Inghilterra. Kathy, Tommy e Ruth sono cresciuti insieme nel collegio di Hailsham. Divenuti maggiorenni, i tre ragazzi sono costretti a lasciare l'idilliaco ambiente che finora li ha tenuti uniti e protetti dal resto del mondo. Consapevoli di quale sia la loro missione nella vita, una volta fuori, ognuno di loro si troverà costretto a fare i conti con il proprio destino e allo stesso tempo con la reale forza di sentimenti come amicizia, dolore, amore e gelosia...
SCHEDA FILM
Regia: Mark Romanek
Attori: Carey Mulligan - Kathy, Andrew Garfield - Tommy, Keira Knightley - Ruth, Isobel Meikle-Small - Kathy da piccola, Ella Purnell - Ruth da piccola, Charlie Rowe - Tommy da piccolo, Charlotte Rampling - Sig.na Emily, Sally Hawkins - Sig.na Lucy, Kate Bowes Renna - Sig.na Geraldine, Nathalie Richard - Madame, Andrea Riseborough - Chrissie, Domhnall Gleeson - Rodney, Hannah Sharp - Amanda, Christina Carrafiell - Laurs, Oliver Parsons - Arthur, Luke Bryant - David
Soggetto: Kazuo Ishiguro - romanzo
Sceneggiatura: Alex Garland
Fotografia: Adam Kimmel
Musiche: Rachel Portman
Montaggio: Barney Pilling
Scenografia: Mark Digby
Arredamento: Michelle Day
Costumi: Rachael Fleming, Steven Noble
Altri titoli:
Never Let Me Go - Non lasciarmi
Durata: 103
Colore: C
Genere: THRILLER DRAMMATICO FANTASCIENZA
Tratto da: romanzo "Non lasciarmi" di Kazuo Ishiguro (ed. Einaudi)
Produzione: ALEX GARLAND, ANDREW MACDONALD, ALLON REICH, RICHARD HEWITT PER DNA FILMS, FILM4, FOX SEARCHLIGHT PICTURES
Distribuzione: 20TH CENTURY FOX ITALIA (2011)
Data uscita: 2011-03-25
TRAILER
NOTE
- MARK ROMANEK FIGURA ANCHE TRA I PRODUTTORI ESECUTIVI.
CRITICA
"Ishiguro scriveva chiaro: costruiamo finzioni private per mascherare la nostra disumanizzazione. Mark Romanek e lo sceneggiatore Alex Garland riscrivono: poco alla lettera, senza errori di ortografia e con una 'spiega' finale. Per un adattamento basta e avanza: 'Non lasciarmi' si traveste di fantascienza distopica, si trucca di horror e ingegneria genetica, ma si direbbe 'Cime tempestose', tanto trattiene le emozioni e imbriglia i sentimenti. (...) Tra echi kafkiani e un occhiolino a 'Gattaca', il triangolo cresciutello avrà il volto di Carey Mulligan, Andrew Garfield e Keira Kinghtley, e ne vedremo delle tristi. Ma asciugatevi le lacrime, perché c'è un quarto lato: filosofico." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 24 marzo 2011)
"Fedele al romanzo, asciugato tuttavia di molte conversazioni e divagazioni, il film restituisce l'inquietante fascino di un ambiente rarefatto intriso di inquietanti misteri. Ma, soprattutto, domina il dolore straziante delle giovani vittime sacrificali che, una volta scoperta la verità, sono combattute tra la rassegnata accettazione del proprio triste destino e il desiderio di sottrarsi, in nome dell'amore che comincia a sbocciare tra loro, a quella spaventosa vivisezione. (...) Insieme ai protagonisti, il pubblico, investito da una malinconia crescente, scopre a poco a poco l'inferno nel quale piomberanno quei ragazzi, seguendoli persino nei corridoi degli ospedali dove si trascinano pallidi e doloranti, con le prime cicatrici a segnare i loro corpi da macello. Glaciale nel tracciare il ritratto de giovani cloni, il regista firma un melodramma anomalo e asciutto, lasciando allo spettatore tutto il tempo per immergersi con commozione nell'orrore di un mondo che appare meno lontano di quello che sembra. E nel finale la riflessione filosofica (mai spirituale però) sul destino dell'uomo e il senso della vita si estende a una dimensione più ampia e universale: di fronte alla certezza della morte non sono forse uguali tutti gli esseri umani che, giunti alla fine del proprio percorso terreno, sono assaliti dall'angoscia di non aver avuto abbastanza tempo?" (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 25 marzo 2011)
