Jacques, fotografo di guerra di fama internazionale e padre assente, trascorre più tempo a prendersi cura della sua fotocamera che delle sue quattro figlie Primavera, Estate, Autunno e Inverno. Trasferitosi da Parigi a Praz-sur-Arly, un paesino ai piedi del Monte Bianco, vuole trascorrere un felice riposo dal lavoro in una splendida baita nelle Alpi con la sua nuova compagna Nathalie. Jacques, però, sente di essere arrivato a un momento dove, per essere realmente appagato, ha bisogno di riconciliarsi con la sua famiglia e le sue quattro figlie, avute da donne differenti. Compito arduo, perché lui ha sempre preferito il lavoro agli affetti familiari. Così, il suo migliore amico Frédéric, spinto da una profonda e irrazionale amicizia, tenterà di farlo riconciliare con la famiglia attraverso una messinscena. Un'oscura menzogna che sconvolgerà la sua vita e quella delle persone intorno a lui, in quei giorni di apparente e festosa tranquillità.
SCHEDA FILM
Regia: Claude Lelouch
Attori: Johnny Hallyday - Jacques Kaminsky, Sandrine Bonnaire - Nathalie Béranger, Eddy Mitchell - Frédéric Selman, Irène Jacob - Primavera Kaminsky, Pauline Lefèvre - Estate Kaminsky, Sarah Kazemy - Autunno Kaminsky, Jenna Thiam - Inverno Kaminsky, Valérie Kaprisky - Francia, Isabelle de Hertogh - Isabelle, Rufus - Le Ruf, Agnès Soral - Bianca Kaminsky, Silvia Kahn - Marie Selman, Antoine Duléry - Il nuovo proprietario, Jean-François Dérec - Il commissario, Jacky Ido - Jacky, Gilles Lemaire - Il fotografo di moda, Laurent Couson - Il pianista, Jérôme Cachon - Joseph Picard, Astrid Whettnall - Astrid, Marie Micla - Mamma di Estate, Stella Lelouch - Jeanne, Victor Meutelet - Antoine, Rebecca (II) - Becca, Tess Lauvergne - Lola Selman, Noa Musa-Lelouch - Noa, Julie Nicolet - Moglie del nuovo proprietario, Dominique Pellissier - Secondo cacciatore, André Bibollet - Terzo cacciatore, Marie de Vathaire - Moglie del commissario, Luc Poullain - Pilota d'elicottero, Maud Simon - Moglie del fotografo
Sceneggiatura: Claude Lelouch, Valérie Perrin - collaborazione adattamento e dialoghi
Fotografia: Robert Alazraki
Musiche: Francis Lai, Christian Gaubert
Montaggio: Stéphane Mazalaigue
Costumi: Christel Birot
Durata: 109
Colore: C
Genere: DRAMMATICO ROMANTICO COMMEDIA
Produzione: LES FILM 13, RHÔNE‐ALPES CINÉMA
Distribuzione: ALTRE STORIE
Data uscita: 2017-06-22
TRAILER
NOTE
- REALIZZATO CON LA PARTECIPAZIONE DI CANAL+, LA REGIONE RHÔNE‐ALPES, CENTRE NATIONAL DU
CINÉMA.
