Nel giorno del suo undicesimo compleanno, Angeliki si getta dal balcone e muore con un sorriso sul volto. Mentre la Polizia e i servizi sociali cercano di scoprire il motivo di questo apparente suicidio, i genitori della ragazzina affermano con insistenza che si è trattato di un incidente. Nulla sembra tradire l'apparentemente tranquilla facciata della famiglia. Tuttavia, alcune involontarie rivelazioni del fratellino di Angeliki faranno emergere indizi nascosti o volontariamente ignorati dalla famiglia per troppi anni, rompendone l'equilibrio. Fino a quando, ancora una volta, troveranno un modo violento di restare uniti e mantenere il segreto...
SCHEDA FILM
Regia: Alexandros Avranas
Attori: Themis Panou - Padre, Reni Pittaki - Madre, Eleni Roussinou - Eleni, Sissy Toumasi - Myrto, Kalliopi Zontanou - Alkmini, Konstantinos Athanasiades - Filippos, Chloe Bolota - Angeliki, Maria Skoula - Signora dei Servizi sociali, Giorgos Gerontidakis - Poliziotto, Maria Kallimani - Insegnante, Anna Koutsaftiki - Vicina, Rafika Chawishe - Impiegata dello Stato civile, Stefanos Kosmidis - Dirigente di impresa, Christos Loulis - Uomo al bagno pubblico, Martha Bouziouri - Ginecologa, Nikos Hatzopoulos - Amico, Yota Festa - Moglie dell'amico, Minas Hatzisavvas - Amico, Kostas Antalopoulos - Signore dei Servizi sociali, Giorgos Symeonidis - Proprietario lavanderia, Vasilis Kuhkalani - Uomo in lavanderia, Vaso Iatropoulou - Preside
Sceneggiatura: Alexandros Avranas, Kostas Peroulis
Fotografia: Olympia Mytilinaiou
Musiche: Ennio Morricone
Montaggio: Nikos Helidonides
Scenografia: Eva Manidaki, Thanassis Demiris
Costumi: Despina Chimona
Effetti: Nikos Moutselos, George Marmoutas
Durata: 99
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: DCP (1:1.85)
Produzione: VASILIS CHRYSANTHOPOULOS, ALEXANDROS AVRANAS PER FALIRO HOUSE PRODUCTIONS, PLAYS2PLACE PRODUCTIONS
Distribuzione: EYEMOON PICTURES
Data uscita: 2013-10-31
TRAILER
NOTE
- LEONE D'ARGENTO PER LA MIGLIORE REGIA, COPPA VOLPI PER LA MIGLIORE INTERPRETAZIONE MASCHILE (THEMIS PANOU), PREMIO ARCA CINEMAGIOVANI MIGLIOR FILM VENEZIA 70 E PREMIO FEDEORA PER IL MIGLIOR FILM EUROPEO DELL'AREA MEDITERRANEA ALLA 70. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2013).
CRITICA
"Quante volte (...) abbiamo letto di un film che era 'inquietante', 'scioccante', destinato a 'suscitare polemiche'? Ebbene, 'Miss Violence' (a differenza di tanti altri come tali) è un film inquietante per davvero. Lo è fin dalla prima scena: in cui l'undicenne Angeliki, mentre festeggia il compleanno assieme alla famiglia, si lancia dal balcone. Lo diventa ancor più dopo, quando si avverte la calma, ai limiti dell'indifferenza, con cui i parenti ne accolgono la morte. (...) Se lo spettatore si fa domande sui reali rapporti di parentela tra i membri del clan, non è perché soffra di problemi di comprensione. Nell'unico uomo della famiglia, ragioniere disoccupato, i ruoli (biologici) di nonno e padre coincidono; quello in cui vive la sventurata famiglia è un piccolo universo a parte, a chiusura ermetica, che lascia il mondo esterno fuori dalla porta reggendosi su regole proprie: incluse la prostituzione infantile alla pedofilia con uomini in età, amici del nonno-padre e orchi quanto lui. Tutti succubi, nessuno accenna la minima ribellione all'ignobile patriarca. Emblematica la scena in cui la piccola di famiglia, Alkmini, obbedisce a un suo ordine schiaffeggiando senza fine il fratello Philippos, mentre un movimento di macchina circolare li avvolge nel comune destino. Per un film 'scioccante' e destinato a 'suscitare polemiche', tuttavia, quello di Avranas ha uno stile di messa in scena tutt'altro che enfatico o declamatorio: al contrario, usa un tono di narrazione 'apatico', fatto di lunghe inquadrature fisse e di silenzi, come se la famiglia - a dir poco - disfunzionale fosse osservata attraverso il vetro di un acquario. Un po' come in un film di Michael Haneke, ma senza lo humour (nero) del regista austriaco. Così, la