"Specialista in video clip e incubi contemporanei, Mark Romanek torna 8 anni dopo 'One Hour Photo' a far la voce grossa raccontandoci una classica storia di fantascienza old style, dove un potere assoluto e onnipotente ci ha già modificato l'essenza e l'esistenza ma ancora qualche illuso tenta di reagire. Fanta genetica alla giapponese da post fine del mondo: non a caso l'autore del romanzo è l'anglo nipponico Kazuo Ishiguro. (...) Il film è combattuto tra la voglia di essere molto contemporaneo e una spinta al romanticismo retrò, tra scienza e méeo, tra l'urlo finale terribile al nulla del ragazzo e le moine da college movie delle sue fidanzatine. E vengono in mente 'Il villaggio dei dannati' e 'Farenheit 451', 'La fabbrica delle mogli' e 'La decima vittima', tutti gli exploit delle fanta macchinazioni ai danni dell'uomo così com'è senza neppur sapere a chi deve la mutazione morale e l'assente dimensione del Tempo. E se il libro consigliava di venir letto come una love story, il film fa Io stesso forse involontariamente, distribuendo melanconia in un'atmosfera rarefatta e disperata che congloba molte disillusioni di oggi, accanto a problemi reali come il traffico di organi. Tre attori in carriera danno il meglio espressivo per farci entrare, da un pertugio angusto e triste, nei loro problemi esistenziali: sono il bravissimo Andrew Garfield ('Social Network' e prossimo 'Spider-man'), Carey Mulligan e Keira Knightley, che si palleggiano cose antiche come la gelosia mentre sono guardati con sussiego da Charlotte Rampling, nei cui occhi si sublimano le delusioni di una generazione." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 25 marzo 2011)
"Nel romanzo di Ishiguro, da cui è tratta questa tragedia del corpo come fine e della morte come mezzo, nel tema della donazione e del trapianto d'organi (al cinema, 'The Island', 'Il sesto giorno'), una scrittura volenterosa, ma inadeguata, si muove per cercare soprattutto un sentimento individuale del tempo, nel dolore di crescere privi della coscienza di una vera identità, con un destino nell'amore. (...) Con un cast dotato e coinvolto, perché si sente una certa fiducia nella denuncia del rischio di impersonalità e regresso etico della scienza, il film fa meglio del libro. Recitazione e spazialità sono guidate, e qualche volta riescono a toccare l'intimità di un'immaginazione in fondo fantascientifica. Per ora." (Silvio Danese, 'Giorno, Carlino, Nazione', 25 marzo 2011)
"Piacerà al pubblico under 18 dei vari 'Twilight'. Anche qui un amore impossibile (a durare a lungo perlomeno), una love story con innamorati magri, diafani da 'copertina'. Ma il discorso che avvia il film è roba seria, prefigura un futuro che forse non è tanto 'fanta'. Un avvenire in cui a sopperire ai bisogni dell'uomo non basteranno più gli animali o i prodotti della Terra. Per sopravvivere saremo costretti a fabbricare altri umani con cui nutrirci. Insomma un futuro vagamente cannibalesco che è prefigurato con inquietante suggestione nel bel libro del giapponese Kazuo Ishiguro che ha fornito lo spunto. II regista Mark Romanek non è un genio. Ma con Kazuro, che ha messo sullo schermo con encomiabile fedeltà, Mark ha avuto modo di imbastire un discorso di vero spessore da far correre parallelamente al melodramma strappalacrime." (Giorgio Carbone, 'Libero', 25 marzo 2011)