CRITICA
"Storia piccola, prevedibile, iper conformista nel suo anticonformismo, come gli occhi fessura di Johnny Halliday. Cinema romantico a più voci, elegante nella fluidità dei piani sequenza e dei panorami, molto Mulino Bianco nei festosi e rustici pranzi, vino rosso e Moustaki, con omaggio a 'Un dollaro d'onore'. In 'Parliamo delle mie donne' tutto rischia di essere fastidioso e prevedibile: fra le girls le migliori sono Bonnaire ed Irène Jacob." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 22 giugno 2017)
"Con 'Parliamo delle mie donne' (...), i film diretti da Claude Lelouch toccano quota quarantaquattro. Dai tempi di 'Un uomo, una donna' - e si parla di mezzo secolo fa - la formula non è cambiata: la vita, l'amore, la morte, l'amicizia e la famiglia con gran spolvero di sentenze e di luoghi comuni; qui rinforzati da immagini della natura e di animali, tra cui un onnipresente aquilotto. Se i personaggi passano a tavola metà del film, Hallyday, Bonnaire e Mitchell sono commensali che non spiace affatto ritrovare." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 22 giugno 2017)
"Basta una sequenza di «Parliamo delle mie donne» (...) per farci amare teneramente il regista che a ottant'anni suonati continua pervicacemente a rifare il cinema che abbiamo a suo tempo odiato. Giustamente, peraltro, perché la generazione di critici e cinéfili forgiata dal fatale Sessantotto, doveva giocoforza liberarsi dal sentimentalismo kitsch e la poetica da fotoromanzo elevati dall'autore di «Un uomo, una donna» a cifra inconfondibile di una lunga e fortunata carriera. Oggi, però, quando l'arte chiave del Novecento ha dilapidato quasi tutto il suo patrimonio sociale e culturale, diventa impossibile e anche sbagliato non concedere l'onore delle armi (e del prezzo del biglietto) al favoloso mondo di Claude. Un presepe smaccato e irresistibile che fa dei contenuti spiccioli una sorta di poema, dei miraggi piccolo borghesi un trattato filosofico e del senso di convivialità familiare un brand francese indifferente al cambio delle mode." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 22 giugno 2017)
"Regia del sommo Claude Lelouch (...), che affida a un impassibile - suo malgrado - Hallyday onore e onere del portato autobiografico: il quasi 80enne cineasta di figlie ne ha avute sette da quattro compagne diverse, e questo 'Parliamo delle mie donne' (in originale 'Salaud, on t'aime', ovvero 'Bastardo, ti amiamo', 2014) suona autobiografico. È anche la sua prova migliore da anni a questa parte, sebbene lo scioglimento inconsulto parrebbe da addebitare a un colpo di calore o giù di lì. Bene gli interpreti (Bonnaire incantevole), vezzosa l'atmosfera femminile, e più non dimandate." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 22 giugno 2017)
"Oltre due ore di racconto che si trascina su un paio di malintesi, la reiterata cover di Moustaki di 'Aguas de Março' di Jobim e un'aquila ammaestrata. Troppo e troppo poco." (Antonello Catacchio, 'Il Manifesto', 22 giugno 2017)
"Con grazia leziosa e zero cinismo, Lelouch non racconta una riunione di famiglia come un'altra, e nella menzogna s'annida una verità inattesa. Noi spettatori smaliziati lo capiamo in fretta, e ci trastulliamo coi paesaggi, la bellezza delle attrici e il carisma un po' antico un po' plastico di quel marpione di Hallyday: interprete di uno che le sue donne le ha amate e «le ha fatte piangere», di un duro da western che in fondo ha un cuore grande così. Non è mai troppo tardi, per dimostrarlo." (Federico Gironi, 'Il Messaggero', 22 giugno 2017)
"Piacerà se nel corso dei decenni non vi è mai venuta la reazione di rigetto nei confronti di Lelouch e del suo cinema astutamente rugiadoso. E se negli ultimi lustri v'è cresciuta l'ammirazione per Halliday, mai stato simpatico da giovane, ma rivelatosi da vecchio l'unico degno erede di Yves Montand." (Giorgio Carbone, 'Libero', 22 giugno 2017)
"Ci sono momenti caratteristici della commedia (i migliori), ma anche istantanee sentimentali e finale drammatico (il meno riuscito); in pratica, la cifra stilistica dell'ottantenne Lelouch. Che poi lo stesso autore si sia sposato quattro volte come il suo protagonista, con sette figli nati da cinque differenti compagne, fa sembrare il tutto molto autobiografico. I primi novanta, fluidi, minuti ti incollano allo schermo. Peccato per un epilogo deludente. In ogni caso, un bel vedere." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 22 giugno 2017)
"(...) nella cornice di una baita immersa in una magnifica natura alpina, Lelouch dimostra la mano felice di sempre nell'intessere - fra chiacchiere, rimpianti, musica, tavolate - scene di soffusa intimità familiare e amicale; purtroppo però anche qui, come spesso gli succede, a un certo punto ingarbuglia il copione, appesantisce il gioco e lo rovina." (S.N., 'La Stampa', 22 giugno 2017)
"Che aria d'altri tempi in maldestra sceneggiatura domestica con finale a colpo di scena." ('Nazione-Carlino-Giorno', 22 giugno 2017)