Roma, 1947. La guerra è finita ma nella città eterna sono ancora aperte ed evidenti le ferite del conflitto. Nel reparto di ostetricia di un ospedale, nove donne sono in attesa di partorire. In loro la fame e la sofferenza hanno lasciato il segno, ma nella camerata che le ospita si respira aria di complicità e reciproco supporto per affrontare l'esperienza della maternità...
SCHEDA FILM
Regia: Mariantonia Avati
Attori: Anita Caprioli - Nina, Ettore Bassi - Giordano, Enrica Maria Modugno - Anna Maria, Emanuela Grimalda - Margherita, Francesca Antonelli - Mariella, Magdalena Grochowska - Emilia, Chiara Sani - Giuseppina, Valeria Morosini - Anita, Alessandra Costanzo - Celestina, Monica Cervini - Piera, Lea Gramsdorff - Eva, Manuela Morabito - Madre di Nina, Alessandro Di Carlo - Bruno, Luca Biagini - Vito, Massimo Bonetti - Guido, Lillo - Eugenio, Patrizio Pelizzi - Medico
Soggetto: Tommaso Avati
Sceneggiatura: Tommaso Avati
Fotografia: Cesare Bastelli
Musiche: Stefano Arnaldi
Montaggio: Carlo Fontana
Scenografia: Biagio Fersini
Costumi: Bettina Bimbi
Durata: 94
Colore: C
Genere: DRAMMATICO SOCIALE
Produzione: ANDREA SCORZONI PER MATTEO CINEMATOGRAFICA
Distribuzione: ISTITUTO LUCE (2006)
Data uscita: 2006-09-01
CRITICA
"Mariantonia Avati è figlia del più celebre Pupi. Anni fa, per un parto prematuro, venne ricoverata al Gemelli, in corsia. A contatto con donne che non conosceva, più o meno nella sua stessa situazione, ma ovviamente con ambienti, condizioni e mentalità spesso molto distanti dai suoi. Una esperienza comunque positiva che adesso, a distanza di tempo, l'ha indotta a ricavarne lo spunto per esordire al cinema come regista (e produttrice), facendosi predisporre una sceneggiatura dal proprio fratello Tommaso. (...) I loro casi si snodano, intrecciandosi, con quelli della protagonista che fa anche da voce narrante. Senza esibire mai patetismi né forzature drammatiche, nemmeno quando al parto prematuro seguirà la nascita di un bambino che non sopravviverà. Tutto volutamente piano e disteso, invece, con gli accenti sempre diversificati su quelle donne, sui parenti venuti a far loro visita e, in qualche caso, su risvolti un po' complicati fatti emergere dal passato dell'una o dell'altra. A tratti si sfiorano dei climi claustrofobici, ma, quando si profilano, ci si rende presto conto che sono volontari: per rendere più evidenti le condizioni di quelle partorienti agganciate a momenti che solo l'evento atteso, e spesso temuto, potrà far superare. Il finale, appunto, non sarà positivo ma, psicologicamente, avrà portato la protagonista ad una consapevolezza maggiore (della vita, degli altri); con la conquista di una maturità responsabile. La regista esordiente riesce a farcene sentire la portata con modi sicuri, affidandosi a un linguaggio cinematografico che, nella sua coralità, non è mai né dispersivo né esteriore. Con le attenzioni giuste, invece, per i dettagli, le cornici, le atmosfere. Riflessi nella recitazione di tutte le donne che attraversano la storia. La più sensibile, Anita Caprioli, nei disagi di Nina." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 12 settembre 2006)