Mózes è un ragazzo diffidente e insicuro cha ha studiato Teologia e vive con la famiglia, in un villaggio ungherese. Suo padre è un autoritario pastore protestante, e la relazione tra lui e il figlio è contraddistinta da disprezzo e indifferenza. Alla morte dell'uomo, il suo fantasma inizia ad apparire a Mózes. Il ragazzo è l'unico in grado di vederlo e cercherà disperatamente di capire come far trovare la pace allo spirito e, soprattutto, come regolare i loro problemi di relazione e ritrovare, finalmente, la fiducia in se stesso.
SCHEDA FILM
Regia: Virág Zomborácz
Attori: Márton Kristóf - Mózes, László Gálffi - Padre di Mózes, Eszter Csákányi - Zia Janka, Andrea Petrik - Angéla, Krisztina Kinczli - Teréz, Lili Rozina Hang - Ramóna, József Gyabronka - Decano, Zsolt Anger - Meccanico, Szabolcs Thuróczy, Zsolt Kovács, Gergely Kocsis
Sceneggiatura: Virág Zomborácz
Fotografia: Gergely Pohárnok
Musiche: Ádám Balázs
Montaggio: Károly Szalai
Scenografia: Lilla Takács
Costumi: Nóra Zelenka
Altri titoli:
Afterlife
Durata: 95
Colore: C
Genere: DRAMMATICO COMMEDIA
Specifiche tecniche: ARRI ALEXA
Produzione: KMH FILM
Distribuzione: LAB 80 IN COLLABORAZIONE CON BERGAMO FILM MEETING (2016)
Data uscita: 2016-02-11
TRAILER
CRITICA
"Un bizzarro film magiaro, premiato in diversi festival, che varia sui temi della morte e del lutto con una buona dose di humour nero. I due animali del titolo italiano hanno funzioni simboliche: la colomba dovrebbe prendere il volo (ma non lo fa) per portare in cielo l'anima paterna e il pesce, una carpa in boccia di plastica, alla fine segnerà la liberazione del ragazzo. La giovane regista unisce vivacità e inquadrature accuratamente composte." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 11 febbraio 2016)
"Film ungherese, titolo ermetico, attori ignoti. Come dire platee deserte. Probabile, almeno i primi giorni. Poi, con il passa parola, potrebbero quasi miracolosamente riempirsi. Perché questa commedia intrisa d'umorismo surreale è buffa e divertente. (...) Si sorride e si ride di gusto. Una chicca." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 11 febbraio 2016)