Oggetti smarriti

ITALIA 1979
Marta, avendo ricevuto notizia della suocera che la figlia Daniela sta facendo disperare la nonna a Roma, sta per partire per Fiumicino quando, avendo notato un collasso del marito Davide Casetti che l'ha accompagnata all'aeroporto, rinuncia al volo e, ancora pilotata dall'imbelle marito, si reca alla stazione centrale di Milano. Qui sale su di un treno nel quale ha già preso posto l'irruente suo amante Carlo e dove, inopinatamente, fa la sua apparizione Werner, un giovanotto di Zurigo nel quale lei finisce per riconoscere il fanciullo con il quale ha vissuto molti momenti dell'infanzia. Trascinata dai ricordi e dal fascino di Werner, Maria perde un treno dopo l'altro e, giocando per i meandri dello scalo ferroviario, conosce Sara, una ragazza drogata e Gina, grottesca custode del diurno, a sua volta innamorata di Werner. Ma Werner, disperato e pago di avere risvegliato i sopiti ricordi di Marta, si butta sotto un treno. Marta perde la ragione e la memoria, ma non riesce a imitare lo svizzero. Quando, accolti da Davide, giungono alla stazione la suocera e Daniela, è la piccola a notare la mamma è a condurla nella casa ove, forse, poco alla volta riprenderà contatto con la realtà."
SCHEDA FILM

Regia: Giuseppe Bertolucci

Attori: Mariangela Melato - Marta Casetti, Bruno Ganz - Werner, Renato Salvatori - Davide Casetti, Maria Luisa Santella - Gina, Laura Morante - Sara, la drogata, Aisha Cerami - Marta da bambina, Michael Barnes - Werner da bambino, Francesca Rinaldi - Daniela, Michel Pergolani - Carlo, Dina Sassoli - La suocera, Giorgia O'Brien, Giovanni Attanasio, Rosa Anna Benvenuto

Soggetto: Giuseppe Bertolucci, Mimmo Rafele, Lidia Ravera, Enzo Ungari

Sceneggiatura: Lidia Ravera, Giuseppe Bertolucci, Mimmo Rafele, Enzo Ungari

Fotografia: Renato Tafuri

Musiche: Enrico Rava

Montaggio: Gabriella Cristiani

Scenografia: Paolo Biagetti

Costumi: Lina Nerli Taviani

Altri titoli:

An Italian Woman

Une femme italienne

Lost and Found

Durata: 95

Colore: C

Genere: SURREALE DRAMMATICO

Specifiche tecniche: 35 MM, PANORAMICO, TECHNICOLOR

Produzione: GIOVANNI BERTOLUCCI PER FICTION CINEMATOGRAFICA

Distribuzione: 20THE CENTURY FOX - BALMAS

CRITICA
"E' difficile dire se la protagonista di questo film, dopo avere così a lungo vagato per i meandri della stazione di Milano accanto a figure tipiche dell'emarginazione, abbia preso coscienza di se stessa o di quello che sono le realtà della vita e della società. E' difficile definire se il regista (fratello del più famoso Bernardo Bertolucci) e i suoi tre collaboratori alla sceneggiatura abbiano avuto delle idee ben precise da incarnare in una storiella pressoché grottesca o non abbiano, piuttosto, frugato in un materiale vario ed eterogeneo alla ricerca di idee. La stazione di Milano del Bertolucci è piena di fumi impenetrabili, come quando, appena costruita, era invasa non da elettromotrici ma da sbuffanti vaporiere. I personaggi di contorno (Sara, Gina, Carlo e i tanti relitti di una stazione di metropoli) sono, in un film dove La Melato-Marta è onnipresente, degli 'alieni': non dicono nulla di lei, e non le comunicano niente di niente; al massimo rappresentano un tributo alle sterili intenzioni dell'autore di celebrare un ennesimo processo alla società borghese che vegeta accanto a sporchi androni popolati di fantasmi. Il personaggio di Werner e di una gratuità che, se non fosse per i risvolti realistici e tragici dell'opera, si dovrebbe definire 'da fumetto populista': che sia stato il compagno di infantili 'giochi proibiti' di Marta sa di psicanalisi d'accatto poiché non basta a spiegare la crisi della donna-moglie-amante-madre che così tardivamente si scopre borghesemente 'vigliacca'; inoltre, sono del tutto strampalate tutte le altre sue connotazioni come il provenire da Zurigo per suicidarsi a Milano, l'essere l'idolo della corpulenta Gina o il fornitore di droga della eterea Sara. La mancanza di idee precise fa sì che la pellicola assuma solo delle generiche e negative espressioni di disperazione esistenziale e di rifiuto di ogni valore, espressioni che le numerose trivialità dei dialoghi e licenziosità delle immagini appesantiscono ulteriormente. ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 89, 1980)