ai suoi protagonisti (...) Si ride, ma non si elude né elide il 'vulnus' bellico (...). Merito degli interpreti, credibili e affiatati, interessarci e legarci alla storia; merito di Aranoa, che già aveva ben fatto ne 'I lunedì al sole', procedere per sottrazione, levando ferraglia drammaturgica e fardelli edificanti: enfasi, certezze, colpi di scena non sono pervenuti. Non è così la vita?" (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 10 dicembre 2015)
"'Perfect Day' (ogni riferimento alla canzone di Lou Reed non è affatto casuale) è tutto tranne che noioso. Road movie per struttura narrativa, evita abilmente i due inconvenienti del road: il tedio e il didascalismo. Non ti affligge premendo il pedale dell'ideologia (niente buoni né cattivi, il dopoguerra balcano è popolato solo di sbandati, e i più sbandati sono quelli andati lì per soccorrere)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 10 dicembre 2015)
"Si sorride e molto, ma gli argomenti trattati sono seri. Una strada interessante, percorribile grazie a un formidabile cast. Perfetta la colonna sonora, delicata la regia." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 10 dicembre 2015)
"(...) una divertente commedia nera, amara e corale che si intrecciata al road movie e al dramma scegliendo di ambientarla in un caotico microcosmo, una sorta di purgatorio messo in scena per raccontare con ironia e intelligenza, tenerezza e commozione l'assurdità e la crudeltà della guerra, gli sgambetti della burocrazia in cui inciampa anche chi rischia la pelle per aiutare i civili. (...) conta su una sceneggiatura dove lacrime e risate si alternano con i tempi giusti, dialoghi frizzanti e un cast internazionale (...)." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 11 dicembre 2015)
"Come un "M.A.S.H." prosciugato dall'iperbole satirica e aggiornato all'idea postmoderna della guerra con un fronte totale, a partire dalla pace." (Silvio Danese, 'Nazione - Carlino - Giorno', 11 dicembre 2015)