tragedia greca si consuma in modo ancor più inquietante; perché tutto (incesto, violenze, delitto...) vi è come naturalizzato, diventa una serie di fatti privati da vivere dietro le mura domestiche e da cui tutti gli altri sono esclusi. E il modo in cui il regista rappresenta le situazioni lascia pochi dubbi: la sua non è la storia di una famiglia-mostro, ma una rappresentazione estrema della famiglia come istituzione, centro di potere arbitrario e di isolamento dal resto del mondo. Oltre che ad Haneke per la regia, viene da pensare che uno degli ispiratori di Avranas sia Luigi Pirandello, con quel Padre e quella Madre innominati e con la tela di relazioni familiari che porta i minori - gli elementi più deboli - alla rovina. Ci riferiamo ai 'Sei personaggi in cerca d'autore', naturalmente, che all'epoca del debutto sulle scene (il 1921) fu a sua volta in odore di opera inquietante e scandalosa. (...) 'Miss Violence' è un film che poco si presta alle letture sociologiche (la crisi economica in Grecia) o ai facili psicologismi; ma con cui, il giorno dopo averlo visto, ti trovi a rifare i conti nella memoria quasi tuo malgrado. E non è proprio questo, in fondo, l'effetto di un film 'inquietante'?" (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 31 ottobre 2013)
"(...) il film greco di Avranas denuncia come in una tragedia lo scandalo della pedofilia di famiglia e i peccati mortali di un nonno (favoloso Themis Panou) che prostituisce la nipote bambina. Violenza e silenzi, inizio choc con una 11enne che si butta dal balcone. Pur didascalico ed eccessivo, il film ha un rituale di disperazione interiore che richiama i 'Funny Games' di Haneke." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 31 ottobre 2013)
"In una famiglia greca perfetta, dove si balla allegramente sulle note di Leonard Cohen, una ragazza dal viso angelico si getta dal balcone. Suicida sul colpo. Perché? Lo scopriremo dopo una chirurgica narrazione che incide come un bisturi. Entreremo sempre più a fondo nei misteri di una famiglia dove nessuno è quello che sembra. Soprattutto un pater familias dalle parti di Barbablù (l'immenso Themis Panou, Miglior Attore al Lido) anche se il colore della peluria è rosso come le fiamme dell'inferno. Gran finale dalle più articolate interpretazioni e una regia che passa dal gelo della morte (tutta la prima parte è a camera fissa) a un movimento sempre più incessante verso una verità sconvolgente. Lo si può leggere come un dramma familiare con geniale tocchi di humour nero (la visita di assistenti sociali stupidi come l'Ispettore Clouseau de 'La pantera rosa') o come una metafora sulla perdita di valori nella Grecia della crisi. Il giovane Avranas (Miglior Regista a Venezia) è un fan del 'Salò' di Pasolini. Il suo sconcertante Ade in Terra ricorda non poco il capolavoro terminale del regista italiano." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 31 ottobre 2013)
"Famiglia: femminile, singolare. Per il greco Alexandros Avranas sono attributi da prendere alla lettera, e poi stravolgere di violenza, sopraffazione, incesto, pedofilia e altre amenità, appunto, formato famiglia. Singolare e femminile è 'Miss Violence' (...). Incipit, le apparenze possono ingannare: trombette, torta e cappellini, si festeggia il compleanno dell'undicenne Angeliki, ma qualche sintomo di un'altra verità dà già nell'occhio, anzi, nell'orecchio, perché si balla su 'Dance Me to the End of Love' di Leonard Cohen, notoriamente ispirata alla Shoah. (...) Se la suspense è ad alzo zero, la scrittura di Avranas è calibratissima, distilla segreti e bugie col contagocce, sui volti impassibili degli interpreti segna gli accenti gravi di un orrore sordo. Non ci sono strappi drammaturgici, ma un inesorabile, ineluttabile approssimarsi alla fine, che ti schianta sulle poltroncine, mentre il buio in sala accoglie fantasmi privati e silenziate turpitudini: il 'master of puppets' è un orco, comanda a bacchetta, fa dell''homo homini lupus', mischia