Neve

2/5
Operazione noir per Stefano Incerti: a tratti suggestiva, ma narrativamente debole

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ITALIA 2013
Sullo sfondo di una provincia italiana imbiancata dalla neve i destini di Donato e Norah si incrociano. Lui viaggia a bordo della sua station wagon verde e sta cercando qualcosa, forse dei soldi; lei è stata scaricata dal suo protettore, Gaetano, e prima che l'uomo torni a cercarla vorrebbe fuggire da quella malavita che controlla la sua esistenza. Mentre ognuno dei due cerca di realizzare il proprio intento, il tempo trascorso insieme farà vivere a Norah e Donato un rapporto via via sempre più intenso e complice, che però sarà inevitabilmente messo alla prova nella resa dei conti finale...
SCHEDA FILM

Regia: Stefano Incerti

Attori: Roberto De Francesco - Donato, Esther Elisha - Norah, Massimiliano Gallo - Gaetano, Antonella Attili - Parrucchiera, Angela Pagano - Signora Santini

Soggetto: Patrick Fogli, Stefano Incerti

Sceneggiatura: Patrick Fogli, Stefano Incerti

Fotografia: Pasquale Mari, Daria D'Antonio

Musiche: Francesco Galano

Montaggio: Dario Incerti

Scenografia: Renato Lori

Costumi: Ortensia De Francesco

Suono: Emanuele Cecere - presa diretta, Francesco Sabez - presa diretta

Durata: 90

Colore: C

Genere: THRILLER

Specifiche tecniche: DIGITAL CINEMA (2K) 24FPS, DCP

Produzione: DARIO FORMISANO E STEFANO INCERTI PER ESKIMO

Distribuzione: MICROCINEMA (2014)

Data uscita: 2014-12-11

TRAILER
NOTE
- SVILUPPATO CON IL SUPPORTO DEL PROGRAMMA MEDIA DELL'UNIONE EUROPEA.
CRITICA
"Il personaggio principale, si capisce subito, è il paesaggio: esterni e interni di un Abruzzo innevato e per lo più silente, in cui gli incontri umani e i dialoghi sembrano soffocati, senza eco, inghiottiti dalla luce cupa e fredda. «Neve», il settimo lungometraggio di Stefano Incerti, regista consapevole come pochi altri (tanto è vero che insegna Cinematografia presso l'Accademia napoletana di Belle Arti), è un noir che alle suggestioni degli infiniti precedenti riesce ad aggiungere il gusto personale di un cinema destrutturato, soffuso, minimalista, affidato a personaggi sofferenti e marginali, in fuga da qualcosa o a caccia di qualcuno, attento ad armonizzare le specifiche qualità di fotografia e musica con la direzione e quindi la resa degli attori. Dall'esile sceneggiatura scritta insieme allo specialista Patrick Fogli riesce, così, a modellare un film che raffredda (è proprio il caso di dirlo) la ragione e il sentimento per fare accrescere la tensione sino a un punto di rottura insostenibile: rischiando nella prima parte lo stand-by estenuante e una certa pretenziosità estetizzante, «Neve» acquista a poco a poco sicurezza e spietatezza, sembra credere sempre di più ai tormenti dei due protagonisti e sottopone la loro desolazione comunicativa e il loro mistero esistenziale alla non indolore verifica di un nitido disegno narrativo. (...) «Neve» non riesce a conferire un'originalità assoluta all'avvicinamento dei drammi paralleli, eppure l'atteggiamento, per così dire, dell'occhio/cinepresa è oltremodo interessante e intenso per come procede dalla sottrazione all'accelerazione e infine al crescendo. Lasciamo stare il contrasto, che pure c'è (ma piace soprattutto ai critici), tra la trama a tinte scure e il candore accecante dell'ambiente ispirato avari cult come «Fargo» o «Soldi sporchi» perché Incerti lavora molto bene sui dettagli, a cominciare dal suono in presa diretta che accompagna, scandisce e valorizza le sequenze più ancora dei dialoghi e delle musiche. E lasciamo stare una pistola nascosta nel cruscotto, un sms scorto per caso, un ritaglio di giornale riguardante una rapina e il suo bottino perché lo stesso non cerca solo la retorica del genere, ma ha un suo modo elegante e allusivo di braccare volti, spiare gesti, raccogliere indizi restando sempre in bilico tra un «dentro» e un «fuori», siano essi degli uomini, delle loro identità, delle loro coscienze, del loro passato o del loro destino." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 11 dicembre 2014)

"L'immobilità del paesaggio e il pericolo incombente che si respira intorno ai due formano l'ossatura di un racconto che evoca lo stile del genere 'noir' con i suoi elementi tipici come il momentaneo incontro tra esseri umani il cui destino fallimentare è segnato. Ma in un film quasi del tutto privo di azione e di intreccio, quasi interamente affidato (e non senza efficacia, malgrado la sproporzione finale tra promesse ed esito ) alla suggestione dell'atmosfera. Stefano Incerti (...) è forse tra quelli della ultrapromettente nouvelle vague napoletana degli anni Ottanta-Novanta il più eclettico e ribelle a una riconoscibile classificazione." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 11 dicembre 2014)

"È un film dalle alte ambizioni quello che Stefano Incerti ha costruito sullo scivoloso manto di una neve perenne, reale protagonista della narrazione. I suoi personaggi ne sfidano raminghi l'impenetrabilità. II soggetto esistenzialista con sfumature da psicothriller potrebbe funzionare, peccato la scrittura e la realizzazione non tengano il passo, sfociando in un'opera fragile, a tratti anche fastidiosa. Apprezzabile De Francesco." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 11 dicembre 2014)

"Dopo averci regalato nel sottovalutato 'Gorbaciòf' un Toni Servillo muto, Buster Keaton al neon in una Napoli che sembrava Hong Kong, torna lo spiazzante e mai banale Stefano Incerti, enfant prodige del 'rinascimento napoletano ai tempi de 'Il verificatore' (1995) ora alle prese con un noir bianco, soffice e duro insieme (...). Ci volevano più violenza e sangue per creare quel mix di bianco e rosso che funzionò così bene ai tempi di 'Fargo' dei Coen. Comunque un buon film. E notevole De Francesco." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 11 dicembre 2014)

"Spiacerà a chi da anni si aspetta da Stefano Incerti («Gorbaciòf», «L'uomo di vetro») un film veramente convincente e ancora non ha avuto soddisfazione. Incerti fa degli ottimi «primi tempi» ma arriva ai rush finali camminando sulle ginocchia. Non accade solo a lui, ma Incerti ha il torto di navigare sempre nell'ambito del cinema 'di genere' (qui è il thriller) e il suo peccato diventa mortale." (Giorgio Carbone, 'Libero', 11 dicembre 2014)

"Modesto giallo, con le incongruenze che sovrastano la tensione, nonostante il daffare del misurato Roberto De Francesco. (...) Il finale aperto aumenterà la rabbia di chi si aspettava un po' di più." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 11 dicembre 2014)