Tre sorelle vivono a Pavia: Velia, professoressa all'università, e un tempo vicina alla lotta armata; Maria, la più bella, sposata e casalinga; Sandra, studentessa in medicina e appassionata di ecologia. Le due nubili abitano nella casa paterna col fratello Roberto, aspirante violinista. Durante il diciottesimo compleanno di Sandra, si delineano importanti avvenimenti per i personaggi: Velia si innamora, ricambiata, di un uomo sposato, Massimo, uno scienziato appena tornato dall'America, e ne diventa l'amante; Roberto sposa Sabrina, una ragazza volgare ed egoista, molto lontana dal raffinato ambiente culturale al quale egli è abituato; Maria diviene scontenta per il suo matrimonio con Federico, un uomo che non ama e che lavora come comico alla televisione. La relazione fra Velia e Massimo, alla quale la donna tiene molto, dura poco: Velia scopre con dolore che egli è diventato l'amante di Maria, che nulla sapeva del legame con Velia, e che, romantica e sognatrice com'è, si è abbandonata completamente al suo sentimento, lasciando il marito, sicura che Massimo, a sua volta sposato, si sarebbe diviso dalla moglie per unirsi a lei definitivamente. Quanto a Roberto, diventato impiegato di banca per accontentare le esigenze di Sabrina, sa con certezza che lei lo tradisce col suo direttore e pensa che l'ultimo dei tre bambini sia in realtà figlio di questi. Sandra ha un amore con un giovane medico, sembra sia prossima al matrimonio ma il fidanzato muore in un incidente automobilistico. Successivamente Maria viene anch'essa abbandonata da Massimo, che decide di tornare in America con la moglie della quale sembra di nuovo innamorato. Cosicché le tre sorelle restano sole e amareggiate, anche perché Sabrina è riuscita a mandar via le cognate dalla casa paterna in modo di poterne disporre completamente.
SCHEDA FILM
Regia: Margarethe von Trotta
Attori: Fanny Ardant - Velia, Greta Scacchi - Maria, Valeria Golino - Sandra, Peter Simonischek - Massimo, Agnès Soral - Sabrina, Sergio Castellitto - Roberto, Paolo Hendel - Federico, Beniamino Placido - Savagnoni, Giovanni Grazzini, Giampiero Bianchi, Guido Alberti, Giovanni Colombo
Soggetto: Dacia Maraini, Margarethe von Trotta
Sceneggiatura: Margarethe von Trotta, Dacia Maraini
Fotografia: Giuseppe Lanci
Musiche: Franco Piersanti
Montaggio: Enzo Meniconi
Scenografia: Giantito Burchiellaro
Costumi: Nicoletta Ercole
Durata: 113
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: PANORAMICA
Produzione: ANGELO RIZZOLI JR. PER ERRE PRODUZIONI, RETEITALIA ROMA, BIOSKOP FILM MUNCHEN, CINEMAX PARIS
Distribuzione: BIM DISTRIBUZIONE - PENTAVIDEO, MEDUSA VIDEO (PEPITE)
CRITICA
"Molto complesso nella sua struttura, 'Paura e amore' è un film sincero, didascalico forse, ma mai gratuitamente intellettualistico anche se talvolta la sceneggiatura della Von Trotta e di Dacia Maraini risulta compiaciuta. In passato la regista ci ha dato opere più lucide e compatte, basta ricordare 'Anni di piombo' (1981), ma questo ultimo film è certo il suo più vulnerabile e pessimista e scoperto. La forte e segretamente umbratile Velia è splendidamente interpretata da Fanny Ardant, affiancata dalla fresca Valeria Golino, da Greta Scacchi, da Paolo Hendel, da Peter Simonischek, mentre lo humour e l'ironia cattiva di Cechov vengono recuperati dalla partecipazione amichevole di Giovanni Grazzini e da quella di Beniamino Placido, chiamati in causa come attori della drammatica commedia della vita e sottratti per brevi sequenze al mestiere di critici." (Giovanna Grassi, 'Il Corriere della Sera', 30 Aprile 1988)
"E' un film rispettabile, ma poco riuscito. Le idee, i sentimenti, gli stessi personaggi sono enunciati più che raccontati. Nonostante gli ingredienti, il racconto non lievita quasi mai. E' come se gli mancasse un sentimento centrale che faccia da traino e collante. E' come se la sua opacità dipendesse da un vizio d'origine che ritengo di individuare nella prima sceneggiatura di Dacia Maraini, questa donna di successo e senza talento che la successiva rielaborazione della Trotta (con l'aiuto di Laura Novati) e la messinscena non hanno potuto pienamente riscattare. Gli manca il senso del tempo che passa. Badate com'è sprecata la trasformazione della casa di cui a poco a poco s'impossessa la cognata pacchiana e invadente. Gli unici momenti di luce in questo film opaco - che pur si giova della suggestiva fotografia di Beppe Lanci e della discrezione romantica delle musiche di Piersanti - sono dovuti all'intensità radiosa e malinconica di Fanny Ardant e, in minor misura, alla presenza della veemente Golino. La Scacchi non risolve il mistero di Maria. Nel reparto maschile, settore in cui la Trotta si muove sempre con qualche impaccio, il Massimo di Simonischek ha poca consistenza, ma nemmeno il bravo Castellitto riesce a sfaccettare come avrebbe dovuto, la complessità ambigua del suo Roberto." (Morando Morandini, 'Il Giorno')
"In interni familiari bagnati sempre da luci plumbee (per i ricordi, mesti che evocano), in ambienti universitari nei quali l'asciutta fotografia di Giuseppe Lanci suscita solo climi gelidi e austeri, in una cornice di case, di strade, di campagne dove la Pavia storica e il suo nebbioso Ticino si propongono sempre con pittorica evidenza, ma non solo come sfondi, anche come segni e riflessi dal vivo dei personaggi che ci vivono in mezzo. A questi personaggi danno volto degli interpreti di qualità spesso, eccezionali: Fanny Ardant, nella rassegnata solitudine di Velia, con incisività accorata, Greta Scacchi, nei tormenti amorosi di Maria, levigata, elegante, finissima, Valeria Golino, tutta fiamme giovanili e ardori ben disegnati e dosati nelle speranze presto bloccate di Sandra; con una vivacità che, dopo la battuta d'arresto degli 'Occhiali d'oro', la riporta alla spontaneità e agli impeti di 'Storia d'amore'. Meno convincenti quasi tutti gli interpreti maschili, ad eccezione di Sergio Castellitto nei panni del fratello Roberto: una passività repressa e soffocata, un'incapacità di imporsi che arriva a vestire il personaggio di luci ora patetiche ora perfino sinistre. Un attore che dopo esordi modesti sta arrivando al cinema maggiore." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 23 Aprile 1988)