nel sangue le generazioni, fa porgere ai figli/nipoti l'altra guancia perché altri figli/nipoti possano colpirla. Ma il peggio è prima dello schermo, prima del film, ed è cronaca, strappata da Avranas alla Germania e piazzata in Grecia (...). Dunque, oscuro presente, da tenere sottoschiave, al riparo dei vicini: del resto, la vicinanza, fuori e dentro la famiglia, non c'è, i servizi sociali sono miopi, l'appartamento una torre d'avorio, l'orco 'dialoga' a tu per tu, ogni altra comunicazione è interrotta. In agguato è la sindrome di Stoccolma, la solidarietà femminile è una terra straniera, la correità non ha genere: i genitori hanno figliato, la violenza è miss, e gravida pure lei. Avranas guarda al nostro Pasolini, Haneke e l'austriaco Ulrich Seidl, rifiuta l'allegoria, ma tiene in piedi il simbolico, rigetta l'apparentamento alla Nouvelle Vague ellenica dei Lanthimos ('Dogtooth', 'Alps') e delle Athina Rachel Tsangari ('Attenberg') e saluta il rimando al mito greco, alla tragedia qui e ora. E' un film che fa male, questo, macera il dolore e mette il sale sulle ferite, ma di fronte alle accuse di 'exploitation', sadismo e immoralità Avranas non recede di un millimetro (...). Non ci resta che soffrire, cercando nella messa in scena geometrica, nel montaggio paratattico, nella recitazione per sottrazione il precipitato di un'altra soluzione finale: il peccato non è (più) nell'occhio di chi guarda, ma di chi volge la testa dall'altra parte. Del resto, non è forse quanto l'Unione europea ha fatto con la Grecia? A ricordarcelo suona un'altra canzone: Toto Cutugno, 'L'italiano'..." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 31 ottobre 2013)
"Non è un film violento. Non è un film scabroso. Si può fare un film sul male che non sia disgustoso. Ma nessun film cinico è mai stato un buon film e in questo senso 'Miss Violence' (...) non ha rivali. Ad Alexandros Avranas piace accostarsi a Pier Paolo Pasolini e a Michael Haneke. Ora, non esistono mostri sacri, né maestri del cinema, e ognuno è libero di pensarsi come crede, ma il suo film non ha nulla a che vedere né con l'uno né con l'altro. Certo, in 'Salò', i repubblichini festeggiano il loro folle progetto scambiandosi le figlie. Ma persino in quello che è il più oscuro e pessimista dei film del poeta, non manca l'opposizione tra l'incapacità di godere dei fascisti e qualcosa che alla loro repressione sessuale resiste: l'inestinguibile potenza della sensualità proletaria, alla cui altezza il regista schiera la propria macchina da presa. Quanto ad Haneke, persino il più ambiguo dei suoi film sposa la voce di uno dei personaggi, poco importa allora che questi siano più o meno meschini. Mentre Alexandros Avranas, come un osservatore distaccato, plana sui suoi miserabili omuncoli guardandoli con disprezzo. Il suo film non è migliore di questo suo disprezzo. A qualcuno, 'Miss Violence' è sembrato una grande metafora della crisi in Grecia, del capitale finanziario. Vale a dire di quasi tutto. Vale a dire di quasi nulla. Anche in questo caso, la distanza con Pasolini è evidente. Salò non è la vaga metafora del fascismo. Ma una precisa riflessione sui tratti specifici di quella farsa tragica con cui il ventennio si è concluso. E così per Haneke, il più surreale dei suoi film non è mai la metafora di qualcos'altro ma sempre la rappresentazione specifica di un soggetto. 'Miss Violence' non è una metafora della crisi. Ma è un prodotto determinato dalla situazione attuale. Non a caso, il soggetto specifico del film è proprio la quella vaghezza che in superficie sembra sciatteria intellettuale mentre è un nucleo ideologico. II protagonista, lo abbiamo detto, è un piccolo borghese che prende il sussidio sociale. Ecco il parassita! Il ragionamento è noto: davanti ad una crisi economica che si somma ad una crisi sociale, che si somma ad una crisi politica, i problemi sembrano inestricabili. Ma se tutto il male si concentra su una figura, allora tutto va bene. Basta eliminarla e tutto torna come prima. Sogni d'oro, bellezze." (Eugenio Renzi, 'Il Manifesto', 31 ottobre 2013)
