La fragorosa sequenza di un canto penitenziale e le immagini d'ambiente collocano la vicenda in un collegio di lusso, anno scolastico 1958-1959. Vi è rinchiuso Angelo Transeunti per aver restituito a suo padre calci e schiaffi e pesantissimi insulti. Il personaggio resta coerente in ogni circostanza: teorizzatore del superuomo, hitleriano in sedicesimo, strumentalizza i compagni, fa espellere il vile prefetto Diotaiuti, induce un compagno a uccidere la madre isterica e seccatrice; mentre un altro si suicida, mette a soqquadro il collegio; mascherato da cane si aggira per i locali portando a spalla il cadavere di un sacerdote, il professor Matematicus; esprime il suo disprezzo per gli inservienti, un'accozzaglia di rottami della società che subiscono in collegio l'estremo sfruttamento gabellato per carità cristiana e redenzione. D'accordo con le sue teorie circa il potere che ha bisogno della paura, riesce a realizzare uno spettacolo grottesco e blasfemo che disgusta gli insegnanti, terrorizza il gruppo dei piccoli collegiali e diverte gli altri. Sembra, e crede di essere, il dominatore, ma gli tengono testa il vicerettore, padre Corazza, sufficientemente illuminato da capire la fatiscenza dei vecchi metodi, e troppo debole per instaurarne di nuovi; Salvatore, il capo degli inservienti, che punta su rivendicazioni più modeste e concrete; in qualche modo anche il gruppo dei collegiali, nevrotici, ipocriti, viziosi, velleitari, già rassegnati a non contar mai nulla. Immagini e voci dei funerali di Pio XII si inseriscono più volte quale annotazione storica, e, si pretende, emblematica di un'epoca non seppellita, oscurantista e repressiva.
SCHEDA FILM
Regia: Marco Bellocchio
Attori: Yves Beneyton - Angelo Transeunti, Renato Scarpa - Padre Corazza, vice rettore, Laura Betti - Madre di Franco, Lou Castel - Salvatore, Aldo Sassi - Franco, Piero Vida - Bestias, Marco Romizi - Camma, Gérard Boucaron - Bocciofili, Edoardo Torricella - Padre Matematicus, Livio Galassi - Marsilio, Christian Aligny - Rettore, Rossano Jalenti - Beato, Ghigo Alberani - Diotaiuti, Tino Maestroni - Tino, Gisella Burinato - Lisetta, Luisa Di Gaetano - Statua della Vergine, Claudio Besestri - Muscolo, Orazio Stracuzzi - Remondini, Gianni Schicchi - Ghiaccio, Marino Cenna, Guerrino Crivello, Simone Carella
Soggetto: Marco Bellocchio
Sceneggiatura: Marco Bellocchio
Fotografia: Franco Di Giacomo, Giuseppe Lanci - operatore, Gianfranco Transunto - assistente
Musiche: Nicola Piovani
Montaggio: Franco Arcalli, Francesca Calvelli - versione 2011, Alfredo Alvigini - versione 2011
Scenografia: Amedeo Fago
Arredamento: Giorgio Bertolini
Costumi: Enrico Job
Altri titoli:
En el nombre del padre
Au nom du père
Im Namen des Vaters
Durata: 105
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: PANORAMICA, 35 MM - EASTMANCOLOR
Produzione: FRANCO CRISTALDI PER VIDES CINEMATOGRAFICA
Distribuzione: INC (1971); CINECITTÀ LUCE (2011) - DELTAVIDEO, VIDEO CLUB LUCE, GRUPPO EDITORIALE BRAMANTE - DVD: ISTITUTO LUCE (2008)
Data uscita: 1972-09-07
NOTE
- SUONO: FERNANDO PESCETELLI.
- LA REVISIONE MINISTERIALE DEL 5 APRILE 2011 HA ELIMINATO IL DIVIETO AI MINORI DI 18 ANNI.
- NEL 2011, IN OCCASIONE DELLA CONSEGNA DEL LEONE D'ORO ALLA CARRIERA, MARCO BELLOCCHIO HA PRESENTATO UNA NUOVA VERSIONE DEL FILM CON LA SEGUENTE MOTIVAZIONE: "NON SI TRATTA DI UN RESTAURO MA DI UNA NUOVA OPERA INEDITA E 'ATTUALE': UN SINGOLARE DIRECTOR'S CUT CHE, PER LA PRIMA VOLTA, INVECE DI DURARE PIÙ A LUNGO RISPETTO ALL'ORIGINALE, RISULTA PIÙ CORTO: 90 MINUTI PER QUESTA NUOVA VERSIONE CONTRO I 105 DEL FILM USCITO IN SALA NEL 1971."
CRITICA
"E' vero che per la sua dimensione autobiografica, il film è strettamente legato ai precedenti ('I pugni in tasca' e 'La Cina è vicina'): c'è il tema dell'adolescenza e, sia pur di scorcio, quello della provincia emiliana; c'è l'aggressione contro l'educazione cattolica da Controriforma, la denuncia di un certo tipo di istituto familiare borghese, la crescita disagiata e deformata in un ambiente reazionario, e la rivolta; c'è la prospettiva rivoluzionaria d'una riscossa degli oppressi, e la critica, i dubbi sul ruolo della borghesia (se stesso?) Si potrebbe, al limite, parlare di trilogia, ma 'Nel nome del padre' che la chiude segna sugli altri due un progresso, o meglio, una maturazione che è politica ma anche espressiva." (Morando Morandini, "Tempo", 3 gennaio 1972)
"Conscio che la materia del contendere offriva precario fondamento alla sua furibonda invettiva, Bellocchio s'è illuso di sopperirvi abbandonandosi all'amplificazione, alla deformazione grottesca e terrificante, all'invenzione di un collegio assurdo e inesistente, tra quelli almeno di segno cattolico. Ha fatto di peggio, se possibile, generalizzando e radicalizzando come se tuttti i collegi cattolici fossero di quello stampo e tutti, appunto, perché cattolici. (...) Dal crudo realismo del primo film, il regista è passato ad un espresionismo allegorico-simbolico facilmente riferibile a precedenti pittorico-architettonici, teatrali e cinematografici. Rimane la rabbia di un autore che non ha raggiunto, o ha perduto, il dominio del materiale utilizzato e non nasconde un raggelante disprezzo per coloro stessi che presenta quali vittime delle situazioni denunziate." ("Segnalazioni cinematografiche", vol. 74, 1973)