"I bambini sono bellissimi, il coro impeccabile, la preside Charlotte Rampling, dritta e severa nel suo tailleur di tweed, emana autorità e insieme fiducia. E allora perché ci assale una tristezza che non ci lascia fino alla fine? Lo capiamo qualche scena dopo, quando una maestra coraggiosa spiega agli increduli allievi di Hailsham che cosa faranno da grandi. (...) Mark Romanek, adattando il romanzo di Kazuo Ishiguro 'Non lasciarmi' (Einaudi, attenta traduzione di Paola Novarese), dedica il minimo all'universo da incubo di Hailsham, un incubo ordinato e confortevole come può esserlo un college inglese, per concentrarsi invece su tre suoi allievi, Kathy, Ruth e Tommy. Che da adulti avranno il volto pulito di Carey Mulligan, Keira Knightley e Andrew Garfield. (...) Impossibile non pensare a 'Blade Runner', dove invece i 'replicanti' si ribellavano eccome. Ma è un riflesso condizionato. 'Non lasciarmi' infatti non è un romanzo o un film di fantascienza. E un'allegoria esasperata e impietosa fino all'insostenibile del nostro presente. Un presente in cui intere zone del mondo vengono usate come riserva non dichiarata di braccia e anche di organi, sissignori (...). Cupo, cauto, 'ben fatto', a tratti sottilmente ricattatorio (l'intervento chirurgico), il film illustra il libro senza ritrovarne la grandezza. Ma è fisicamente impossibile restare indifferenti." ('Il Messaggero', 25 marzo 2011)
"Ecco un film di cui è difficile parlare senza rovinarne le sorprese narrative che, sullo schermo e nel bel romanzo di Kazuo Ishiguro cui si ispira (Einaudi, 2005), si disvelano poco a poco. La verità è che 'Non lasciarmi' provoca una strana sensazione di smarrimento temporale perché è ambientato in un mondo parallelo, seppur simile a quello reale, dove si ipotizza che malattie come il cancro e la sclerosi siano state vinte tramite i cloni, esseri creati appositamente per donare organi. Ma - è questo uno dei motivi centrali del libro - i cloni possono avere un'anima? La risposta la fornisce l'umanissimo trio dei protagonisti. (...) Al di là delle varie tematiche che propone (sul rapporto etica-scienza, per esempio), 'Non lasciarmi' è una stoica meditazione sull'inevitabilità della fine, una riflessione su ciò che conta; e soprattutto la storia di tre giovinezze spezzate. Nell'adattare la pagina, Mark Romanek talentuoso autore di videoclip (...), ha scelto di affidarsi alla pura linea narrativa senza sottolineare troppo la metafora, e immergendo la vicenda in un'atmosfera di dolce e inesorabile malinconia. Stupendi fotografia, musica e costumi, mentre Keira Knightley, Andrew Garfield e soprattutto Carey Mulligan imprimono ai personaggi una struggente nota di verità." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 25 marzo 2011)
"Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro, scrittore giapponese naturalizzato britannico, è un romanzo del 2005 che ispirandosi a un motivo di carattere fantascientifico, il classico espediente della realtà alternativa (...), arriva a formalizzare una scrittura intimista, quasi una storia d'amore e d'amicizia sotto l'ombrello cupo di una realtà distopica, di una utopia alla fine negativa. (...) Il film che ne è stato tratto, con Keira Knightley e Carey Mulligan, risente di questa impostazione, adattando un futuro umano alienato dalla morte dentro un dramma altrettanto umano di chi la morte l'ha impressa e segnata come data di scadenza fin dalla nascita. (...) Tutto il film è pervaso da una sola domanda: perché costoro non si ribellano, perché non fuggono al loro destino? A questa domanda non c'è risposta, e qui risiede la forza misteriosa di questa storia: l'accettazione del sé e del presente, qualunque questo sia, l'incapacità di immaginare un altro futuro, l'impossibilità di ribellarsi. Questa lettura politica è seconda a quella filosofica (che risponde alle domande di cui sopra), ma non meno potente, oggi e ora. E il fatto che i tre protagonisti siano tre giovani, fino ai loro vent'anni, rende questa domanda ancora più cogente." (Dario Zonta, 'L'Unità', 25 marzo 2011)