"L'opera seconda del regista Avranas riprende e amplifica la lezione del cinema della crudeltà - più l'Haneke di 'Funny Games' e 'La pianista' che Pasolini - svelando a poco a poco i segreti di un inferno familiare ateniese custoditi con mostruosa tenacia dal più ignobile dei padri padroni. Ovviamente è stata tirata in ballo la metafora della situazione socio-politica della disastrata Grecia odierna, ma l'impressione è che questo studio glaciale e distanziato di un'assoluta e incontrollata autorità c'entri poco con le «colpe» del capitalismo e molto di più, invece, con le teorie antipsichiatriche che tra gli anni '60 e i' 70 si compiacevano d'additare la famiglia come luogo privilegiato d'abuso e di violenza. Se lo stile è nitido e terso, il messaggio rischia d'essere equivoco perché scopertamente speranzoso di provocare indignazione nell'ipotetico spettatore borghese & benpensante." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 31 ottobre 2013)
"In considerazione della terribilità del tema e della sua nazionalità, si potrebbe definire 'Miss Violence' una tragedia greca che della tragedia non ha né lo spessore né la potenza; però è un parere non da tutti condiviso, perché la giuria veneziana gli ha conferito Leone d'argento e Coppa Volpi e molta critica si è schierata a favore. Il suicidio di un'undicenne nel giorno del compleanno rivela le mostruosità che si annidano sotto la facciata di una famigliola dominata da una figura di patriarca che dire abusivo è poco. Man mano che l'enigma si dipana, i toni inizialmente laconici si fanno sempre più drammatici e cupi, senza però acquistare in intensità, come si trattasse di un Haneke decolorato. Ma se la regia poco ci convince, il premio a Themis Panou che incarna con pieno controllo il terribile protagonista è ampiamente meritato." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 31 ottobre 2013)
"Non tiriamo in ballo 'M': Fritz Lang era un tale genio che riusciva a far intuire la sorte di una bambina uccisa dal serial-killer solo mostrando un palloncino impigliato tra i fili dell'alta tensione. Alexandros Avranos, il regista di 'Miss Violence', è invece un cineasta di oggi (purtroppo per lui): non sa cosa siano l'ellissi e l'allusione, e se ci deve far capire che una minorenne viene stuprata ce la mostra, in tempo reale e senza alcuna pietà. Però, fatti salvi i forti dubbi morali (almeno da parte nostra, abbiate pazienza) su alcune scene, bisogna ammettere che Avranos sa quello che vuole ed è un regista molto abile, che tra l'altro ha assimilato la lezione di un altro grande tedesco del cinema che fu, Ernst Lubitsch. Osservate con quale sapienza le scene girate nell'appartamento della famiglia protagonista sono risolte aprendo e chiudendo, a seconda della bisogna, le porte. Perché è dietro quelle porte che si svolgono gli orrori e si obnubilano le coscienze. Il film inizia con il suicidio di una bambina il giorno del suo undicesimo compleanno. Verso metà film capiremo che la piccola si è uccisa perché il nonno la violentava, come per altro faceva regolarmente - e continua a fare - con le due figlie, una adulta e una adolescente. La cosa impressionante e volutamente disturbante di 'Miss Violence' è che, fino a quel punto, P«orco» è stato descritto come un capofamiglia tenero e amorevole. Non solo: visto che siamo in Grecia, Avranos ci mette anche gli effetti della crisi, e ci mostra l'uomo lottare per il suo posto di lavoro e per assicurare una vita dignitosa alla famiglia. L'irruzione della violenza è sconvolgente, il suo crescendo è atroce e il finale, per quanto liberatorio, non va raccontato: ma fate caso a come Avranos, piazzando la macchina da presa ad altezza tavolo di cucina, riesce a rendere inquietante un set di posate... Film premiato a Venezia, la Coppa Volpi all'attore Themis Panou è meritatissima." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 31 ottobre 2013)