"Sarebbe bello vivere in un mondo in cui non ci sono più malattie incurabili, dove l'aspettativa di vita eguaglia il secolo. Del resto, non è questa l'aspirazione di una società che tende ad allontanare il più possibile la morte dall'orizzonte umano? È quanto accade in 'Non lasciarmi', commovente dramma diretto con sensibilità da Mark Romanek, che ha portato al cinema l'omonimo romanzo dello scrittore britannico di origine giapponese Kazuo Ishiguro dedicato alle conseguenze estreme di una scienza che abdica all'etica in nome di un progresso discutibile e appannaggio di pochi. (...) È (...) l'amore il fulcro di questa straordinaria storia di verità nascoste, o solo accennate, attorno al quale ruotano i temi della perdita, del dolore, della dignità, del dovere e del riscatto tanto cari alla riflessione di Ishiguro. In 'Non lasciarmi' le sue domande, che nel film vengono riproposte senza mediazioni, sono essenziali: cosa ci rende umani? Abbiamo il controllo del nostro destino? Viviamo per noi stessi o per gli altri? Nelle risposte, peraltro non scontate, sta l'originalità del soggetto, che si differenzia da altri film e racconti che hanno affrontato il tema di individui clonati al fine di produrre organi da trapiantare, come 'The Island' (2005) di Michael Bay, e il romanzo di Michael M. Smith 'Ricambi' (1997), thriller adrenalinici in cui le vittime riescono ad affrancarsi da un infausto destino. Qui, invece, i protagonisti non fuggono né provano a farlo. Sono stati educati a vivere con un forte senso del dovere e a essere orgogliosi di ciò a cui sono destinati, per quanto terribile possa essere. Del resto non saprebbero dove andare in un mondo per loro estraneo. La stessa accettazione del loro scopo, straziante e disperata, è parte dell'intimo percorso di maturazione. E dal senso di impotente rassegnazione a un destino ineluttabile - che si coglie nei tre ragazzi - si sprigiona la struggente empatia che accompagna fino alla fine lo spettatore, catturato da una storia che rende reale un'ipotetica ma non impossibile, agghiacciante deriva. Un risultato paradossale se si riflette sul distacco che la regia s'impone di mantenere dalla sofferenza dei protagonisti, abbandonati a se stessi, senza vie d'uscita. Romanek, regista di 'One Hour Photo', grazie anche a una sceneggiatura minimalista e scarna, non si attarda in accademiche discussioni sui confini morali della scienza, evitando la trappola del manifesto ideologico. Ma rifugge persino il minimo accenno a una dimensione spirituale che pure avrebbe offerto spunti psicologicamente interessanti. Se ciò che avviene sia giusto o sbagliato è arguibile dalla prospettiva scelta per il racconto. Anche se, come spesso accade nelle trasposizioni sul grande schermo, nel film si perdono sottolineature importanti presenti nel romanzo, come i tentativi (solo accennati) di alcuni insegnanti di instillare in quei ragazzi il dubbio che vi sia qualcosa di moralmente inaccettabile nelle loro vite, che anch'essi posseggono un'anima e che ciò ha un significato che trascende lo scopo per cui sono stati creati. Nonostante alcune domande restino apparentemente senza risposta, proprio in questo detto e non detto, giocato sulle emozioni più che sul racconto, sta la forza di 'Non lasciarmi', film emotivamente potente, capace di offrire una visione poetica della realtà inquietante e malinconica descritta. Un film di fantascienza che non ha bisogno di effetti speciali per essere tale, per rappresentare un mondo che non è il nostro, eppure così familiare. Un mondo la cui sola consolazione sta nelle cose che contano veramente, nell'amarsi senza sprecare un solo istante." (Gaetano Vallini, 'L'Osservatore Romano', 4/5 aprile 2011)